capitolo uno

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Alice.
22 luglio 2023
Sabato.

L'inizio di tutto.

Quella mattina era particolarmente calda.
Essendo in piena estate, il caldo si era impregnato in ogni angolo di San Diego.
Le temperature stavano cambiando e questo si poteva notare dai passanti che iniziavano a lamentarsi dell'esagerata temperatura.
La mia unica speranza la riponevo a Manhattan; mi ci sarei dovuta trasferire di lì a poco.
Perché alla mia dolce mamma le era venuta la brillante idea di mollare tutto, qui a Los Angeles e di riporre tutto ciò che ci restava nelle mani di un riccone.

Mia madre si sposa...
MIA-MADRE-SI-SPOSA!

Fino a pochi giorni fa non vedevo la situazione così tragica, fino a quando non ha iniziato a fantasticare sulla presunta famiglia perfetta avremmo potuto creare:

"Andremo ogni sabato a cena fuori"
"Tu e Swami vi potete prestare i vestiti!"
"E i picnic? Vogliamo parlare dei picnic che faremo insieme!?"

Non che mi dispiaccia vedere mia madre felice, ma insomma;
è MIA MADRE, DANA LEISTER!

«Alice!», le sue urla mi strapparono amaramente dai miei pensieri.
Abbandonai lo sguardo dal computer e lo puntai a lei; mi fissava a braccia conserte e con la fronte corrucciata.

E ora che ho combinato?

Non so quale fosse la mia faccia, ma ero intimorita dalla sua.

«Mammina?», Inclinai leggermente l'angolo delle labbra, ma oltre che ad un sorriso, uscì una smorfia.

«Invece di indagare su mio marito, pensa al sugo. SI STA BRUCIANDO».
Mi strillò contro, facendomi balzare giù dalla sedia per poi correre verso i fornelli.

Come ho fatto a dimenticarmene!

«Cretina», mi insultò esasperata, poi con la coda dell'occhio la vidi affacciarsi verso il mio computer, e si mise a leggere tutte le mie ricerche.

- Alberth Morgan.
-Che lavoro fa Alberth Morgan.
-Figli di Alberth Morgan.
-Fedina penale di Alberth Morgan.

«Hai davvero cercato informazioni sulla fedina penale di mio marito? Eh?».
Finsi di ignorarla e persi tempo a girare il sugo.

Non mi reputavo una persona paranoica, ma preferivo essere ben preparata in tutto.

«Non fingere di non ascoltarmi!». Attirò nuovamente la mia attenzione.
Posai le mie iridi scure su di lei.
Sì, era arrabbiata e molto...

«Sì, l'ho fatto e vuoi sapere una cosa». Sapevo di star per sbagliare, ma la mia lingua parlò senza confrontarsi con il cervello... come succedeva spesso.

«Era un ex alcolizzato, circa 10 anni fa gli hanno sospeso la patente per guida sotto stato di ebrezza», me ne pentii subito, ma ormai era troppo tardi, così continuai a concentrarmi sul sugo.

«Lo so... », disse solamente e non ci vidi più.

«Ah lo sapevi? Mamma, guardami.», la richiamai e lei posò lo sguardo ancora arrabbiato su di me

«Chi te lo dice che sia guarito? Non voglio un'altra persona alcolizzata nella mia vita». L'ultima frase la dissi in un sussurro, perché la gola prese a bruciare amaramente.

Sentii la sedia spostarsi, segno che si era seduta; mi andai a voltare e la trovai che fissava il vuoto mentre si torturava le unghie.

Un vuoto immenso mi bucò lo stomaco e i sensi di colpa mi invasero.

Spensi il fornello e mi andai a sedere difronte a lei.

«Mi dispiace, non volevo... »
«Hai ragione.»
Mi interruppe portandosi le mani sul viso, un chiaro segno che stava per piangere

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