Ripensa a quando rimproverava Teresa, quando quella sera, prima di lasciare l'IPM, si erano intrufolate dentro i dormitori. e ora eccola, mentre muove piccoli passi, guardandosi attorno, sempre, ogni due passi che fa, trovandosi sola come se qualcuno volesse che lei lo raggiungesse, mentre si inoltra nelle celle di isolamento, dove hanno portato Ciro. cerca di essere più silenziosa di sempre, mentre si chiude la cella alle spalle e si trova a fissare la grande finestra che da sul mare, riproducendo il suono delle onde, quasi come una lenta tortura che sei costretto ad ascoltare. le si stringe il cuore, al contrario della prima volta che era venuta qui, mentre muove i passi e come fosse tutto un bellissimo deja-vù, risente l'odore dell'erba, insieme a una nube densa che viene fuori dalle sbarre, come fosse un segnale per trovarlo subito. respira a pieno, mettendo da parte le sensazioni di timore che ha, cercando di mostrarsi decisa a restare lì. Mentre si avvicina alle sbarre rovinate dall'umidità, le chiavi che ha rubato a Lino a mensa, tentennano nel buio, facendo scattare Ciro verso le sbarre. Elena rimane a guardarlo, forse troppo, lui continua a muovere il braccio per portarsi la canna alle labbra, ma non muove gli occhi da lei, neanche quando piano la raggiunge, sputandole il fumo in viso, attraverso le sbarre. vuole che se ne vada, perchè sa che la infastidisce il fumo. " bella mossa" pronuncia, respirando l'erba, senza muovere un muscolo. " se non fosse che a Cuba fumavo erba migliore di questa " gli rivela, senza sorridere, al contrario degli occhi del ragazzo, che sembrano attraversare una piccola luce. " e che sei venuta a fare a Napoli?" scandisce lentamente ogni parola, con un tono cosí calmo che ti fa rabbrividire. cosí educato alla perfezione a non mostrare niente. Il suo fare, il suo modo di guardarti che sembra scavare dolorosamente dentro, restando impassibile davanti al mondo crolla, erano cosí spaventosamente simili a quelli di cui le parlava suo padre, quando le raccomandava di evitare determinati quartieri, descrivendo questi uomini cosí freddi. " Ti fa stare meglio cambiare discorso?" "stavamo facendo un discorso?" ribatte subito, sorridendo appena. " che sei venuta a fare?" gli domanda subito, continuando a scavarle dentro. dopo ieri, si sente stupida a stare qui a elemosinare parole, ma sente in cuor suo, di dover restare perchè ieri sera, può esserlo sempre, proprio come lei, se qualcuno ti porge la mano, ed è quella giusta. " questa è tua " mente sul vero motivo, tirando fuori dalla borsa la pistola di Ciro. la fa passare attraverso le sbarre, insieme al suo braccio esile, ma Ciro non sembra volerla indietro. sposta gli occhi dall'arma a lei, con un' espressione che sa di confusione, mista a " non ti servo più?". " prendila, non ho tutto il tempo" parla lei a bassa voce, facendo ancora tentennare le chiavi, che richiamano lo sguardo di Ciro. È un attimo ed Elena riconosce subito il suo sguardo. si allontana dalle sbarre che li separano, lasciando la canna spenta, ormai dimenticata. " è tutta sta fatic pè nient?" le domanda, indicandole con lo sguardo le chiavi. " ah adesso vuoi che ti stia vicino?" " se non volevi entrare, non le rubavi" si riavvicina alle sbarre, rigettando gli occhi di nuovo sul mazzo di chiavi fra le sue dita, alzando lentamente lo sguardo su di lei poi. Elena capisce subito che la sta sfidando, non a entrare, non a rubare un mazzo di chiavi, ma a tenergli testa quando nessuno ci riesce, quando i nervi solo caldi, pure se non sa ancora se sia per lei, forse non volendolo ammettere. Si riguarda attorno e Ciro si allontana, mentre lei velocemente apre la cella e si intrufola dentro, richiudendola per sicurezza. sistema il mazzo di chiavi nella tasca dei jeans e appena si volta, le salta all'occhio il sorrisino soddisfatto di Ciro, che ha preso posto sull'unica sedia presente, con le gambe accavallate e la fissa, come fosse un incontro per sapere e capire chi è, cosa sa fare. " mi dovrei sentire onorato per le cose che stai facendo per me" dice ridendo, ma Elena percepisce una sorta di presa in giro nel suo tono, che le fa stringere i pugni, insieme alle sopracciglia, mentre sente di poter rispondere, nonostante ci sia rimasta male. " ci sono persone che stanno bene, facendo del bene. ascoltando, aiutando gli altri. tu non sei diverso da qualcun'altro, lo avrei fatto per chiunque" sputa subito la sua risposta, carica di tensione per il gesto compiuto per essere lì di fronte a lui ma appena chiude la bocca, se ne pente, perché in effetti non sa se lo avrebbe fatto. " brutto farsi comandare dai nervi, mh?" continua a parlare, con quel tono misto al divertito, insieme alla sua canna, di nuovo accesa. " so che non lo pensi sul serio" continua, subito facendo un tiro. " non saresti qui" " pensi di conoscermi?" sbotta subito innervosita. ma la reazione di Ciro è uno sguardo serio, mentre lascia la sedia e si avvicina a lei di più, tenendo il suo sguardo come farebbe con qualcuno che vuole intimidire, ma lei rimane a guardarlo, aspettando che risponda. " più di quanto pensi, Nennè" risponde finalmente. " io credo di no, se te lo dicessi io mi diresti la stessa cosa" il suo sguardo si rilassa, come il tono di Elena, mentre la guarda dall'alto. sembra quasi stia facendo fatica, a coincidere pensieri e parole, per farle venire fuori. "che cosa ti è preso prima?" parla lei, approfittando del silenzio, cambiando discorso e Ciro taglia le distanze, dandole le spalle di nuovo, mentre guarda dalla finestra. " che quando io dico una cosa, ho sempre ragione" la lascia con questa frase, costringendola ad avvicinarsi per capirci di più. " Ciro, voglio aiutarti, ma se non parli" " mio padre vuole sapere chi ha sparato "