☩ DUE ☩

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☩ D E S P E R A D O - CITTÀ D'OMBRE ☩IISai già dov'è il Risque

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☩ D E S P E R A D O - CITTÀ D'OMBRE ☩
II
Sai già dov'è il Risque

Riabituarsi al luogo in cui si è sempre vissuto è come infilare la stessa spada, logora e arrugginita, nella stessa vecchia piaga, ancora aperta nonostante i punti di sutura

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Riabituarsi al luogo in cui si è sempre vissuto è come infilare la stessa spada, logora e arrugginita, nella stessa vecchia piaga, ancora aperta nonostante i punti di sutura. È proprio quello che prova Trevor Ward: si aggrappa allo splendore e alla presenza di Sylvia per non sentirsi impazzire. Ha camminato di nuovo lungo il Delaware, i ponti; è passato a guardare la palestra in cui si è allenato per dieci anni, è tornato nelle arene o negli spazi aperti in cui ha gareggiato; sono fotografie distanti e sfocate di un passato che non sente suo.

È tutto così vuoto.
E non riesce a non pensare al fatto che abbia perso tutto significato ai suoi occhi: pensava, una volta tornato, che gli sarebbe presa una certa nostalgia, di quelle nostalgie che si provano solo quando si ritorna in posti che hanno sempre fatto parte della crescita di un individuo. E invece Trevor, a guardare quei paesaggi pieni di smog, a sentire le sirene della polizia, a stare per momenti interminabili seduto sull'erba a guardare le foglie verdi degli alberi, si sente di nuovo imprigionato in qualcosa che non gli appartiene: si sente ancora ancorato a un ricordo sgradevole, da cui non riesce a sfuggire. Sylvia ha inteso il suo dolore e il suo disagio senza nemmeno bisogno di chiederglielo: si sente ancora molto legata a lui, ancora apprensiva nei confronti di quell'uomo tanto gentile ma anche tanto distaccato dalla realtà che lo circonda. Potrebbe giurare di averlo visto più volte con lo sguardo perso verso il vuoto, a pensare a qualcosa di indefinibile, e altrettante volte potrebbe dire che i discorsi di lei gli abbiano fatto storcere involontariamente la bocca. Trevor Ward è cambiato, ancora più di come Sylvia lo ricordava: sembra essere tornato di nuovo sul ring, a fare quella cosa pericolosa – ma su quei pensieri non può sostare troppo, altrimenti si ritroverebbe per terra priva di sensi. Allora cerca di stargli vicino come meglio può, lo riempie di carezze, cerca di ascoltarlo come meglio può, di stringerlo a lei, di assicurargli che all'inizio ci si sente sempre un po' spaesati, ma dopo ogni cosa riacquista il senso che le appartiene.

Quel giorno, ormai dieci giorni dopo il ritorno di Trevor, stanno in casa dopo pranzo: Trevor ha finito di lavare i piatti e Sylvia ha insistito per asciugarli; ora lui è seduto al tavolo della cucina piccola e rustica della donna, che si volta sorridente mentre asciuga la pentola, cercando di intavolare una conversazione sulle curiosità che più le preme sapere.
-Allora, non mi hai ancora detto dove sei stato! – Trevor a quella domanda si irrigidisce, guardandosi attorno. Poi alza le spalle, spaesato.
-Ho guidato.
-Hai solo guidato? Dai non ci credo, non puoi guidare ininterrottamente per sei mesi. – lo prende in giro, ridendo.
-Non so; sono sicuro di aver dormito in un motel.
-E dov'era?
-Io non... non ne ho la minima idea. – mormora lui, in difficoltà. Sylvia lo guarda, ora più apprensiva, mentre poggia la pentola sul piano della cucina.
-Trevor, tutto okay? È per caso successo qualcosa di grave? – è sempre stata sicura che Trevor non abbia sofferto di vuoti di memoria. Lui si gratta il cerotto sul naso, a disagio.
-No, non credo. Sono tutto intero. – si tocca anche l'addome e le gambe, a volersi rassicurare di ciò che dice.
-Be', c'è da dire che è strano: non ricordare dove sei stato è un po' insolito.
-Lo riconosco anch'io.
-Hai per caso... fatto uso di sostanze, in questi mesi? – domanda allora lei, cauta. Lui alza subito lo sguardo, sorpreso.
-Eh? No, non posso fare uso di sostanze, lo sai bene; non posso farlo al mio corpo. Ci ho messo tanto a...- nemmeno finisce la frase, ancora confuso da quelle domande.

𝐃𝐄𝐒𝐏𝐄𝐑𝐀𝐃𝐎Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora