capitolo trentuno

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Mason.

Che situazione del cazzo.

Mi ritrovai a pensare, steso sul letto con la mano incastrata dietro alla nuca e una sigaretta accesa tra le dita dell'altra.
Mi portavo il filtro tra le labbra e rilasciavo il fumo dal naso; ripetevo questo gesto meccanicamente.

Non pensavo che una volta uscito da quelle sbarre avrei dovuto affrontare tutto questo; ovvero: dei pazzi psicopatici che minacciavano la mia famiglia. Una sconosciuta che si presenta a casa nostra, dicendo che è venuta a supportare l'amica.
E una sorella in piena fase adolescenziale con gli ormoni a palla e che dove starnutisce, li fa danni.

Sì, è una situazione del cazzo.

Ma tra tutti i cazzo di ragazzi della zona, proprio il fratello di quel bastardo è dovuta andare a pescare? Un altro non le piaceva? Certo, non ci sarebbe andato bene a prescindere, ma tutto pur di non ritrovarmi come cognato il cugino di Ethan.

Sai che bello, tra magari, dieci anni, a mangiare tutti intorno alla stessa tavola a natale, mentre ci scambieremo regalini e canteremo a karaoke, magari a braccetto proprio con Jason.

Non ci voglio neanche pensare.

Erano le 02:00 passate ed io non riuscivo a chiudere occhio. il mattino seguente sarei dovuto pure andare all'università. Mi mancavano pochi anni e mi sarei finalmente laureato in architettura.
Il mio progetto era quello di prendere l'azienda di papà e di portarla avanti io in futuro. Ma qui, più si andava avanti e più un futuro non lo vedevo.

«Ora dormi, ci vediamo domani», dei sussurri riempivano il corridoio.
Incastrai la sigaretta tra le labbra e mi alzai. Uscii dalla stanza e puntai lo sguardo infondo al corridoio, nella camera degli ospiti. Dove ora alloggiava quella bionda... non ricordavo mai il nome.

Alice uscì da essa, richiudendo la porta. Mi soffermai a guardarla: dei jeans stretti le fasciavano perfettamente le cosce sode e il culo.

E che culo.

Una felpa il triplo più grande di lei, le ricopriva la parte superiore e ricadeva morbida sul bacino.

Quando andò per voltarsi per andarsene in camera, mi vide.
Sussultò urlando e si coprì la bocca con la mano.

«Mason, dio mio!»
«Addirittura? Cosa ti fa nominare dio?»

un po' esagerata la ragazza.

La raggiunsi.

«La tua presenza»

Eppure è coperta...

Anche lei sembrò apprendere il doppio senso, perché arrossì di botto, anche se non si vedeva un granché, lo percepivo.
Ogni volta abbassava lo sguardo e stringeva le labbra in una linea sottile

«Non intendevo dire... Lascia stare», cercò di recuperare in extremis, facendomi scappare una risata.

«Farò finta di non aver sentito»
«Ottima idea», rise e due fossette le bucarono le guance.
Un lamento femminile provenne all'interno della camera della bionda.

Alice osservò la porta con un espressione per niente convinta

«Forse è meglio se per questa sera, la faccio dormire con me» continuò esasperata.

«Perché?»

«Ha alzato un po' troppo il gomito. E ora ha l'emicrania. Tutto okay, sembra essere tornate al periodo del liceo»

Sembrava quasi divertita dalla situazione.
Mi diede l'impressione di essersi dimenticata dell'accaduto della sera precedente

Le sue condizioni era pessime, come quelle di Perla. Ma menomale, la seconda non era nulla di grave; solo un mancamento dovuto dallo spavento.

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