Capitolo sedici

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Alice.

La sua altezza importante, le sue spalle larghe e muscolose, torreggiavano sulla mia figura, bassa e impacciata.

Non riuscivo a parlare, un nodo in gola non me lo permetteva.
I folti capelli corvini, si intersecavano tra di loro e alcuni ciuffi gli ricadevano sulla fronte in modo disordinato.
Le labbra, risultavano piene, gonfie e come anche la maggior parte dei Morgan; l'arco di cupido ebbe una notevole importanza anche in esse.
Gli zigomi alti e la mascella scolpita, circondavano divinamente il suo viso.

«Se ti sposti, passo»

Il suo tono affilato mi colpii, come uno schiaffo in pieno viso.
Il mio corpo si mosse da solo; mi spostai e lo lasciai passare.
Non ero lucida, perché se lo fossi stata, prima gli avrei tirato una testata sui denti ed infine lo avrei fatto passare.
Ma in quel momento mi limitai a guardare la sua figura andare via.
Scendeva le scale senza sbilanciarsi troppo con movimenti bruschi, anzi; sembrava come se avesse tutto il tempo del mondo.

«Lui è Mason, te lo presento».

Quasi urlai quando il sussurro di Liam mi sfiorò l'orecchio.
Istintivamente mi allontanai di un passo.

«Mi hai fatto prendere un colpo», gli feci rendere conto riacquistando la Alice di pochi secondi prima.

«Non è colpa mia se eri stregata da mio fratello. Bello vero?»

Non gliel'ho data a Mason la testata, ora gliela do a lui se non se la finisce.

«La bellezza non va a passo con la simpatia vero?», chiesi facendolo scoppiare a ridere

«È semplicemente Mason»

«Bene, allora io "semplicemente Mason" già non lo sopporto. Ora se non ti dispiace vado ad asciugarmi i capelli»

Detto ciò me ne andai in camera, ma prima di chiudermici dentro lo sentii dire.

«Non far esplodere anche questo» disse divertito.
___

Mi svegliai di soprassalto, perché il mio cellulare non smetteva di squillare.
Feci difficoltà ad aprire gli occhi a causa della luce del sole che penetrava oltre le tende.
Con gli occhi ancora chiusi afferrai il telefono che si trovava sul comodino, accettai la chiamata e me lo portai all'orecchio.

«Pronto» la mia voce risultò roca e dovetti schiarirla

«...»
«Pronto?», chiesi nuovamente, ma nulla, nessuno parlava.

Aprii un occhio e controllai chi fosse, ma era un numero sconosciuto.

Sbuffai annoiata e me lo riportai all'orecchio

«Non è giornata per gli scherzi, quindi o parli o stacco»

Dissi spazientita, ma ancora nulla, feci per riattaccare ma una voce in sottofondo me lo impedì

«Fatto, attacca». Si sentii solo questo e subito dopo la chiamata fu interrotta.

Mi accigliai confusa e mi appoggiai con la schiena alla testata del letto.

Ma che significava?

Cercai di riconoscere la voce, ma era difficile, la ricordavo ovattata e lontana.

Sbuffai rassegnata e mi alzai per andarmi a lavare.

Piastrai i capelli e applicai un po' di mascara; dopodiché mi vestii, indossai un paio  di pantaloncini e un top.
Oggi faceva abbastanza caldo per indossare dei pantaloni lunghi.

E visto che, sicuramente anche oggi sarei rimasta da sola, decisi di passare del tempo in giardino.

Quindi scesi e come sospettavo, ero da sola.

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