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Finirai per trovarla la via... se prima hai il coraggio di perderti.

Tiziano Terziani

Se mi fosse stato chiesto, un giorno, che cosa desiderassi dalla vita, non avrei esitato neanche un istante.

«Essere libera» Avrei infatti risposto. «Poter guardare il cielo, durante l'alba o il tramonto e non dover pensare a nulla.» Avrei poi aggiunto. «Non desidero nulla, mi basta la speranza di poter trovare il mio posto nel mondo»

Aprii gli occhi, infastidita dai caldi raggi del sole che filtravano attraverso la finestra, dando il benvenuto a un nuovo giorno, ed emisi un lieve sbadiglio, godendomi la tranquillità di quel momento, fino a quando una figura scontrosa non fece capolino nella mia stanza, spezzando definitivamente il silenzio che, fino a poco prima, aleggiava nella stanza.

«Elizabeth.» Mi chiamò la voce di mia madre. «Non sei ancora pronta?» Il suo tono perentorio mi fece trasalire.

Voltai stanca il viso nella sua direzione, stiracchiandomi di poco. «Pronta per cosa?» Bofonchiai assonnata.

Inarcò di scatto le sopracciglia, incrociano le braccia al petto e guardandomi accigliata. «Per andare da Susan.» Rispose ovvia, avvicinandosi al letto e scostando poco delicatamente le coperte. «Tra trentacinque minuti dobbiamo essere da lei.»

Susan, certo, la madre di Nathan, nonché mio fidanzato - ammesso ovviamente che così fosse ancora possibile definirlo, considerando il modo sgarbato in cui, solo alcuni giorni prima, senza alcun ritegno o tantomeno rispetto, mi aveva mollata, a causa di una stupida litigata, sul ciglio della strada, per poi non farsi più sentire.

«Devo venire per forza anche io?» Mi misi seduta, passando una mano tra le morbide ciocche bionde che mi ricadevano su gran parte del viso a causa della notte passata a rigirarmi tra le lenzuola.

Mia madre mi rivolse il suo solito sguardo glaciale, emettendo un sonoro sbuffo. «Certo che sì, Elizabeth, non vedo perché non dovresti. È da tempo che non vi vedete. D'altronde, suo marito un giorno potrebbe diventare mio collega in affari, ed è necessario mantenere sempre buoni rapporti con chi ha qualcosa da darti in cambio, ricordalo per il futuro.»

Lei non sapeva nulla delle continue litigate avvenute tra me e Nathan nell'ultimo periodo e del fatto che avessi già da tempo intuito quanto, probabilmente, si fosse stancato, dopo ben nove mesi, della nostra relazione.

Lui le era sempre piaciuto o forse era stata solo la possibilità di poter collaborare con un uomo di successo come suo padre e, di conseguenza, portare la sua azienda di yatch a livelli ancora più alti di quelli in cui già si trovava, ad aggradarla tanto e a farle tifare per noi due.

Non avrei voluto deluderla.

«Preparati e scendi di sotto. Hai pochi minuti.» Fu tutto ciò che disse prima di varcare la porta della mia stanza e sparire al piano di sotto.

Continuai a fissare un punto casuale dalla stanza, tentando di riprendermi dal sonno, ma poi, dopo vari istanti, decisi di alzarmi dal letto e dirigermi nel bagno della mia stanza per sciacquarmi e rilassare tutti i muscoli sotto il getto della doccia.

Passai circa quindici minuti nella doccia; dopodiché finalmente uscii dal box e avvolsi un asciugamano attorno al mio corpo, prima di tornare in camera e afferrare dei vestiti puliti dall'armadio. Nell'istante in cui li poggiai sul letto, però, i miei occhi incrociarono la foto posizionata sopra al comodino, e improvvisamente divennero lucidi. Lo scatto raffigurava la mia famiglia, durante un viaggio a disneyland, e risaliva a ben otto anni fa, precisamente allo stesso giorno in cui, un anno dopo, lo stesso uomo che in quella fotografia mi teneva dolcemente per mano - nonché mio padre - sarebbe deceduto a causa di un brutale e ingiusto incidente stradale.

«Elizabeth, sbrigati!» L'urlo di mia madre emesso dal piano di sotto mi fece ridestare dai miei pensieri e mi permise di continuare a prepararmi.

