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«Eccoci.»

Amber parcheggiò l'auto accanto al marciapiede davanti casa mia, farfugliando cose a cui non prestai molta attenzione. Durante il tragitto non avevo proferito nemmeno una parola. Tutti i miei pensieri erano stati infatti rivolti unicamente agli eventi di quella mattina. Non ero riuscita neanche per un secondo a smettere di ripensare alla conversazione avuta nella stanza di Brandon, a Nathan, alla rissa con i ragazzi, al colpo preso alla testa, e a tutte le situazioni destabilizzanti nelle quali mi ero trovata in meno di dodici ore.

«Betty» A interrompere definitivamente il flusso dei miei pensieri però fu proprio la mia amica, che mi strattonò il braccio per catturare la mia attenzione. «Mi stai ascoltando?»

Voltai di scatto il viso verso di lei con aria spaesata, sforzandomi di fingere di sapere ciò di cui mi stava parlando, ma fallii miseramente.

«Mh, no, scusa... pensavo ad altro.»

Scrollò la testa, poggiando le mani sul volante e distogliendo per un breve istante lo sguardo. «Ti stavo chiedendo se per caso ci fosse qualcun altro, oltre alla tua famiglia, alla festa di stasera.»

Aggrottai le sopracciglia. «No, solo i miei parenti.» Risposi. «D'altronde, non avrei nessun altro da invitare, a parte te.»

Notai però dal suo atteggiamento, e dal modo incessante in cui si torturava il labbro superiore, che ci fosse qualcosa che avrebbe voluto dirmi. Dopo vari istanti di silenzio colmati dalle mie occhiate interrogative e curiose, infatti, prese un respiro e mi domandò cautamente: «E... Ti piacerebbe trascorrere la serata in modo diverso?» Sembrava quasi timorosa di un rifiuto, il ché mi lasciò abbastanza confusa.

«In modo diverso?» Ridacchiai, scuotendo la testa. «Mia madre mi organizza questa festa ogni anno: soliti invitati, solito buffet, solito orario, solito tutto. Come potrei anche solo pensare di parlare con lei per organizzare qualcosa di... diverso?» Manifestai tutto lo stupore che la sua domanda improvvisa mi aveva causato.

Di risposta, però, lei alzò una spalla, facendo una smorfia. «Non devi per forza parlargliene.»

Le sue parole mi lasciarono spaesata. «Non capisco.»

Si schiarì la gola, voltando totalmente il busto nella mia direzione e posizionandosi meglio sul sedile. «Ascoltami...» Prese un respiro, prima di continuare: «Potremmo passare la prima ora alla festa, giusto per farci vedere da tua madre e dalla tua famiglia... E poi, beh, potremmo andare a passare la serata da tutt'altra parte, per poi ritornare al momento della torta. Che dici? » Faticai ad assimilare e a comprendere al meglio tutto le sue parole.

La guardai allibita, reprimendo una sonora risata. La sua era un'idea assurda, per nulla fattibile e soprattutto troppo rischiosa. Non aveva alcun fondamento logico o valido per cui avrei potuto anche solo prendere in considerazione una proposta del genere.

«Dico che non funzionerà mai. Indubbiamente mia madre si accorgerà della mia assenza.»

«Non se la convincerai di sentirti male e di aver bisogno di salire in camera tua per riposarti.» Alzò e abbassò le sopracciglia ripetutamente, con un ghigno allusivo e soddisfatto sul viso proprio di chi era consapevole di riuscire a inventare le migliori bugie e a elaborare le migliori idee pur di realizzare i propri obiettivi.

«Amber, io non credo che...» Il flusso delle mie parole venne interrotto dalla sua voce. «Dai, Betty, ci divertiremo. Dovrai dire una bugia bianca, a fin di bene, e tua madre non si accorgerà di nulla. Se vuole tenerti a vita sotto la sua campana di vetro, io non ci sto, e non dovrebbe andare bene neanche a te.» Mi puntò un dito contro. «Almeno non il giorno del tuo compleanno.»

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