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Se rispetti tutte le regole, ti perdi tutto il divertimento.

Katherine Hepburn

Elizabeth

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«Fatti più in là...» Una voce femminile assonnata mi arrivò dritta all'orecchio, e mi costrinse a congedare il mondo dei sogni.

Non appena mi voltai di lato, con i muscoli intorpiditi dalla stanchezza, una chioma castana mi solleticò il viso.

Quando riaprii lentamente le palpebre, vidi un'Amber stesa sul mio letto con le gambe spalancate, un braccio sulla pancia piatta scoperta, che si alzava e si abbassava, e un altro che penzolava dal bordo del materasso.

Con un cipiglio in volto, tentai di capire cosa ci facesse nella mia camera, tuttavia ci vollero pochi secondi per ricordare.

Dopo avermi beccata con Brandon, ci eravamo ritirate nella mia stanza con un pacco di patatine in mano e ci eravamo rifugiate sul mio letto come due eremite, per parlare. Mi aveva infatti richiesto - anzi ordinato - di raccontarle per filo e per segno cosa fosse successo col suo amico in spiaggia. Dopo ore e ore di conversazione su come quell'adone ammaliatore mi avesse lasciata attonita e confusa con il suo atteggiamento instabile, volubile e contorto, ci eravamo addormentate...

E adesso eccoci lì.

Con ancora il pacco di patatine finito sul letto e i vestiti della sera prima.

«Spostati...» Mugugnò infastidita la mora accanto a me.

Il secondo dopo, il suo braccio mi spinse bruscamente proprio giù dal letto, facendomi emettere un gridolino quando il mio sedere andò a sbattere sulla moquette grigia.

«Amber!» Esclamai esterrefatta, ormai del tutto sveglia.

«Mi serviva più spazio...» Mormorò, sbadigliando.

Quando mi alzai, la vidi voltarsi a pancia in giù per affondare completamente il viso nel cuscino, e mi fu impossibile non scuotere la testa divertita.

«Beh, buongiorno anche a te.» Decisi di lasciarla dormire in pace, pertanto afferrai il sacchetto di patatine vuoto e uscii dalla stanza.

Appena scesi le scale, lanciai un'occhiata al grande orologio a pendolo - posto sull'arco che dava sulla cucina - e scoprii con stupore che fossero già le dodici di mattina passate.

Ma quanto avevamo dormito?

A piedi scalzi, mi incamminai in cucina, e man mano che mi avvicinai riuscii a sentire le voci dei ragazzi sempre più nitide.

Inconsapevolmente mi sistemai i capelli, tentando di renderli il meno arruffati possibile, al pensiero che un adone di un metro e novanta potesse vedermi in condizioni come quelle.

«Buongiorno, ragazzi.» Mormorai, nel momento in cui varcai la soglia e vidi cinque teste sedute al tavolo che mangiavano.

Uno strano magone mi serrò la gola al pensiero di non avere Amber accanto a me che potesse aiutarmi a mostrarmi un minimo più socievole e spigliata.

«Buongiorno, Elizabeth.» Mi rispose Jacob.

Lucas fece un cenno con la mano, mentre con l'altra si stropicciava gli occhi, ancora assonnato. Kevin, invece, teneva la testa poggiata sul legno del tavolo e le braccia sotto di essa, come se stesse ancora dormendo.

Warren smanettava qualcosa al computer, mentre Brandon...

Lui mi lanciò un'occhiata e inclinò il collo di lato per squadrarmi da capo a piedi.

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