Una volta vestita, uscii dalla stanza e mi diressi al piano inferiore. «Eccomi!» Esclamai, cominciando a scendere di corsa le scale, e legando i capelli in una coda alta. «Sono pronta!» Nello scendere il penultimo gradino in marmo, però, per la fretta, inciampai, non vedendo dove mettere i piedi, e andai a scontrarmi con una figura appostata proprio alla fine della scalinata, provocandone, inevitabilmente, la caduta.

«Oh mio Di-» Non riuscii a terminare, poiché, nell'esatto momento in cui abbassai lo sguardo sulla persona dinanzi alle mie scarpe, i miei occhi incrociarono quelli glaciali di mia madre completamente sporca di caffé, con i capelli dorati - e ormai sporchi - appiccicati al viso e il tacco a spillo di una delle sue décolleté completamente spezzato. «M-mamma.» Balbettai, prevedendo la sfuriata che di lì a poco avrebbe avuto.

Mise una mano in alto per interrompere qualsiasi cosa stessi per dire e si alzò , non accettando il mio aiuto. «Sta' zitta, Elizabeth, hai fatto abbastanza.» Si scostò una ciocca di capelli dal viso prima di sfilarsi la scarpa rotta e deglutire sonoramente, per manifestare il suo fastidio. «Andrò da Susan oggi pomeriggio, da sola.» Mi disse, per poi incamminarsi
- zoppicando - verso il piano superiore.

«E pulisci il casino che hai combinato!» Aggiunse indispettita, prima di sbattere violentemente la porta del bagno.

Mi ritenni fortunata per la sua reazione più che pacata, in confronto alle altre volte. Dopotutto, non era avvenuta alcuna strigliata tipica, ed ero persino riuscita a evitare di recarmi a casa di Nathan.

Cosa avrei dovuto volere più?

Repentinamente mi recai allo sgabuzzino ed estrassi ciò che mi sarebbe servito per pulire la chiazza di caffè sul pavimento. Non ero abituata a dover effettuare le pulizie, poiché a occuparsi della casa c'era sempre Alyn, la domestica - nonché colei che sin dall'infanzia si era sempre presa cura di me - che a quanto pare, quel giorno, si era presa la mattinata libera.

L'improvviso squillo del mio cellulare mi fece trasalire. Afferrai il telefono dalla tasca posteriore degli shorts, e lessi il nome della mia migliore amica sullo schermo: Amber.

Risposi sentendo subito la sua voce vivace dall'altro capo.

«Hai da fare stasera?» Mi domandò pimpante.

«No... Perché?» Cominciai a strofinare con lo straccio il punto sporco del pavimento, tenendo il telefono tra la spalla e l'orecchio.

«Andiamo a un rave party.» Rispose elettrizzata, facendomi istintivamente aggrottare le sopracciglia.

«Un rave? Mia madre mi ucciderebbe, meglio di no» Sentenziai decisa.

«Ti passo a prendere alle nove e mezza.» Continuò, ignorando completamente la mia risposta.

«No Amber, non pos-» Non ebbi neanche il tempo di terminare la frase, poiché riattaccò, lasciandomi interdetta.

Rimasi a fissare il telefono per vari istanti, prendendo coscienza del fatto che, come era suo tipico, la mia amica non si sarebbe rassegnata e che avrebbe in tutti i modi tentato di convincermi ad andare a quel rave per farmi divertire, riuscendo, alla fine, nel suo intento. Pertanto, non mi restava altro che renderle più facile l'impresa, risparmiandole - e soprattutto risparmiandomi - lo stress e accettando, sin da subito, di andare a quella festa...

Che ancora non sapevo quanto mi avrebbe cambiato per sempre la vita.

Spazio autrice 🦋
Ciaoo, spero che questo primo capitolo vi sia piaciuto e che vi abbia fatto venire voglia di continuare la storia.
Spero davvero che possiate dare una possibilità a toxic.
Per chi aveva già letto tutta la storia, avrà notato sicuramente dei cambiamenti, ma ho già specificato tutto nell'annuncio...
Per chi è nuovo, invece, buon viaggioo✨

-Arya

ToxicDove le storie prendono vita. Scoprilo ora