☩ SEI ☩

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☩ D E S P E R A D O - APOCALISSE ☩VIChi ti credi di essere?

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☩ D E S P E R A D O - APOCALISSE ☩
VI
Chi ti credi di essere?

Trevor se ne sta fuori dal Dawn, nel retro, a prendere aria

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Trevor se ne sta fuori dal Dawn, nel retro, a prendere aria. Tutta quella gente lo fa soffocare un po', e dovrebbe esserci abituato, dato che sul ring ha praticamente il fiato di un altro uomo contro il suo. Ormai è un anno che non è più così. Si massaggia il cerotto sul naso, pensieroso, e picchietta il tacco sull'asfalto, le mani infilate nelle tasche dei pantaloni larghi, il corpo che trema appena per il freddo – la resistenza al dolore è qualcosa che porta via la sensazione del dolore stesso – la mente che lavora, che pensa alla prossima corsa da fare, agli allenamenti che lo attenderanno quei mesi. Ai suoi nuovi incontri. Non dovrebbe pensarci in questo momento, in fondo è lì per divertirsi, giusto? Ma che divertimento c'è ormai, ora che l'esibizione è finita, ora che sa che quegli uomini e quelle donne sono rinchiusi in stanze ad assecondare il piacere di qualcuno che porta loro quello di cui hanno più bisogno, per cui devono pagare così tanto.

Quella ragazza poi. Quel caschetto nero, al centro del palco, ha quasi paura non sia nemmeno matura nell'età. Eppure, nessuno riusciva a staccare gli occhi da lei: li ha visti, uno per uno, quanto si sarebbero mandati in rovina per avere anche solo una sola notte con quel corpo liscio e allenato che riusciva a conquistare tutti con i suoi movimenti, il sorrisetto divertito, gli occhi azzurri attenti, curiosi. Scuote la testa, toccandosi di nuovo il cerotto: sono venuto qui solo per divertirmi, ed ecco che penso cose stupide da solo. Terence aveva avuto davvero un ottimo appeal per convincerlo a fare qualcosa di simile. Si poggia contro il muro del locale, i pendenti alle sue orecchie sussultano appena a quel movimento, non riescono a brillare abbastanza: la notte a Desperado fa paura perché le stelle nemmeno le contempla nel suo cielo. Il silenzio però, in quel momento, quasi lo consola: sentire la musica rimbombare, chiusa dietro di sé, impossibile da raggiungere, sentire le urla delle persone attutite, tutto in quel momento sembra aiutarlo a ritornare a sé stesso. Sorride amaro, quasi si sente in dovere di ringraziare quella città, senza nemmeno conoscerla, per avergli fatto recuperare un po' di sé.

E se tu, solo per un attimo, un istante

-Ecco dov'eri. – una donna gli parla, e lui non può fare a meno di voltarsi a sinistra, verso la strada che riporta l'entrata a cercare l'origine di quella voce. E nemmeno può crederci quando la vede proprio davanti a lui: corpo piccolo e allenato, appena lucido dal sudore per l'esibizione, i tacchi vertiginosi, una vestaglia a coprirle il corpo ancora vestito dal semplice intimo nero. Occhi azzurri incastonati in quelle pupille di taglio normale e caschetto nero, fronte coperta dalla frangetta liscia, guance lisce, un volto asciutto e longilineo, il collo a sostenerlo e che si congiunge alle clavicole visibili e alle spalle larghe - il ghigno di scherno che le attraversa le labbra appena riempite nella forma dal rossetto di un rosso tenue e accentuato è solo completamento di quel volto così riconoscibile in mezzo a tutte quelle persone; regge tra l'indice e il medio della mano destra una sigaretta, il fumo si libra lento in una linea elegante e silenziosa, fino a disperdersi nell'aria di Desperado, rendendo l'immagine di quella donna eterna e immutabile. Sembra l'attrice di un film, la bellezza rara che tutti cercano di conquistare: la stella meravigliosa di uno spettacolo senza fine, quasi impossibile notare i difetti che caratterizzano il suo viso, o il suo corpo.

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