capitolo trentotto

5.1K 117 3
                                    

Mason.

Mi svegliai, sentendo il corpo di Alice, agitarsi contro il mio.
Aprii prima un occhio e poi l'altro e la vidi: era ristretta in se stessa e tremava.

«No, lasciami. . . »

Mugolò portandosi una mano tra di capelli.

Stava avendo un incubo.

La strinsi al mio petto, nella speranza di calmarla. Strinse la mia t-shirt nel pugno; mentre continuava a lamentarsi.
Era sudata, tanto che i capelli le se appiccicarono sulle guance; glieli scansai e le accarezzai la testa.

Mi ricordai del discorso che avevamo affrontato in camera mia.

'E la causa di tutti i miei incubi'

  Quelle parole mi rimbombavano in testa in questo momento.

«Che ti ha fatto? . . .»

Chiesi, anche sapendo che non poteva sentirmi.
Alzò la testa, posando il suo naso poco sotto alle mie labbra.
Era perfetto, il suo viso lo era.

Le labbra carnose e piene erano semiaperte e non feci a meno di notare quel piccolo neo; che le dava una certa maturità. La curva del naso era perfettamente liscia e andava all'insù.
Ci lasciai un dolce bacio al di sopra della punta; beandomi della sua pelle liscia e profumata.
Mi allontanai e ripresi a descriverla per l'ennesima volta nella mia testa, senza mai stancarmi.

Le ciglia lunghe erano intersecate tra di loro, e le sfioravano appena le gote.
Le sopracciglia leggermente arcuate, ora erano rilassate.

Spostai lo sguardo sul cellulare, che segnava le 04:34.
Mi spostai su un fianco, anche lei si lo fece, dandomi le spalle.
Con il braccio le circondai la vita e lei si strinse automaticamente a me.
Il suo sedere coperto solo da un paio di pantaloncini, urtò contro il mio bacino.
Trattenni il respiro a quel contatto netto.
Cercai di non pensarci e richiusi gli occhi, beandomi del profumo dei suoi capelli, sparpagliati sul cuscino.
___

Provai a muovermi, ma ero bloccato da qualcosa. Aprii lentamente gli occhi e vidi il suo corpo, in gran parte sul mio.
La guancia era appoggiata sul mio petto; aveva la gamba appoggiata sulle mie e con il braccio sinistro mi teneva intrappolato.

Le lenzuola a forza di girarsi e rigirarsi, non la coprivano più.
La canotta le si era alzata, coprendole solo il seno, ma neanche, perché la scollatura era scesa scoprendo una piccola parte del reggiseno in pizzo nero.
Per quanto riguarda i pantaloncini, essendo mattina, il sole che perforava le finestre, la illuminarono tutta, rivelandole l'intimo anch'esso nero da sotto i pantaloncini dal tessuto sottile.

La giornata si presenta piuttosto positiva.

Cercai comunque di essere ragionevole, così allungai la mano afferrando le lenzuola, e la coprii; le se le racchiuse nel pugno serrato.

«Grazie... »

Mugolò, stringendosi ancora una volta a me.
Ripensai al discorso che avevamo fatto prima di finire così.
Era una ragazza molto empatica; e sembrava veramente di aver preso a cuore la piccola Ivy.

Ieri, in piscina, le se poteva benissimo leggere il terrore negli occhi, quando la piccola era caduta.

E notai anche la difficoltà che aveva fatto nel risalire a galla, soprattutto con una bambina spaventata che scalciava.

Con le dita, le districai i capelli, ed essi, si avvolgevano attorno ai miei anelli massicci.

Poi mi accigliai, quando sulla guancia intravidi una piccola cicatrice, leggermente rialzata.
Con i polpastrelli, gliela sfiorai e lei sembrò ritrassi al mio tocco.

Il principio di tuttoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora