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Il senso di colpa non va mai a spasso da solo. Si fa accompagnare dai suoi amici: il dubbio e l'insicurezza.

Meredith Gray

Era successo tutto troppo velocemente: la mia ubriacatura, lo schiaffo a Nathan, il bacio tra me e Brandon, e persino la rissa che stava avvenendo in quell'istante.

Era stato Nathan a sferrare il primo pugno, tuttavia la situazione si era ribaltata repentinamente e, senza che me ne potessi accorgere, Brandon si era ritrovato a cavalcioni sul mio ex ragazzo a ricambiare con ancora più ferocia il colpo che quest'ultimo gli aveva sferrato precedentemente.

Lo colpiva sul viso e sul busto, non dimostrando però cenno di dolore. Probabilmente aveva affrontato così tante risse in vita sua da essere diventato un vero esperto nel prendere a pugni le persone.

Portai una mano davanti alla bocca, sussultando a ogni colpo dato o ricevuto da uno dei due, sentendo i sensi di colpa assalirmi tanto da farmi persino alleviare la sbornia.

L'Elizabeth che avevo tentato di spingere nell'angolo della mia mente era tornata a comando della mia testa, facendomi sentire seriamente in colpa per tutte le cavolate che avevo commesso durante tutta la serata.

Era colpa mia se Nathan e Brandon si stavano picchiando.

Ero infatti consapevole dell'ossessiva gelosia che il mio ex provava nei miei confronti, ma nonostante questo mi ero comunque comportata come una stupida bambina, intenzionata a fargli provare ciò che avevo provato io quando lo avevo visto con quelle due ragazze.

Se non avessi ceduto alla tentazione dell'alcool certamente non sarebbe successo nulla di ciò che invece era accaduto, e sicuramente avrei evitato che Nathan, per colpa mia, prendesse a pugni uno dei migliori amici di Amber, a cui avevo rovinato completamente la serata.

Ero pietrificata mentre fissavo la lotta che stava avvenendo davanti a me, non riuscendo a muovere neanche un muscolo, tanta che era la vergogna che provavo.

Nathan, nonostante il corpo possente sopra di lui, non mostrava alcun segno di cedimento, e ciò sicuramente a causa del suo incomminsurato orgoglio maschile.

Tutte le persone presenti si erano accerchiate allibite e divertite al tempo stesso, godendosi lo spettacolo. Nessuno di loro intervenne, e io non li biasimai. Erano infatti tutti ubriachi marci e non avrebbero di certo avuto la forza di dividere due vulcani in piena eruzione come Brandon e Nathan.

Sembrai uscire dallo stato di trance nel quale ero piombata solo nel momento in cui vidi Brandon avvolgere il collo di Nathan con la sua mano a dir poco enorme, mentre continuava a sferrargli vari pugni sull'addome e sul viso, concedendomi la visuale dei muscoli delle sue spalle e della sua schiena che si flettevano e si stendevano a ogni minimo movimento, delineandone la stazza possente.

«B-basta!» Urlai, senza però essere ascoltata.

«Lasciami!» Ebbe il coraggio di dire Nathan dopo vari istanti, avendo forse compreso quanto ne sarebbe uscito distrutto.

Brandon però non gli diede minimamente ascolto. Sebrava un terremoto inarrestabile, uno tsunami pronto a travolgere qualsiasi cosa. Era accecato da qualcosa di assurdamente incomprensibile per me, e ciò mi fece rabbrividire dalla paura.

Compresi solo in quell'istante quanto Brandon fosse tremendo.

Diventava un animale quando picchiava.

Nonostante fossi sconvolta e letteralmente terrorizzata, ero anche convinta di essere l'unica responsabile dell'accaduto, e non vedendo alcun cenno di cedimento sul viso di Brandon, mi fiondai su di lui, avvolgendogli con le mani il bicipite tatuato, tentando invano di scostarlo da Nathan. «Basta! Così lo ucciderai!» Quasi lo implorai, sentendo svariate lacrime percorrermi tutto il viso e infrangersi sul pavimento.

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