Elena aveva chiesto alla direttrice, di poter uscire una mezz'oretta prima, spiegando l'importanza per lei, che suo padre fosse a cena.
E così aveva fatto: si era fatta portare in centro da un taxi ed era corsa subito nella Vinoteca, che suo padre amava, prendendo delle bottiglie di vino bianco per suo padre.
poi ne aveva ripreso un'altro, raggiungendo il Vomero: il suo quartiere.
- grazie - ringrazia il taxista, pagando la quota e appoggia le borse della spesa per terra, cercando le chiavi nella borsa. le infila nella serratura, eccitata all'idea che oggi non sentirà la solitudine più forte, con suo padre qui. appena arriva l'orologio le segna che è in tempo per preparare tutto, ma non con calma. così getta le sue cose sul divano, rimandandole a dopo e si mette subito all'opera, apparecchiando sul tavolo a penisola, con due tovagliette bordeaux in cotone e due calici. tutto è già sul gas in cottura, mentre lei da una sistemata nonostante il fiatone. posa le sue cose in camera, aprendo la finestra per far arieggiare la stanza con la scusa ma il telefono in salotto, la fa scattare in salotto, a passo svelto per il corridoio, prima che si spenga.
- pronto?!- esclama col fiatone.
- Elena - la voce profonda e bassa di suo padre risuona, facendola sorridere.
- pà, sei già atterrato? - domanda impaziente, mostrandosi anche una bambina.
- vedi, c'è stato un contrattempo a lavoro - il suo sorriso lentamente si spegne, lo stomaco si racchiude su sè stesso: delusione. - non credo che riuscirò a essere a Napoli per stasera - continua, sentendo silenzio dall'altro.
Elena si passa una mano sulla nuca, respirando a fondo sperando di tamponare la ferita.
- tranquillo, non fa nulla - mente, accennando un sorriso come se suo padre potesse vederla.
- com'è Tokyo?- domanda, cambiando discorso.
- oh è stupenda, dovresti vederla - conclude ridendo, piano. In sottofondo Elena sente mormorare, segno che è ad una riunione o qualche meeting dei suoi.
- già..- mormora Elena, mordendosi il labbro inferiore.
- scusami ancora Ele, ma devo andare adesso -
- si, vai pure - si finge disinteressata, mentre la ferita sembra squarciarsi sempre di più.
- ci sentiamo allora eh, stai attenta - la raccomanda, prima di attaccare, sicuramente dal suo auricolare.Elena posa il telefono di casa sua, chiudendo la chiamata e va subito a spegnere la cena, lasciandola sui fornelli. si maledice da sola, per dare così tanto peso e amore a qualcuno che di lei a malapena si ricorda: qualcuno che dovrebbe prepararle la cena, mentre lei ritarda fuori con le amiche. non dovrebbe essere lei a chiamargli, a chiedergli come gli va, quando loro, non sanno neanche come sta. come si ci sente a stare sempre soli, non se lo chiedevano mai, pensavano solo a non farle mancare nulla, dimenticando che è l'amore che ti tiene in vita.
Lasciando cadere delle lacrime sulle guance, liberandosi un po' di tutto quello che stava trattenendo da quando anche Fabrizio, era ritornato a farsi sentire nei suoi pensieri e poi Ciro, che non smetteva di odiare ma allo stesso tempo, avrebbe voluto scoprire perché si comportasse così uno come lui. ma che sta dicendo? uno come lui è uno come Fabrizio. si convince, mentre asciuga velocemente le lacrime dalle guance.
l'occhio le ricade sulla bottiglia di vino sul tavolo e così lancia via il telefono sul tavolino, mettendolo in silenzioso e afferra la bottiglia di vino, dirigendosi sul divano in salotto.
Toglie con forza e un po' di fatica il tappo, mandando giù il vino in un lungo sorso.
CIRO
scende dall'auto di Lino velocemente, mettendosi il cappuccio della felpa.
- ci virimm riman o'stess post - gli dice, infilando le mani nella tasca della tuta.
- Cí, vir e' nun fà strunzat!- lo avvisa, stringendo con le dita il volante e guardandolo dal finestrino.
Ciro alza il sopracciglio per il tono e appoggia le mani sul finestrino completamente abbassato, sbilanciandosi col busto.
- se c scoprn firnisc mal a tutt e'duij - spiega Lino.
- e infatti a noi non ci devono scoprire - scandisce annuendo, facendo abbassare lo sguardo a Lino, teso.
- và - batte una mano sul volante come a incitarlo e Lino sfreccia via, lasciandolo solo per le vie di Napoli.
