capitolo settantatré

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Alice.

Sentivo le viscere infiammiate dal desiderio di averlo.
Lo osservavo mentre guidava, con una mano stringeva la mia coscia e con l'altra manteneva il volante.

Con il pollice tracciava dei cerchi immaginari sulla mia pelle, marchiandola e infuocandola, prendeva una serie di scosse elettriche.

Tenevo gli occhi puntati su di lui, ammaliata dal suo profilo perfetto: la mascella era perfettamente squadrata e contornata da un filo di barba che stava crescendo.
Evidentemente sentì il mio sguardo su di lui, perché aumentò la presa sulla mia coscia, facendomi trattenere il respiro.
Mi allungai verso di lui e lo vidi irrigidirsi per un attimo.
Gli posizionai un bacio sul collo e ispirai il suo profumo mentato, poi poggiai la guancia sulla sua spalle e mi lasciai cullare dalla macchina che correva lungo le strade di Manhattan.

Osservavo le sue dita stringere il volante.
Poggiai la mano sulla sua coscia e presi ad accarezzargli quest'ultima da sopra i jeans ruvidi.
L'oscurità ci circondava e viaggiavamo sotto ad un lenzuolo di stelle che la illuminavano.
L'aria era calma come la mia mente.

Tutti i problemi che mi perseguitavano da settimane e da tutta la vita, in quel momento; con la testa appoggiata a lui e la sua mano che mi accarezzava, sembravano essere spariti.

Alzò la mano e me la posizionò sulla guancia accarezzandomi senza fretta.

Potevo pure morire sotto al so tocco, sarebbe stata la morte perfetta.

Senza rendermene conto, sorrisi, contenni il respiro riempiendo i polmoni d'aria.

«Dormi?» sentii la sua voce roca, arrivarmi all'orecchio.
Negai con la testa.

«Sei silenziosa» mi fece notare senza smettere di coccolarmi con le dita

«Anche tu» ribattetti alzando di poco gli occhi per guardarlo in viso.
Sospirò sorridendo

«Prendimi una sigaretta» con la testa mi accennò il cruscotto, dove c'era abbandonato il pacchetto di sigarette.
Mi distaccai da lui e quando feci per sporgermi in avanti, il suo braccio mi si poggiò sul ventre e subito dopo premette il freno; mi sbilanciai di poco in avanti, contro il cruscotto.

Posai lo sguardo sulla strada e vidi che il semaforo aveva scattato rosso.
Una volta che si fosse assicurato che l'auto fosse ferma, mi lascio, ed io potetti recuperare il pacchetto di Winston rosse.

Lo aprii e tra di loro vidi una canna.

Alzai lo sguardo e lo puntai a lui che già mi stava guardando divertito.
La sfilai dal pacchetto e la osservai attentamente.
Non ne avevo mai presa una in mano

«È cacca, non toccare» mi riproverò come se fossi una bambina di due anni.
Lo guardai male e lui scoppiò a ridere

«Sto aspettando la mia sigaretta» mi ricordò.
Rotei gli occhi, riposi la canna nel pacchetto e presi la sigaretta portandomela tra le labbra.

Volevo provarci, giusto per sapere cosa si provasse.
Senza che me ne rendessi conto, me la sfilò con uno scatto fulmineo dell'indice

«Eh no, questa è mia» disse allungandosi per prendere l'accendino, ma fu più veloce io e lo presi prima di lui.

«Posso accendertela?» domandai inclinando di poco la testa a destra.
Mi fissava come se fossi pazza, poi sospirò e se la sfilò, porgendomela.

«Non prendere il vizio» mi avvertì; lo ignorai e nel frattempo che la macchina riprendeva a muoversi, adocchiai un pulsante e sospettai fosse quello per abbassare il tettuccio.

Lo premetti, sperando che la macchina non esplodesse e quando piano piano diventava decappottabile, mi riappoggiai alla sua spalla.

Mi incastrai la sigaretta tra le labbra e sotto di essa ci riposi l'accendino; scrollai la rotella con decisione e si innalzò la fiamma sotto al mio naso.
Mi riparai dal vento che prese a disordinarmi i capelli e liberarli selvaggiamente.

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