☩ VENTIQUATTRO ☩

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☩ D E S P E R A D O - APOCALISSE ☩XXIVDevo dirglielo

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☩ D E S P E R A D O - APOCALISSE ☩
XXIV
Devo dirglielo

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Devo dirglielo

Continua a torturarsi con quel pensiero, cammina instancabile per la stanza, il ventre ora quiete, i pensieri che dolgono contro il capo. Sente il cranio grattare contro la carne, il cervello prudere contro l'osso, è un prurito che le dà fastidio e che non può in alcun modo calmare se non spaccandosi la testa in due. Poi alza lo sguardo al soffitto, gli occhi rivolti a quella parete bianca, le ciocche che oscillano appena, all'altezza delle scapole. Nel silenzio vuoto e sordo di quella camera, in cui il suo respiro è l'unico colpevole di un rumore assieme al battito del suo cuore, sa bene che il pensiero che medita da tanto si realizza ed è chiaro in lei.

Devo dirglielo

La conversazione avuta con Trevor, quel pomeriggio di cinque giorni fa, le ha annebbiato qualsiasi giudizio. Le parole di lui sono ancora bollenti sulla sua pelle, come lo sguardo che la trafigge: quel pugile ha in sé l'innata capacità di essere profondamente sbagliato, cosciente di cosa può essere, cosciente di essere un ottimo ingranaggio in quel mondo di bugie e di sacrifici. E i giorni passati lontano da lui, per recuperarsi, per cercare di non dargli un'importanza evidente, per non vederlo annullarsi per quel lavoro che tanto ama e per cui potrebbe arrivare a perderla, non le hanno dato tregua. E ora più che mai sente il bisogno impellente grattare contro il cranio, urlarle disperato

Devo dirglielo

Sì: deve dirgli tutto. Deve andare contro quel sentore, la sensazione che Desperado abbia il suo tempo, che nulla è programmato nel caos ma si stabilisce in un ordine universale; deve mettersi addosso i primi vestiti puliti, i tacchi, sistemarsi quella faccia che ogni giorno vorrebbe strapparsi, quei capelli, deve dare a Michelle la forma, e poi dirgli tutto. Spiegargli che magari è ancora in tempo, che se lo desidera abbastanza può ancora fuggire, che dovrà pur esserci un pretesto nella sua di trama, dato che in quella di lei forse non è mai esistito, lei che quella vita se l'è messa indosso come uno dei vestiti migliori per camminarci ogni giorno. Che se salirà su quel ring, potrebbe rovesciarsi il mondo intero, e tutta la vita che ha avuto fino a quel momento potrebbe crollare, come crolla lei ogni giorno di più. Sente la gola grattare per un conato di vomito a ripensare al nero sui suoi assorbenti, mischiato al rosso del suo sangue, ai coaguli, immersi nell'oblio, sul roseo di quella carta. Le perdite non sono così evidenti e non si presentano così spesso, ma più passa il tempo più Michelle ha paura, paura questa follia non possa finire mai per lei, lei che con la vita ha sempre avuto difficoltà, anche solo nel capirla, accoglierla, salvarsela. Allora stringe i denti, si dice che non può importarle un cazzo di quel pugile alto, che pensa di sapere tutto, saccente com'è, che sembra sempre così preoccupato per lei, lei che s'è forgiata nel fuoco della solitudine e nella forza della sua indipendenza; uscirà di casa, andrà diretta in palestra o a cercarlo e poi gli svuoterà tutti i segreti di quella città. Lo vedrà ridursi in polvere davanti ai suoi occhi, e non le importerà più nulla di un uomo che conosce a malapena da un mese e mezzo, un uomo che non dovrebbe avere nulla a che fare con una donna come lei. E allora si veste di fretta, si sistema il volto, toglie il rivolo nero uscito dalla bocca, sistema la frangia sulla fronte e gli occhi azzurri risplendono nello specchio davanti a lei.

Ma prima che la forza del suo essere indomito e impulsivo la portino a rovinare i piani, quella città fa crollare una tempesta: veloce, reattiva, i lampi squarciano il cielo cupo e annerito, i tuoni fanno tremare i vetri delle case che vanno sbattendo per il vento che va agitandosi, che vanno sbattendo per le persone che le chiudono di fretta e furia, la pioggia scroscia incontrollabile e violenta, abbattendosi con forza sulle strade asfaltate della città, sui balconi, sulle finestre - dietro le spalle di Michelle che, all'odore metallico della pioggia e al rimbombare di quel tuono, fa schiantare le chiavi sul pavimento. Si volta, occhi sbarrati e bocca schiusa dal terrore per quella consapevolezza: Desperado sta facendo venir giù l'ira dell'Apocalisse.

-Ehi, dove stavi andando? Hai visto che tempaccio? Fortuna che sono appena tornata dalla spesa! - Judith chiude la porta di casa dietro di sé, inzuppata fino ai capelli, scuotendo la testa, divertita dagli imprevisti del luogo. Si volta poi a guardare Michelle, che se ne sta con lo sguardo alla finestra, pietrificata.
-Tutto bene? Dove avevi intenzione di andare? - è una voce che si allontana, mentre va a posare la spesa sul tavolo per sistemarla. La donna davanti quella finestra che ospita lo spettacolo di quella tempesta violenta, deglutisce appena, ricordandosi di respirare.

-Da, da nessuna parte. - mormora, un brivido a gelarle le braccia: torna in camera,cosciente di aver provato a sfidare la città senz'anima, e averne ottenuto uno degli avvertimenti più distruttivi.

𝐃𝐄𝐒𝐏𝐄𝐑𝐀𝐃𝐎Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora