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Non aver mai paura di uno scontro. Anche quando i pianeti collidono, dal caos nasce una stella.

Charlie Chaplin

Elizabeth

Sangue.

Pugni.

Calci.

E ancora pugni.

Il mio silenzio...

Quel ragazzo che veniva massacrato.

La soddisfazione di Brandon.

La sua ira.

La sua furia.

Le immagini di quanto accaduto quella notte mi costrinsero ad aprire gli occhi di scatto.

Non appena lo feci, però, ecco che un lancinante mal di testa mi perforò le tempie, come un martello incessante che mi colpiva in testa.

«Mh...» Mugugnai, guardandomi attorno.

Una chioma castana mi ricadeva sulla spalla sinistra, la mia fronte era poggiata a quello che scoprii essere un finestrino e davanti ai miei occhi si palesarono una moltitudine di sedili in eco pelle beige.

«Signorina, vuole qualcosa da bere?» Una donna in tailleur blu, con un cappellino sul capo e un foulard annodato al collo, mi rivolse all'improvviso un sorriso smagliante, mentre avvicinava con le sue mani curate un carrellino con sopra alcune bibite.

Temporeggiai, guardandomi attorno assonnata e confusa.

«Un bicchiere d'acqua, per favore.» Mormorai, passandomi una mano tra i capelli e rendendomi conto di essere sull'aereo che ci avrebbe portati a Mcmnville.

Dopo l'avvenimento al Club DV8, nonché la discoteca in cui Amber ci aveva portati per passare l'ultima sera a Los Angeles, eravamo tornati tutti a casa.

La mia amica mi aveva cambiata e messa a letto, e non le avevo raccontato nulla di ciò che Brandon aveva fatto.

Ero ubriaca e stravolta.

Mi ero rigirata tra le lenzuola tutta la notte, mi ero recata in bagno a vomitare un paio di volte - sia a causa dell'alcool che scorreva nel mio corpo e sia a causa del ribrezzo che provavo verso me stessa - e poi la mattina dopo tutti noi ci eravamo recati in aeroporto, per tornare nell'Oregon.

Non sapevo neanche da quanto eravamo in viaggio, considerando il fatto che avevo dormito tutto il tempo.

Più che altro, in quel modo avrei potuto tenermi occupata e sperare di atterrare il prima possibile per evitare Brandon.

Non volevo tornare a Mcmnville e alla mia vita insoddisfacente, perché ero stata così bene e così spensierata a Los Angeles, tuttavia avevo fatto una cazzata.

Una grandissima cazzata.

Quella notte avevo scorto un lato di Brandon che mi aveva provocato turbamento per tutto il tempo.

Dovevo immaginarmelo, certo. Dopotutto, lui era un criminale, e massacrare di botte le persone non era una novità per lui.

Eppure per me lo era.

Era una cosa scandalizzante.

Mi aveva destabilizzata talmente tanto l'idea di essere quasi caduta nell'esca di un ragazzo qualsiasi che abbordava ragazze ubriache per poi violentarle, che avevo perso completamente il senno e avevo fatto finta di nulla mentre Brandon lo prendeva a calci e a pugni.

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