capitolo trentaquattro

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Alice.

Non sapevo che stavamo combinando, ma mi piaceva.
Per un attimo dimenticammo tutto il risentimento che ci circondava.

Però quando entrambi capimmo che sarebbe finita male, decidemmo di andarcene. Salutammo i ragazzi e per tutta la sera avevo ignorato anche lo sguardo truce che mi aveva rivolto Debora, ogni volta che Io e Mason ci trovavamo vicini.

Mi sopresi invece di vedere Arianne divertirsi con Jennifer. Le ragazze l'avevano accolta al meglio, e di questo ne ero felicissima.

Salimmo in auto e Mason partii.
Il calore dell'aria condizionata mi stava facendo venire sonno e tutto l'alcol che avevo ingerito, si stava facendo sentire.

Mi lasciai andare contro il sedile, mentre osservavo Mason.
Stringeva il volante saldamente e guardava la strada che scorreva sotto alla Bugatti.
La mano destra stringeva saldamente il cambio e i muscoli dei bicipiti pompavano da sotto alla camicia aderente.

«Sei inquietante» mi fece notare, facendomi arrossire di colpo. Ero affascinata da lui e ci giocava su questa cosa.

«Allora non ti guardo» trattenni un sorriso e distolsi lo sguardo, puntandolo al finestrino. Manhattan era tutta illuminata, rendendola bellissima.
Mi irrigidì quando la sua mano prese la mia, che si trovava sulla mia coscia. La strinse, emanando calore. Le sue dita mi sfiorarono la carne delle mie cosce scoperte, facendomi rabbrividire.
Prese ad accarezzarmi lentamente e il cuore per poco non mi esplose arrivandomi in gola.

«Mason... dai» le parole mi uscirono tremanti, sperai che mettesse fine a quel gioco infame, che mi stava mandando fuori di testa.
Il mio basso ventre mi stava prendendo fuoco e potevo benissimo sentire il mio intimo bagnato.

«Ti imbarazzi per così poco? Abbiamo fatto di peggio su quella pista». Intrecciai le mie dita alle sue e trascinai la sua mano al mio grembo.

Mi godetti il carole che si era formato tra di loro.

«Domani torno ad odiarti, tranquillo» gli ricordai facendolo ridere.

Penso che qualche Gin Lemon di troppo, a me faccia male.

«Tranquilla, già lo so»

Mi stuzzicò facendo aderire il dorso della mano al mio basso ventre.
Anche solo quel tocco, mi stava facendo impazzire.
Inspirai lentamente, nel tentativo di calmare gli ormoni, che mi chiedevano pietà.

Avevo bisogno di essere soddisfatta, altrimenti non sapevo quanto avrei resistito.

«Levati subito dalla testa quel pensierino» fece morire qualsiasi tipo di iniziativa avesse preso la mia testa.

«Allora non provocarmi», ammisi frustata

«Amore, sei ubriaca e mezza nuda nella mia macchina, non ti tocco. Rassegnati.»

«Dovresti fare compagnia a lucifero, sai?», chiesi facendolo scoppiare a ridere. Sbuffai e accavallai le gambe per poi voltarmi sul fianco, dandogli le spalle e osservai oltre il finestrino.

Le strade erano isolate e in vento agitava lievemente gli alberi.
Mason, sembrò rallentare e dagli specchietti retrovisori i fari lunghi di un auto, mi accecarono.
Mi aggiustai e guardai Mason.

«Ma perché non li abbassa?» domandai, nel vedere che la macchina aveva i fari abbaglianti.
Il corvino faceva scorrere lo sguardo dalla strada allo specchietto retrovisore.
Si irrigidì.
Sussultai quando aumentò la velocità, catapultandomi contro il sedile.

«Ma che ti prende?» alzai la voce e tentai di aggrapparmi alla stoffa del sedile.

La macchina prese a lampeggiarci e aumentò a sua volta la velocità

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