Derek guarda l’orologio che segna un quarto alle sette e un angolo della bocca si solleva in un piccolo sorriso mentre entra nella lavanderia a gettoni per la quarta volta in due settimane.
Si era trasferito a Beacon Hills da nemmeno un mese per motivi di lavoro, ma non aveva creduto di riuscire a trovare qualcosa di interessante in così poco tempo. O forse sarebbe meglio dire qualcuno. Era arrivato nel suo nuovo loft già arredato da solo una settimana quando la sua lavatrice, che il venditore della casa gli aveva assicurato essere nuova, gli era esplosa. Si era rivolto immediatamente ad un idraulico che, appena visto l’elettrodomestico, gli aveva dato una pacca sulla spalla dicendo che non c’era più nulla da fare. Derek per poco non gli aveva staccato la mano a morsi. Aveva resistito altri cinque giorni prima di rendersi conto che non aveva più niente da mettersi. Era passato per caso davanti a quella lavanderia a gettoni e, sorpreso da quella piacevole scoperta, aveva caricato la roba sporca in due grosse borse e aveva deciso di passarci prima di andare a lavoro. Era entrato poco dopo le otto e aveva trovato dietro ad una specie di bancone un ragazzino che sembrava tutto pelle e ossa ma con un grande sorriso che sembrava illuminare il locale. Lo aveva salutato e Derek aveva risposto con un leggero cenno del capo prima di leggere le istruzioni e cominciare a mettere gli scuri nel primo cestello. Stava cercando, con scarsi risultati, di chiudere lo sportello quando il ragazzo si era avvicinato ridacchiando. «Sei troppo delicato, devi fare così» gli aveva spiegato spingendo con forza lo sportello e facendolo chiudere.
Derek aveva mormorato un piccolo “grazie” prima di caricare anche la seconda lavatrice e farla partire, poi si era seduto su una sedia e aveva cominciato a leggere un libro mentre teneva d’occhio il suo bucato, con la speranza che finisse prima che lui iniziasse il turno. Stava controllando l’ora per l’ennesima volta quando: «Se devi andare vai pure, ci penso io alle tue cose. Quando hanno finito le faccio asciugare e quando torni devi solo ritirarle» aveva proposto il ragazzo.
Derek aveva sgranato gli occhi, sorpreso per quella gentilezza. Onestamente, non si era mai fidato molto delle persone che sembravano così gentili, ma quel ragazzo sembrava essere davvero sincero, e piuttosto adorabile con quelle guancie leggermente rosse, e lui aveva davvero fretta. «Dici sul serio? Non ti creo problemi?»
«Scherzi? È il mio lavoro. Lasciami il nome che lo metto sulle borse così non mi sbaglio» aveva detto tirando fuori dei post-it e una penna.
«Oh, Derek.»
«Sei nuovo vero? Non ti ho mai visto qui.»
«In effetti, sono qui da solo un paio di settimane, e sono davvero in ritardo» aveva risposto guardando di nuovo l’orologio.
«Allora vai, io resto qua fino alle sette» aveva ribattuto il ragazzo. «E comunque mi chiamo Stiles» aveva aggiunto abbassando lo sguardo.
E sì, Derek aveva dovuto ammettere che, nonostante il nome orribile, era davvero carino.
Era tornato appena finito il turno in biblioteca e aveva trovato Stiles con lo stesso sorriso di quella mattina e le suo borse con dentro i suoi vestiti asciutti e piegati che… profumavano di caramello. Derek aveva storto il naso davanti a quel profumo ma Stiles sembrava così soddisfatto di quella premura che era stata spruzzargli sopra l’anti tarme con quella strana fragranza che Derek non era proprio riuscito a dirgli qualcosa.
Era tornato tre giorni dopo con le lenzuola e Stiles gli aveva rivolto un sorriso ancora più grande e gli era quasi inciampato incontro mentre si offriva, ancora una volta, di pensarci lui al suo bucato per non fargli perdere tempo. Derek aveva fatto un piccolissimo sorriso mentre gli passava la borsa e gli sfiorava appena le dita, facendolo arrossire. Era tornato qualche ora dopo trovandole piegate e profumate. Era tornato a casa e aveva dovuto stenderle fuori per farle perdere il profumo di caramello ma dettagli.
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