☩ TRENTASETTE ☩

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☩ D E S P E R A D O - CITTÀ D'OMBRE ☩XXXVIIDove non sembra esserci speranza

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☩ D E S P E R A D O - CITTÀ D'OMBRE 
XXXVII
Dove non sembra esserci speranza


Torna a casa all'alba, e appena apre la porta bianca i sensi lo lasciano, riverso com'è sul pavimento

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Torna a casa all'alba, e appena apre la porta bianca i sensi lo lasciano, riverso com'è sul pavimento. Michelle e Terence, seduti sulle scale ad aspettarlo lo rincorrono fino a chiamare il suo nome, per poi aiutarlo. Lo rialzano, gli tolgono i vestiti fradici di pioggia e lo mettono sotto le coperte: controllano la temperatura, ha ancora sulle mani la testimonianza di quella morte che ha fatto sentir mancare entrambi i giovani; non si perdono d'animo, gli puliscono il viso, si assicurano che la casa sia calda, che i brividi si calmino, che i sensi si quietino.

-Prepara qualcosa di caldo, in caso si svegli. – raccomanda Michelle, e il suo amico esegue subito, tornando in cucina, lei che provvede a mettergli un panno umido sulla fronte, preoccupata.

-Se mi fai prendere un altro spavento del genere giuro ti ammazzo. – sussurra lei, seduta sul letto, accanto al corpo del pugile. Si guarda attorno, è ancora come l'hanno lasciata una settimana fa: lo specchio del comò coperto, il comodino chiuso, la mensola ricoperta di libri, il borsone con i pantaloncini puliti e i guantoni neri sulla poltrona accanto al comò, la cesta di panni sporchi che si è riempita di poco. Torna con lo sguardo al pugile, mordendosi l'interno delle labbra: prova un dolore che le attraversa lo stomaco in una lama; Trevor è tutto quello a cui nessuno era pronto. È rientrato a Desperado, con un potere immenso sulla sua Ombra, e appena l'ha persa lo stava accettando, e alla fine è tutto degenerato, e ora l'ha uccisa, e se ci ripensa le sale un conato di vomito. Sa già che per Trevor sarà un omicidio, di un grado ancor più superiore, ancor più devastante: ma ciò che ha fatto non ha una vera definizione a Desperado, dove il riflesso marcio del mondo è distorto dal mondo stesso, dai suoi concetti. Un brivido le sale lungo la schiena: le ricorda quella superficie gelida come i suoi bagni, quelle mani, il pigiare dei tasti dei computer, quelle parole

Tu sei una

P e c c a t r i c e

-Ecco qui. – Terence la distrae da quel pensiero, poggia una tisana calda sul comodino, guardandola timido.
-Non si sveglia ancora? – lei scuote la testa, silenziosa. Quello si siede accanto a lei, guardando Trevor; sospira sconsolato.
-Questa non ci voleva.
-È incredibile sia tornato a casa con le sue gambe. – mormora Michelle, ancora sconvolta nel profondo da ciò che è accaduto quella notte. -Non solo ha ammazzato una parte di sé stesso, è pure tornato a casa con le sue gambe. Chissà dov'è stato tutta la notte a macinare il dolore e la negazione.
-Ora che si fa? – quella si volta a guardarlo, e per una volta i suoi occhi rivelano più parole di quelle che ammette.
-Io... non lo so. – Terence la guarda, preoccupato: di solito Michelle sa sempre cosa fare, come rimediare, la toppa da mettere al guaio; ma vederla così disperata, senza vie di fughe, lo butta nello sconforto.
-E, e quelle perdite di prima? Perché hai ancora perdite? – quella abbassa lo sguardo, vergognosa.
-Non lo so. – sussurra; Terence sospira solo, alzando lo sguardo al soffitto.
-Se non aveste combinato casini, si direbbe proprio che tu e Trevor vi siete trovati: due peccatori così strani non capitano così spesso in questa città. – quella sorride, amara, per poi cambiare lato del panno alla fronte dell'uomo ancora privo di sensi.
-Abbiamo sicuramente un rapporto più difficile con la nostra perdita. Forse è questo che ci rende così simili, che ci fa sentire così... umani. Ancora capaci di ribellarci, o di non accettare e comunque di affrontare ciò che arriva. – Terence le sorride, intenerito dal rivedere quel lato umano che Michelle sembrava ormai aver perso da tanto.

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