capitolo trentadue

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Mason.

«Stasera vieni?», mi chiese Marika mentre finiva di bere il suo caffè, poi posò la tazza dentro al lavello e mi venne incontro, si fece posto tra le mie braccia e appoggiò la schiena la mio petto.
Me ne stavo seduto sullo sgabello della penisola e giocavo con la cartina della sigaretta.

Ispirai il suo profumo fruttato mentre lei, tracciava con le unghie, il miei numerosi tatuaggi che mi ricoprivano il braccio.

«Non lo so.».
Era giunto sabato e avevamo appuntamento al Loco con i ragazzi; sicuramente ci sarebbero stati anche i due bastardi.
Noah era uscito circa un'ora fa, per andare a prelevare una parte dei soldi, che questa sera gli avremo dato.

Dovevamo chiude quel conto, in prima possibile.

«Dai, vieni», supplicò voltandosi e agganciando le braccia al mio collo.
La presi per la vita e l'avvicinai ancora di più.

«Che mi dai se vengo?», la stuzzicai, mentre le sferrai una pacca sul culo, rumorosa, coperto da un paio di jeans stretti.

Sorrise diminuendo le distanze. Le sue labbra carnose si posizionarono sopra alle mie e mi diedero un leggero bacio.

«Lo sai...». Con le unghie prese a districarmi i capelli, sapendo che era uno dei miei punti deboli.

La richiesta era abbastanza allettante; non scopavo da circa quattro giorni, ed ero nell'astinenza più totale.

Aumentai la presa sul suo culo, avvicinandola ancora di più a me.
Mi afferrò il labbro inferiore tra i denti, facendomi sentire delle piccole fitte sul cazzo.
Poi iniziò a succhiarlo e leccarlo con la lingua calda e prese ad assaporarmi.
Le sue mani scivolarono longo il mio petto, coperto da una felpa grigia e si fermarono al mio bacino.
Il ventre prese a formicolarmi e un' ondata di calore mi incendiò la schiena.
Le afferrai i capelli, aggressivamente, facendola sussultare.
Stufo di quei giochetti, non aspettai altro e le ficcai la lingua in gola, prendendola alla sprovvista.
Il sapore di caffè mi inondo la bocca.
La baciai con aggressività e possessione, tanto che trovava difficoltà a starmi dietro.

«Piano Mason» sogghignò mettendo le mani all'interno della felpa e accarezzandomi il petto

«Piano un cazzo, stammi dietro» ringhiai, avvolto dall'eccitazione, con le mani, passai al bottone dei suoi jeans, che slacciai con estrema facilità.

La ragazza si ritrasse leggermente e puntò i suoi occhi scuri affilati sul mio viso

«Non vorrai davvero farlo qui in cucina?», rise riprendendo ad accarezzarmi da sotto la felpa.
La ignorai e mi riavventai sulle sue labbra, inserì la mano all'interno dei jeans e subito la trovai bagnata.
Questo di certo, non calmò la mia erezione, che spingeva il tessuto della tuta.

«oddio.» ansimò quando le scansai l'intimo di pizzo. Il mio bacio l'aveva affannata e mi osservava con le guance lievemente rosee. Presi a stuzzicarle il clitoride e lei istintivamente, allargo le gambe, per facilitarmi la cosa.

Dio stavo esplodendo lì sotto.

«Scusate.»

Lei? Che cazzo ci fa in casa? Non era uscita con la bionda?

Si schiarì la gola, facendo sussultare Marika. Sfilai la mano dai suoi Jeans, che lei poi si affrettò a richiudere. Si diede una sistemata al volo, poi si voltò verso moretta che aveva fatto ingresso in cucina.
Puntava i suoi occhioni accusatori su di noi, visibilmente indignata dal teatrino che era stata costretta ad assistere.
Aveva le labbra carnose, semi aperte e le guance le stavano per prendere fuoco dall'imbarazzo.

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