Settantadue - Wow

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Stiles lo sapeva che quella storia non avrebbe portato nulla di buono, lo sapeva fin dal primo istante, fin da quando era stata lanciata la proposta nel collegio docenti. Ancora non sa come Lydia sia riuscito a convincerlo ad accompagnare la loro classe alla gita di cinque giorni ma sa di essersene pentito nel momento stesso in cui ha dovuto firmare tutti i fogli rendendosi davvero conto della responsabilità che si è preso. E solo il pomeriggio del primo giorno e non solo hanno rischiato di perdere due alunni nella metropolitana ma Stiles li sta contando per crede la trentesima volta. "Ci sono tutti" dice a Lydia. Si sente già sfinito.

"Prof non deve preoccuparsi all'entrata del museo ma all'uscita. Magari qualcuno si annoia e decide di scappare."

"Magari qualcuno rischia così di venire bocciato, Dave" minaccia Stiles.

"Non lo farebbe mai. Lei è un professore così giovane e comprensivo. E ci adora."

Era vero. Ma prima di quella gita. Stiles non ha la minima idea delle condizioni in cui tornerà. Non vuole nemmeno pensare a cosa i ragazzi possano aver progettato per quelle notti. Sospira invitando i suoi alunni ad entrare nel museo passando sotto al metal detector. Lydia è davanti mentre Stiles chiude la fila. Ha sempre un pò d'ansia quando passa sotto quei così, colpa della vite che ha nella spalla a causa di un incidente avuto da piccolo. Sembra sia andato tutto bene quando un poliziotto, il poliziotto più bello che Stiles abbia mai visto, gli si avvicina. "Mi scusi, può seguirmi?"

Stiles è sorpreso. "Se è per il metal detector ho una vite nella spall-"

"La prego, mi segua."

Stiles guarda Lydia che sembra un pò preoccupata. Le sorride. "Voi andate che la guida vi aspetta. Io vi raggiungo."

Stiles, seppur contro voglia, segue il poliziotto in una piccola stanzina. Gli sembra di essere entrato in un film di spionaggio e non sa davvero cosa aspettarsi. Non ha fatto nulla di vietato, nemmeno ha una bottiglietta d'acqua nella borsa quindi davvero non capisce il motivo per cui si trova lì. "Come si chiama?" gli domanda il poliziotto compilando un foglio.

Le cose non si mettono bene si trova a pensare Stiles. "Stiles Stilinski."

"Dove abita?"

"Beacon Hills."

"Cosa fa qua a New York?"

"Sono in gita con i miei alunni. Sì, lo so, sembro giovane ma le garantisco che sono il professore. Vuole vedere un documento?"

"Professore?"

"Sì, perché?"

"Dovrebbe dare il buon esempio, sa?"

Stiles è confuso. "In che senso?"

"Cos'ha in tasca?"

"In tasca? Probabilmente un fazzoletto di carta che mi sono dimenticato di togliere prima di mettere i jeans nella lavatrice."

"Svuoterebbe le tasche?"

Stiles è sempre più confuso ma esegue: sa per esperienza che rifiutarsi gli farebbe perdere solo tempo che non ha oltretutto non ha nulla da nascondere quindi perché non farlo? È quando infila una mano nella tasca posteriore che comincia a rendersi conto che le cose potrebbero complicarsi. Appoggia sul tavolino di fronte a se una bustina trasparente contenente quella che ha proprio l'aria di essere marijuana. Il poliziotto la prende indossando i guanti, la apre e la annusa. Stiles ora è davvero in panico perché non sa come giustificarsi. "Non è come sembra" prova. E davvero non lo è.

"Sentiamo che giustificazione riesce a sfornare."

Stiles sente l'ironia nella voce dell'uomo e non gli piace proprio per niente. Oltretutto non pensa che la sua storia, per quanto vera, possa essere credibile. "Posso fare una telefonata?"

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