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Elizabeth

Il cielo nuvoloso rifletteva accuratamente il mio umore particolarmente grigio di quella mattina.

Mentre infatti osservavo la targhetta Johnson posta sulla porta in legno davanti a me, il magone al centro del mio stomaco si faceva sempre più opprimente.

Avevo sempre detestato gli inganni, eppure quel giorno avrei dovuto necessariamente mentire, e questo mi stava facendo sentire una persona orribile.

Mi trovavo infatti davanti casa di Nathan, ma non per offrirgli una spalla su cui piangere e stargli accanto - come invece avrei dovuto - bensì per distrarlo.

Dopo che ne avevamo parlato, infatti, Brandon alla fine aveva deciso di mettere in atto la mia idea e di approfittare del mio rapporto con Nathan per riuscire a estrapolargli qualche informazione riguardo le attività illegali di suo padre, in modo da sapere se lui sapesse qualcosa delle armi che Morgan aveva rubato.

Insieme avevamo concordato un piano ben preciso: io avrei parlato cautamente con Nathan, senza destare sospetti, e nel frattempo lui avrebbe frugato nell'ufficio di suo padre per cercare qualsiasi cosa che potesse tornargli utile.

Nonostante tutti i buoni propositi, una volta lì non riuscivo a non sentirmi un'approfittatrice.

E il senso di colpa divenne ancor più opprimente nell'istante in cui la porta in legno davanti a me si aprì e un volto distrutto piombò davanti ai miei occhi.

«Betty...» Mormorò sorpreso Nathan, passandosi una mano tra i capelli disordinati.

«Ciao...» Osservai le occhiaie presenti sul suo viso, la sua espressione stanca e i suoi occhi particolarmente vuoti, e il disagio aumentò.

Non ci vedevamo dal famoso pranzo in cui suo padre era stato arrestato, e quando quella mattina me lo ritrovai davanti riuscii a immaginare quanto tutta quella situazione lo stesse distruggendo.

Sembrava non esserci rimasto nulla del ragazzo sicuro di sé, superbo e a volte anche un po' arrogante con cui avevo condiviso nove mesi della mia vita. Sembrava tutt'altra persona.
«posso entrare?» Gli Chiesi cautamente.

All'istante i suoi occhi si illuminarono. «Certo.» Si fece da parte per farmi passare, così feci un passo avanti verso l'ingresso.

Non appena rinchiuse la porta, poggiò delicatamente una mano alla base della mia schiena e mi invitò a procedere in direzione del salotto. Nell'istante in cui però la sua mano si posò su di me, pensai a Brandon e a quanto si sarebbe infuriato se solo lo avesse visto.

Scacciai però quel pensiero e mi sedetti accanto a Nathan sul divano al centro del salotto.

«Sono contento che tu sia venuta. Da quando è successo ciò che è successo, sono spariti tutti. Persino Cameron, Jeremy e Michael.» Poggiò la schiena sullo schienale e sbuffò una risata, ripensando a coloro che un tempo considerava le  tre delle persone più importanti della sua vita.

«Mi dispiace...» Gli dissi sinceramente, mentre dentro di me l'amarezza si affiancava agli innumerevoli sensi di colpa che provavo.

D'altronde, anch'io quella mattina lo avrei pugnalato alle spalle. Lo stavo usando solo per aiutare Brandon, e questo non era di certo da me.

«Avrei dovuto aspettarmelo.» Scosse la testa, prendendo amaramente atto della realtà. «Anche tua madre non ti ha fatto perdere tempo ad annunciare la nostra rottura a tutti i giornali, eh?»

Deglutii di riflesso. «Sai com'è fatta, Nathan. Per lei il giudizio delle persone conta e...»

«E tu ne hai approfittato per mettere un punto definitivo alla nostra situazione.» Quelle parole uscirono fuori con una strana scia di acidità che mi arrivò in pieno e che mi colse completamente impreparata.

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