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☩ D E S P E R A D O - APOCALISSE ☩ VIII La disciplina della Morte
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L'alba, a Desperado, ha qualcosa che non ricorda il mondo così com'è. Si scorge a malapena, in mezzo a quelle nuvole che rendono solo più pesante e irreale l'altezza di quei grattacieli, è l'avvento di qualcosa che sembra esser stato sepolto e dimenticato per sempre – l'avvento del sole, lì a Desperado, non pare essere il benvenuto, non quando si fa soffocare dalle nuvole imponenti. E questo cambia l'aria, i pensieri, le aspettative, tutto quello che ci si costruisce per vivere: il canto degli uccellini al mattino è appena percettibile, e la rugiada sui prati è solo un'ombra cupa sulle foglie che va adagiandosi e assorbendosi in quel luogo; solo una leggera brezza smorza appena quei luoghi, ma non fa erodere in modo alcuno quelle statue alte e imponenti, la pietra grezza e grigia del cimitero – all'alba Desperado è davvero una città fantasma. Nessun negozio è aperto, e chi si sveglia presto per preparare da mangiare o andare in fabbrica svanisce con le prime luci dell'alba, si dilegua al sicuro, come se scappasse da una fine certa, dalla luce, da sé stesso. Sono anime oscure incomprensibili e intoccabili, scivolano lungo lo sguardo senza che ci si accorga della loro venuta – come accade al sole.
E mentre quel caschetto nero è ormai sul letto sfinita da quella notte terribile, qualcuno per la prima volta rende diverso il paesaggio spiritualmente silenzioso per il sorgere del sole: quella figura ha dei pantaloncini e delle scarpe da ginnastica, la maglia stretta attorno al corpo sudato, il respiro affannato e il sudore che gli gocciola lungo la pelle calda e i muscoli tesi dalla corsa. I suoi tocchi veloci col terreno sono attutiti da quell'alba così insolita, ma a Trevor non interessa nemmeno questo: calcola bene i respiri da dare, riflette geometricamente nella sua mente i movimenti del suo corpo, e dopo un po' tutto acquista la meccanicità del suo fisico allenato: le cosce si tendono, i piedi vanno in avanti, le braccia si muovono alternate alle sue gambe e il suo torace conserva i respiri che gli servono per continuare a spingere, quanto può, più veloce che può. I ciuffetti di capelli sudati li tira indietro mentre prosegue a correre, mentre sente l'aria di quell'alba pesante sulle sue spalle, mentre non gli interessa, ancora di nuovo e continua a correre, più veloce che può. Le cuffie nelle orecchie e il corpo ormai allo stremo, Trevor lo spinge ancora, più forte che può.