Stiles è arrivato a Metropolis da solo una settimana, e già sente che questa città gli riserverà grandi sorprese.
Era sempre stato un ragazzino vivace, logorroico, con la grande passione di cacciarsi in guai più grossi di lui. Fu questo il motivo che portò lui e Scott, il suo più grande amico, nel bosco, in una notte di luna piena. Stiles aveva intercettato una chiamata della centrale a suo padre, dove lo avvisavano dell’avvistamento di un cadavere vicino alle rovine di una vecchia villa, e il ragazzo aveva pensato bene di andare a controllare perché lui non aveva mai visto un cadavere dal vero, tantomeno tagliato in due. Così aveva convinto Scott ad accompagnarlo, o meglio, l’aveva praticamente costretto a seguirlo se non voleva averlo sulla coscienza, perché lui sarebbe andato in ogni caso e, una volta raggiunte le rovine, erano stati attaccati da una strana bestia che aveva quasi sbranato Scott, lasciandogli un vistoso morso sul fianco. Morso che aveva sanguinato per quasi un giorno intero per poi sparire nel nulla, e trasformarlo in lupo mannaro. Da quel momento le loro giovane vite erano state stravolte dal sovrannaturale. Scott riuscì a fatica, e con grande aiuto da parte di Stiles che si sentiva responsabile dell’accaduto, a controllare i suoi nuovi poteri, trovare e uccidere l’Alpha che lo aveva trasformato, e formare il suo strambo Branco.
E Stiles si era sempre sentito a suo agio tra tutti quegli esseri sovrannaturali, nonostante la sua natura umana, perché, grazie alla sua intelligenza, era riuscito a farsi trattare come un loro pari. Ma poi era stato posseduto dal Nogitsune e tutto era cambiato. Nonostante i suoi amici fossero riusciti a salvarlo e ad ucciderlo, Stiles sentiva che una piccola parte di lui risiedeva ancora dentro di sé, e la vicinanza del Nemeton non l’aiutava. Per questo aveva deciso di allontanarsi da Beacon Hills e dedicarsi a ciò che, inaspettatamente, gli aveva dato maggior conforto in quell’ultimo periodo: la scrittura.
Aveva scelto quella facoltà di giornalismo con attenzione, o meglio, si era attaccato ad internet e aveva fatto una mappa con i migliori college e tutti gli articoli con avvenimenti surreali accaduti nelle vicinanze perché ok allontanarsi dal Nemeton, ma non voleva assolutamente rinunciare completamente al sovrannaturale.
La scelta era così ricaduta sulla scuola di giornalismo di Metropolis, principalmente per i molteplici avvistamenti di un eroe con una tutina blu e un mantello rosso, che i locali chiamavano Superman, e che, nonostante nessuno fosse riuscito a fotografarlo di faccia, ma sempre e solo di schiena, aveva risvegliato particolari fantasie in Stiles, intrigandolo parecchio.
Aveva saltato per due ore quando aveva ricevuto la lettera d’ammissione, era così eccitato dall’idea di poter incontrare quell’essere così diverso da tutto quello che aveva già visto, che decise di partire due settimane prima dell’inizio delle lezioni.
Era arrivato al campus una calda mattina di metà agosto e si era immediatamente recato in segreteria per ritirare gli orari dei corsi e la chiave della sua nuova camera. La donna dietro al bancone era talmente gentile che gli ha anche dato tutte le indicazioni per raggiungere il dormitorio senza perdersi per l’enorme campus. Arrivato davanti alla porta della sua camera l’aveva aperta tutto emozionato. Si trattava di una doppia ma il suo coinquilino non era ancora arrivato. Aveva così approfittato per scegliere il letto lontano dalla finestra (odiava l’idea che una qualunque creatura potesse entrare e sorprenderlo nel sonno, almeno se la sarebbe presa prima con il suo futuro compagno di stanza, dando a lui la possibilità di salvarsi) e sistemare i vestiti nel suo armadio.
Se pensava che Metropolis fosse una città piena di possibili avventure, si dovette ricredere immediatamente. In quella settimana non era successo niente di strano, si era solo annoiato a girare tra le vie principali, alla ricerca di negozietti caratteristici. Il suo coinquilino non era ancora arrivato, come gran parte degli altri studenti, costringendolo ad un periodo di solitudine a cui non era abituato: era quasi arrivato a pentirsi di quella scelta, quasi.
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