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Spesso si incontra il proprio destino nella via che s'era presa per evitarlo.

Jean de La Fontaine

Diamine.

Ero bloccata nell'ascensore con Brandon.

Brandon.

Lo stesso ragazzo che avevo baciato in discoteca, con cui avevo discusso più volte... E con cui ogni volta mi sentivo in uno stato di profonda soggezione.

I suoi continui sbuffi e le sue assidue occhiatacce non mi aiutavano di certo a sentirmi del tutto a mio agio o tranquilla.

Non essere nervosa, mi ripetevo come un mantra. Ciò nonostante, i palmi delle mani mi formicolavano e le mie unghie non smettevano di torturare le pellicine, strappandole e concedendomi un minimo di equilibrio e pace con me stessa.

Lo scorsi con la coda dell'occhio dare una lieve capocciata alla parete a cui era poggiato, segno che fosse scocciato e infastidito da quella situazione.

Quando diavolo saremmo potuti uscire da lì?

Sfilai il cellulare dalla tasca per inviare un messaggio ad Amber e avvisarla del fatto che fossimo rimasti bloccati, tuttavia l'assenza di segnale rese vane tutte le mie speranze.

Mi avvicinai allora ai tasti dell'ascensore - per cercare la campanella e far sì che qualcuno ci aiutasse - tuttavia la voce prorompente del ragazzo di fronte a me mi fece frenare.

«Che cazzo fai?» Sussultai, colta di sorpresa dai suoi modi burberi.

Perché aveva sempre quell'incessante bisogno di aggiungere parole volgari a qualunque frase?

«Non serve essere così sgarbato. Sto semplicemente cercando di fare qualcosa, invece di starmene seduta per terra a sbuffare ogni due secondi.» Risposi indispettita, incrociando le braccia al petto.

Dovetti rassegnarmi all'idea di poter usufruire di qualche tasto d'emergenza, poiché li scorsi quasi tutti rotti e, dunque, inutilizzabili.

Non ne rimasi però molto sorpresa. Dopotutto, ero già state varie volte in quel palazzo - con mio padre - pertanto avevo in più occasioni avuto modo di appurare che si trovasse in un quartiere tutt'altro che raccomandabile, e che perciò fosse piuttosto malandato.

«La tua presenza mi innervosisce.» Rivelò d'un tratto Brandon, scoccandomi un'occhiata talmente truce che mi ritrovai a deglutire. «Il modo in cui ti muovi ogni due secondi mi fa venire i nervi.» Aggiunse, puntando poi lo sguardo sul soffitto e rendendo maggiormente visibile il pomo d'Adamo che si alzava e si abbassava.

Quindi il problema ero io?

«Sei davvero strano, tu. Il minuto prima sembri quasi una persona normale e quello dopo ti comporti come il più insopportabile sulla faccia della terra.» Ribattei infastidita, sedendomi anche io - rassegnata - sul pavimento.

Quanto era complicato.

«Se potessi evitare di aprire ogni due cazzo di secondi quella fottutissima bocca te ne sarei grato.»

Sussultai per la sua brutalità ingiustificata, ma comunque tentai di analizzare mentalmente il suo atteggiamento in modo da capire perché avesse subito quell'improvviso cambio d'umore.

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