Ne approfitta per respirare a pieno l'aria di libertà, che da tanto tempo non riesce a sentire e poi ripete in testa come una filastrocca, l'indirizzo di Elena, che suo fratello Pietro aveva prontamente scoperto sotto il suo ordine. Appena Teresa gli aveva consigliato di fare qualcosa che non aveva fatto per nessuno, aveva subito organizzato la sua evasione silenziosa, facendo qualcosa che non aveva mai fatto in un anno di reclusione. più degli altri, sentiva di meritare di stare lì dentro. meritava di non vedere quanto fosse bello vivere da libero.con grande sorpresa scopre che casa sua non è molto lontana da dove Lino lo ha lasciato, così guarda dal basso all'alto la porta dipinta di verde bottiglia e spera che nonostante l'orario, Elena gli apra.
concentra tutta la sua sicurezza, che lo rende quello che è e suona, sistemandosi i capelli completamente pieni di gel con la sinistra.Appena la porta si spalanca, non può fare a meno di spostare lo sguardo sulle sue gambe scoperte.
Elena gli apre con addosso solo un maglione extra large bianco, che la copre quanto basta. resta in silenzio, passando lo sguardo sul suo corpo, fino a quando non risale fino al suo volto e nota le sue guance colorate, il sorriso sghembo in volto e i capelli leggermente arruffati. si appoggia allo stipite e alza la mano destra, mandando giù il vino, guardando Ciro dalla testa ai piedi, come ha fatto lui poco prima.
- vuoi farmi andare in galera con te?- trascina la parola ridendo, prima di spostarsi pesantemente dalla porta, spalancandola del tutto con un calcio. lo sta facendo entrare e lui non ci crede subito. poi muove i piedi in avanti, entrando in casa sua.
gli salta subito all'occhio la tavola ancora apparecchiata ma la cena sul gas, ormai fredda.
- silenzioso stasera - asserisce, prendendo posto su uno degli alti sgabelli.
- tieni na bell cas - le dice, guardando il grande salotto in stile completamente barocco.
- i miei sono fissati con la Sicilia - spiega, continuando a tenere fra le mani la bottiglia.
Ciro la scruta dalla testa ai piedi ancora in piedi: perché non lo sta evitando come fa quando sono all'IPM?
- quant hai bevut?- le domanda, scrutandola dalla testa ai piedi.
Elena lo invita a sedersi con un cenno, di fronte a lei e lui esegue il suo ordine, appoggiando i gomiti sul legno bianco.
- quanto basta per non dare peso - risponde, lasciando Ciro con la bocca a mezz'aria.
- quant bottiglie hai? - mormora, guardando le tovagliette al loro fianco.
Elena sbuffa pesantemente.
- sei evaso per farmi la predica?- sbotta, acida.
- no, manc o'sapev - risponde sincero e sente quella strana sensazione di dispiacere per lei, al centro del petto senza neanche sapere se magari stava aspettando un ragazzo e il che renderebbe la sua presenza inutile.
Stende immediatamente i tratti del suo viso, che prima erano duri, arrabbiati.
- nun t facev un ca bev sul a cas - conclude facendo un mezzo sorriso, non rivelandole che aveva già immaginato così tante volte loro due in questo stato, insieme.
- infatti non lo sono - abbandona la bottiglia sul tavolo, afferrando fra le dita la manica del maglione, giocandoci nervosamente. - le avevo prese per mio padre, non lo reggo neanche questo maledetto vino-
gli rivela per la prima volta, calma.
- e arò sta?- domanda Ciro, guardandosi intorno.
- a Tokyo - risponde, assumendo subito un'espressione triste - sarebbe dovuto venire stasera dopo un anno, ma il lavoro ha chiamato più forte di quanto lo faccia io a quanto pare -
Ciro sente una morsa sul petto, che gli stringe subito il cuore. improvvisamente subito si collega, come quei giochi dove colleghi i numeri e disegni qualcosa, qualsiasi cosa che però alla fine ti piace. il suo carattere, il suo sguardo sempre schivo e pronto sempre a difendersi, non era altro che una conseguenza di dover affrontare le cose da sola, di doversi sentire completamente sola, come se neanche gli amici potessero colmare quella mancanza di amore. come se nessuno, se non loro stessi, fossero la loro ombra.
- è stat nu strunz - Elena lo guarda e forse ha esagerato, ma l'espressione gli è venuta fuori così velocemente. - vuò stà sul?- continua, sentendo che forse, come lui, ha bisogno di combattere il dolore da sola.
Elena lo guarda per pochi minuti in silenzio, portandosi il ginocchio al petto, stringendolo fra le braccia.
- no, fammi compagnia - .