capitolo ottantasei

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Alice.

Dopo settimane ero riuscita a prendere coraggio per andare a parlarci.

Cercai di ricordare la strada e una volta giunta a destinazione, pagai il taxi e uscii.

«signorina é sicura che é questa la destinazione?» chiese preoccupato l'uomo.
Mi guardai in torno e il campo sembrava isolato.

«Sì. Grazie mille» sfoderai un sorriso e me la svignai.

L'aria mattutina era gelida e c'era talmente tanta nebbia che mi si impregnava addosso oscurandomi la vista.

Mi stretti nel mio maglione e oltrepassai i camper.

Con lo sguardo cercai Ethan, ma non lo vedevo.
Non volevo urlare, non avrei voluto attirare l'attenzione di qualche malvivente.

Cercai di non inciampare nell'erba alta e sussultai quando dei fruscii si fecero vivi alle mie spalle.

Mi voltai di scatto quando sentii dei ringhi.

Sbiancai quando mi resi conto che davanti a me si trovavano due rottweiler.

Mi ringhiavano contro e mi ispezionavano pronti ad attaccare.

Perfetto direi.

Misi le mani in avanti con la speranza che non mi avrebbero aggredita.
Indietreggiavo e loro avanzavano.

Avevano assunto una postura d'attacco e l'unico modo per salvarmi era fuggire.

Scattai all'indietro e corsi via, ma loro presero ad inseguirmi e ad abbaiare.

Sentii il cuore arrivarmi in gola mentre oltrepassavo una serie di camper malandati se non anche rubati

Uno di loro tentò di afferrarmi il maglione ma mi scansai in tempo.

Un altro urlo abbandonò la mia gola quando anche l'altro tentò di azzannarmi.

Girai l'angolo ma venni afferrata per il polso così da fermarmi, urlai presa alla sprovvista.
La mia vista venne oscurata da un paio di spalle larghe.
Tentai di riacquistare il respiro mentre Ethan scacciava via i cani.

Poggiai i palmi sulle ginocchia e tentai di regolarizzare i battiti del cuore.

Una volta che i cani se ne andarono, lui si voltò con la fronte corrucciata, pronto a rimproverarmi.

«Ma possibile che sei una calamita per i guai?» chiese portandosi le braccia al petto.

Addirizzai la schiena e lo fronteggiai.

«Di chi sono quei così?» chiesi con l'affanno, mentre con il capo indicai i cani che si stavano allontanando.

«Miei. Allora? Che ci fai qui? Non é il posto adatto per venirsi a fare una passeggiata», sfoderò un po' di ironia ed io roteai gli occhi esasperata

«Lo so. Ma...» mi soffermai a guardarlo con ancora il petto che si alzava e si abbassava

«Io e te dobbiamo parlare» conclusi e lui annuì consapevole.

«Sì, lo so» sospirò.
Si guardò intorno e mi indicò con un cenno del capo di seguirlo.

Ce ne andammo all'interno di una casa abbandonata.
Polvere e ragnatele la ricoprivano e i muri erano distrutti.

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