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☩ D E S P E R A D O - CITTÀ D'OMBRE☩ XL
La confessione e la Rivelazione
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Il primo grattacielo si erge nel cielo di quel pomeriggio, perdendosi nelle nuvole: i vetri opachi nascondono tutto ciò che vi è al suo interno, le luci spente non lo illuminano a sera, in mezzo a quel buio. Trevor ha un tremito che gli investe il corpo a guardare quella costruzione, e Michelle gli sta accanto, sicura e fiera come sempre. Lui abbassa lo sguardo, dirigendolo a lei, che annuisce, a dargli coraggio, e quello ripete il gesto, per poi entrare con lei. Danno il loro nome al banco di benvenuto, chiedono di Pamela Catcher, il segretario li rassicura che verranno ricevuti presto. E il momento arriva. Pamela scende dall'ascensore, accogliendo i due, confusa.
-Signor Ward, Michelle, cosa posso fare? – domanda, per poi sorridere professionale a Trevor, -non ho avuto il tempo di complimentarmi per la vittoria, Signor Ward. -Grazie. Avrei bisogno di parlarle. – Michelle annuisce, e Pamela ammutolisce soltanto, notando lo sguardo stanco della giovane coppia, e facendo loro segno di seguirla. Entrano nel grattacielo, diretti al primo piano, e una volta arrivati si dirigono all'Ufficio "Anagrafica e Informazioni". Trevor guarda titubante la porta, sotto lo sguardo attento dell'impiegata. Lui si volta a guardare Michelle. -Penso di doverlo fare da solo. – mormora. E lei annuisce solo, capendo. -Ti aspetto sul tetto. – lui la guarda sparire di nuovo dietro l'ascensore, e si sente di nuovo solo. Perso. Ma non può continuare ad avere paura, non in quel mondo: è tempo della rivelazione. Si siede nell'ufficio, lo accoglie un uomo basso e tozzo, dalla testa rada e le rughe sul volto bianco, la camicia perfettamente stirata come il resto del completo, gli stringe la mano, presentandosi. Fa accomodare Trevor, e i due ora lo guardano, curiosi.
-Piacere, signor Ward: sono Jerry Shields. Ci dica pure: la ascoltiamo. – l'uomo si siede davanti a lui, attento ispeziona il giovane, che ha l'aria stanca, le occhiaie sul volto, il cerotto a coprirgli il naso. -So cos'è Desperado. So cosa succede in questa città. E mi è successo. – i due impiegati si guardano, sbarrando per un secondo gli occhi, intendendosi. L'uomo prende subito nota in una cartelletta lilla, mettendosi gli occhiali piccoli. -Bene. Le è stato già spiegato cosa siano le Ombre, l'individuo originale, il peccato e l'Apocalisse? -Tutto. – Pamela bisbiglia qualcosa nell'orecchio del suo superiore, concede un'occhiata a Trevor, e quello annuisce dopo aver ascoltato. -Capisco. Ha bisogno di supporto psicologico? Possiamo indirizzarla al secondo grattacielo per- -No! – esclama il giovane, arrossendo subito, preso dallo spavento. -No, - rettifica, più calmo, sotto lo sguardo curioso dei due. -Sono venuto qui a costituirmi. -Costituirsi? – domandano i due, sconvolti, e il giovane annuisce solo, torturandosi le mani. -Ho ucciso la mia Ombra. – nell'ufficio cala un silenzio, preda dello sgomento e dell'incredulità di quella notizia. I due si guardano, impallidendo, per poi guardare Trevor; Jerry poggia gli occhiali sul tavolo, ancora più pallido in viso guarda Trevor. -Può ripetere, per favore? -Ho ucciso la mia Ombra. L'ho uccisa di botte, nel parcheggio del Dawn: non voglio giustificare il mio operato, voglio solo che sappiate che mi stava esasperando per convincermi a togliermi... la vita. – sospira infine, in difficoltà a dire quelle parole. -Ha tentato di uccidermi quando ha capito di non potermi convincere, e io, non so nemmeno spiegare come sia successo. -Che l'Evangelista ci prenda tutti. – mormora Jerry, abbandonandosi sullo schienale della sedia a rotelle dell'ufficio, dietro di lui l'ampia finestra da cui si vede la Città d'Ombre. Guarda Pamela, senza parole, per poi iniziare a pensare. -Catcher, controlli le cartellette di questi archivi, per favore. -Subito, signore. – mormora la donna, ancora sconvolta da quella confessione: si dirige ai cassetti a destra dell'ufficio che fungono da archivi: inizia a cercare nomi o informazioni rilevanti. -Trovi qualcosa del genere? – e quella scuote il capo, continuando a controllare, smaniosa. -Nulla. – Jerry sospira, annuendo: già sapeva non avrebbero trovato nulla, ma tentare è sempre meglio di restare a guardare. Trevor li guarda, timido, per poi riprendere. -Sentite, io so di aver sbagliato, e so che merito una punizione per quello che ho fatto: quindi in qualunque momento vogliate predisporre l'arresto io sono pronto, posso scontare la pena- -Arresto? – domandano i due, confusi. Pamela si riavvicina al tavolo, guardando Trevor assieme a Jerry. -Signor Ward, lei crede davvero che questo capo d'imputazione sia da trattare come un arresto? – domanda a quel punto, curioso, Jerry, e il pugile si ritrova a fare spallucce. -Nella mia visione delle cose ho ucciso un altro uomo: questa è la realtà da cui non posso fuggire. Mi spetta una punizione, una riabilitazione, e io devo scontarla e imparare da questo. – i due lo guardano, come se parlasse un'altra lingua alle loro orecchie: Pamela scuote la testa, poco convinta dal discorso, congiunge le mani sul tavolo. -Signor Ward, non, non è un concetto che si applica a questo piano di realtà, purtroppo. -Vede, - inizia Jerry, -Le Ombre non sono ritenuti dei veri e propri esseri viventi, qui a Desperado: sono un prolungamento concettuale del proprio essere, scisso a metà. A Desperado le Ombre sono definite come "entità di origine sconosciuta, distaccate dal proprio individuo originale al momento dell'Apocalisse"; legga pure, se desidera. – quello recupera un libro dalla mensola a sinistra: è lo stesso libro che il pugile aveva consultato quel giorno in biblioteca, che gli aveva ricordato un libro folkloristico e non storico, ma che ora assume senso. Arriva a quella pagina che non ha mai letto, e trova la definizione, tutti gli appunti ai margini di pagina sulle varie interpretazioni. Alza lo sguardo, diretto a Jerry.