☩ VENTINOVE ☩

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☩ D E S P E R A D O - CITTÀ D'OMBRE  ☩XXIXL'ora delle verità

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☩ D E S P E R A D O - CITTÀ D'OMBRE  
XXIX
L'ora delle verità

Trevor cerca più volte di opporsi agli spintoni dei due che lo portano fuori dall'Arena: Desperado fuori è vuota, solo qualche macchina nera parcheggiata attorno al grande edificio, a sorvegliarlo

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Trevor cerca più volte di opporsi agli spintoni dei due che lo portano fuori dall'Arena: Desperado fuori è vuota, solo qualche macchina nera parcheggiata attorno al grande edificio, a sorvegliarlo. I due portano il pugile il più lontano possibile, ma quello si ferma: per la prima volta Michelle vede una furia profonda infiammargli gli occhi neri, e si ferma a guardarlo, statuaria. Quello stringe i ciuffi di capelli tra le dita, trattenendo un urlo di frustrazione, per poi indicare l'Arena.

-Non muoverò un passo di qui, finché non mi dite cos'era quella cosa. – li avvisa, sotto il silenzio religioso del giovane e della donna che lo guardano.
-Trevor... - inizia Terence, in difficoltà.
-Trevor un cazzo!
-Inizia a calmare i toni, Ward, già mi viene il vomito a guardarti, non peggiorare la situazione. – si lamenta la donna, alzando gli occhi al cielo e frugando nella borsetta per cercare le sigarette.
-Ah, adesso dovrei calmare i toni?! C'era letteralmente un mio sosia sul ring, e a quanto pare non me lo sono inventato io, e tu mi chiedi di stare calmo?! – urla lui, esasperato. -Cosa cazzo era quella cosa?! Sono tre mesi ormai che vedo sosia ovunque: prima Nixon, poi Judas, poi Frank! Frank, cazzo, me lo stavo quasi dimenticando, e me lo trovo a fare il cassiere in un cazzo di supermercato! Frank dell'Apocalypse?! Un cassiere?! – scoppia in una risatina disperata, spalancando gli occhi, sotto il rossore di Terence per la vergogna e la paura, e la calma glaciale di Michelle. -Oddio, voi siete pazzi (inizia a scuotere la testa, inorridito e sconcertato, gli occhi neri sgranati, il sorrisetto confuso, le lacrime agli occhi), voi siete tutti pazzi, dal primo all'ultimo... e io lo sono anche più di voi a non essermi accorto di niente in tutti questi mesi. – Sospira, in preda alla velocità priva di fiato in cui ha parlato, gli altri due che restano in silenzio.

-Cazzo, parlate! Perché ha il mio nome?! Perché è uguale a me?! Volete dirmi qualche cazzo di cosa prima che perda del tutto il senno?! – Terence cerca di rabbonirlo, portando le mani in avanti, a calmarlo, mentre Michelle si massaggia le tempie, infastidita.
-Se perdere il senno smettesse di farti strillare come un'oca, pagherei adesso perché tu lo perdessi. – commenta, acida.
-Ah giusto, dimenticavo. – Trevor fa da parte Terence, volgendosi a Michelle. -Tu sei il più grande problema in tutta questa storia del cazzo.
-Io? Ora che avrei fatto?
-Sei cambiata nel giro di un mese!
-Sono sempre stata così, sei tu che non hai saputo capirmi abbastanza; si è visto infatti, non hai perso tempo a tornare dalla tua ex dopo che te l'ho data. – sbotta, digrignando i denti, odiandosi per ritirare fuori quel discorso. -Tu sei il problema, Trevor. Smettila di addossare le colpe a chiunque ti circondi, okay? Smettila di piagnucolare, non sei l'unico che ha avuto una vita difficile, o una famiglia difficile, o delle amicizie inutili. Il problema qui sei tu, che hai deciso di tua spontanea volontà di tornare in questo posto del cazzo, dopo che tutti noi ti avevamo ripetuto allo sfinimento che fosse un posto del cazzo (gli puntella l'indice sul petto, a sillabare ogni parola che dice, furente); quindi smettila di frignare, di chiedere spiegazioni, di dire agli altri che sono dei problemi quando il problema qui sei tu che sei un disadattato sociale del cazzo. Cosa c'è? Questo il tuo vecchio allenatore non ha mai saputo dirtelo? Filadelfia non ti piaceva perché la gente non ti diceva in faccia le cose come stavano, vero? Tu preferisci che qualcuno ti distrugga allo sfinimento e abusi di te verbalmente e fisicamente, perché preferisci qualunque dolore all'indifferenza. – si ritrae, sdegnosa guarda Trevor e le fa male vederlo che ormai trattiene a stento le lacrime, che gli scendono silenziose sul viso: ha perso il conto di quante volte gli abbia fatto a brandelli il cuore, e pensa ormai non glielo perdonerà più. Terence ha provato più volte a fermare il discorso, ma la voce di Michelle conservava la rabbia di secoli e la determinazione a non farsi zittire, che gli ha privato qualunque successo.

-Cristo, tu hai mai provato un briciolo di empatia per qualcuno in vita tua? – le domanda in un sussurro il pugile, piegato al pianto. E quella sorride, pensandoci su.
-Forse qualcuno, a occhio e croce; non la spreco di certo per te.
-Basta voi due, cazzo! – si interpone Terence, che dopo quelle parole di Michelle si sente male anche per Trevor.
-Trevor, senti, dobbiamo andarcene via di qui, il prima possibile. – si volge a lui, che guarda nel vuoto, le guance rigate di lacrime, silenzioso.
-Perché? – domanda in un lamento. -Almeno ditemi il perché.
-Perché devi tornare a casa. – impone Michelle, infilandosi di nuovo nel discorso. -È l'ultima volta che te lo dico.
-Io voglio un motivo serio, cazzo.
-Facciamo che te lo spiego mentre ti riaccompagno a casa? – domanda Terence, sempre più spaventato che qualcuno dei grattacieli li raggiunga.

-Perché hai perso la tua Ombra.
Le parole di Michelle, dure e crude, violente e spietate, raggelano Terence e disorientano Trevor. Quella pressa le labbra, un brivido freddo le attraversa tutta la spina dorsale, e in un attimo ricorda di nuovo tutto quello che ha dovuto passare. Tutte le parole di suo padre, tutti gli sguardi addosso, una consapevolezza troppo grande per un essere piccolo come lei.

È un disastro, è un disastro, è un disastro, c'è troppa componente di perdita nel sangue, sei una peccatrice

Come noi

Michelle è sempre stata certa che i due discorsi più difficili che si fanno ad un bambino riguardino la morte e il proprio peccato nell'essere vivi. Sentirsi spiegare che ad un certo punto della sua vita avrebbe perso una parte di sé stessa, e si sarebbe sentita scissa fino alla morte, quelle sono delle parole che le affondano nella carne ogni giorno, un peccato che non è mai riuscita a lavarsi via di dosso con tutte le vasche gelide che ha fatto. Il problema di un discorso come la morte e la perdita? Che a qualunque età spezzerà in due, che non si sarà mai disposti ad accettare nulla delle due cose. Trevor le si avvicina, sgomento, finge di non aver capito le parole chiare che le sono uscite dalle labbra.

-Cosa hai detto?
-Che hai perso la tua Ombra, Trevor. Quella sul ring è la tua Ombra. – lei lo guarda negli occhi, ha una sincerità crudele negli occhi, ma necessaria: la sincerità crudele che traspare dagli occhi di un genitore quando arriva il momento di aprire gli occhi ad un figlio, la sincerità crudele che traspare negli occhi di Amore quando arriva il momento di lasciare lo spazio alla Morte. Trevor la guarda, senza parole: si guarda attorno, è convinto, certo sia tutto un sogno, che si sveglierà da un momento all'altro, e tutte le parole che sta ascoltando siano solo fittizie, costruzioni della sua mente.
-Ma cosa dici, Michelle? – mormora, cercando di sorridere. -Non, non è possibile questa cosa... queste cose non esistono. – lei si bagna le labbra, sospirando.
-Esiste, qui a Desperado, Trevor. Ecco cosa ti abbiamo nascosto tutti, per tutti questi mesi: i sosia sono delle Ombre. Quella è la tua Ombra. – il pugile fa un passo indietro: quella rivelazione lo colpisce come un pugno, forte e senza alcun ripensamento. Michelle lo guarda, seria, una malinconia amara negli occhi azzurri. Un temporale si avverte, già in lontananza, coi suoi tuoni, e Terence ha la bocca secca.
-Mi dispiace, Trevor. – sussurra Michelle. -Non saresti dovuto tornare qui, potevi ancora salvarti.
-Questa, questa cosa non è vera, - mormora lui, scuotendo la testa a più riprese, -non è vera. Non è possibile, non è dimostrabile scientificamente, empiricamente, non ha basi, non ha... - il respiro inizia a mancargli, sente un peso a opprimergli la gola e il petto, sente le gambe cedere e ha la sensazione di star per morire: il panico lo strozza con forza, si afferra la testa tra le mani.
-Scordati giustificazioni scientifiche per questa cosa, - lo redarguisce la donna, -è così e basta, non ha altre spiegazioni.
-Trevor, andiamo a casa, lì potremmo spiegarti meglio.
-Quella non è la mia ombra, cosa significa poi? – domanda, ridendo di nuovo, disperato. -Non significa niente, io ho ancora la mia ombra, un'ombra è solo una proiezione del mio corpo, è dove la luce si annulla, non è nient'altro, io... - corre sotto ad un lampione, ma voltatosi a guardare, resta senza parole: ai suoi piedi resta solo una sagoma quasi trasparente, che nulla conserva del nero della sua ombra. Terence rivolge un'occhiataccia alla giovane, che nemmeno bada a lui: sta solo pensando che alla fine Desperado lo ha sempre saputo, che sarebbe stata lei a dirglielo. Trevor guarda il posto prima occupato dalla sua ombra, confuso, per poi alzare lo sguardo e rivolgerlo a Terence, che scuote la testa, in difficoltà.

-Andiamo a casa, per favore, qui non possiamo dirti niente, se ci scoprono è un problema...
-Ci scoprono? Chi? I tizi dei grattacieli? Vogliono fare degli esperimenti su di me?
-Non possiamo parlartene qui. – lo raggiunge Michelle. -Dobbiamo andare a casa tua, adesso. Non possiamo più rimandare. – Trevor a quel punto si convince: annuisce, prende le chiavi della macchina e si avviano al suo abitacolo, diretti a casa sua. 

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