AMBER & KEVIN - CAPITOLO EXTRA

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QUESTO NON È CAPITOLO OBBLIGATORIO, MA UN CAPITOLO BONUS PER TUTTI COLORO CHE MI HANNO CHIESTO DI SCRIVERE UN POV DI AMBER PER LEGGERE DI LEI E KEVIN.

Ovviamente non ci sono cose importanti per lo svolgimento della trama né sviluppi della storia, quindi potete tranquillamente saltarlo.

A chi va di leggerlo, invece, spero che vi piaccia🫀 è l'unica volta in cui potrete leggere unicamente di loro, perciò godetevelo (anche se non è molto lungo) 🦋

Ps. Il capitolo di Betty e Brandon sarà pubblicato stasera, ma nell'attesa potete leggere questo🖤

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La vita sarebbe tragica se non fosse divertente.

Stephen Hawking

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Amber

Per me la vita era sempre stata un gioco. Qualsiasi imprevisto mi fosse capitato, qualsiasi batosta avessi avuto, l'avevo sempre affrontata con leggerezza.

Ogni volta che il mondo tentava di buttarmi giù, io gli sorridevo e lo prendevo a calci in culo.

Era ciò che mi avevano insegnato i miei genitori, ed era ciò che avrei voluto trasmettere anche ad Elizabeth - che era ormai diventata più di una sorella per me.

Ero sempre stata convinta che se si deve stare in questo mondo una sola volta, tanto vale lasciare un segno.

Prima o poi finisce tutto, perciò... perché non vivere a mille e fare tutto ciò che si vuole?

La consapevolezza di quanto si è piccoli e insignificanti, dinanzi a un universo intero, mi aveva sempre dato la possibilità di fottermene di tutto e di vivere come se niente avesse reale peso nel mondo.

Avevo sempre giocato, puntato il tutto per tutto in qualsiasi situazione, convinta del fatto che, qualora mai avessi fallito in qualcosa, avrei comunque avuto una vita intera per rimediare.

La chiave era stata prendere la vita come una scommessa con me stessa, in cui mi obbligavo a vincere.

Nuove avventure, nuove conoscenze, nuovi iniziative. Mi sfidavo costantemente a fare qualcosa di cui avevo timore.

Ecco, perché per me la vita era un gioco.

In fondo, non sarebbe stata un'esistenza triste senza un pizzico di follia?

E fu proprio questo pensiero che sbocciò in me mentre osservavo Kevin alla guida della sua Aston Martin: la macchina che usava unicamente per le sue gare clandestine.

Quel giorno aveva fatto un'eccezione e aveva deciso di tirarla fuori per fare un giro lungo la Hwy 18 road, fuori McMinnville... con me.

Come da prassi prima di una rapina, infatti, sfrecciavamo insieme per le strade dell'Oregon State, con la musica a palla, i finestrini spalancati e il vento che ci tagliava il viso.

In quel momento avevo il viso puntato verso il castano alla mia sinistra, il quale a sua volta teneva una mano sul cambio e un'altra stretta attorno al volante, mentre continuava a correre a più di 200 Km/h, con le gambe divaricate e una gomma tra i denti.

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