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Nella vita rischia, che i rimpianti sono peggio.

Francesco sole


Elizabeth

«Tutto bene?» Mi chiese Jacob, lanciandomi un rapido sguardo, prima di riportare la sua attenzione alla strada.

«Sì...» Mentii, continuando a strappare le pellicine delle dita.

Ero uscita con lui all'ultimo minuto per tentare di svagare un minimo, eppure la mia mente era ancora completamente impigliata al pensiero martellante di Brandon.

Innumerevoli scenari di ciò che stava succedendo in quel momento tra lui e Roxy mi facevano infatti accapponare la pelle, e mi provocavano un'insopportabile morsa allo stomaco.

Quella volta avevo davvero pensato che sarebbe stato diverso e avrebbe scelto me... invece ancora mi aveva sbattuto in faccia quanto poco valore avessi per lui.

«Dove stiamo andando?» Domandai al ragazzo al mio fianco, poggiando la testa sul finestrino dell'auto.

«A un parco qui vicino. È bellissimo. Da quando mi sono trasferito a Mcmnville ci vado spesso. Sai, per schiarirmi un po' le idee e stare in tranquillità.» Poggiò un gomito sulla fessura tra il finestrino e la portiera, e si tenne la fronte con la mano, continuando a guidare con l'altra.

«Sì, ti capisco. Anch'io mi concedo momenti del genere.» Sorrisi, cercando di dirottare i miei pensieri. «Vivere con i ragazzi ventiquattro su ventiquattro richiede anche momenti di totale silenzio.» Ironizzai, sbuffando una risata.

Se non avessi trovato qualcosa di cui parlare con lui, avrei continuato ad arrovellarmi il cervello con paranoie e pensieri martellante, perciò cercai di rilassarmi.

Non ero mai stata molto brava con le relazioni sociali, né tantomeno a conversare con qualcuno. Tuttavia, con gli amici di Amber fortunatamente non avevo mai riscontrato tale difficoltà, poiché avevano sempre contribuito a mettermi a mio agio. Specialmente Jacob, che si era sempre mostrato beneducato, gentile e disponibile.

«Sì, altrimenti rischierei di impazzire.» Sghignazzò il moro, scuotendo la testa.

«Sembri quello più responsabile del gruppo.» Ammisi sinceramente.

Lui mi lanciò un'occhiata dolce, prima di riportare lo sguardo sulla strada. «Ti ringrazio.»

Indugiai sul suo viso ancora un po', e in particolare mi soffermai sulla pelle curata e pulita, sui lineamenti delicati e sui gesti a modo.

Essendo cresciuta per tutta la vita con persone come lui, ricche e di buon rango, non mi fu difficile capire che appartenesse a una famiglia per bene e che fosse diverso dai suoi amici.

«A dire il vero, non hai affatto l'aria un criminale.» Gli confessai, continuando a osservarlo.

Alla mia frase lui emise un sospiro e sorrise appena, consapevole. «Sì, beh... In realtà appartengo a una famiglia benestante di Porthland. I miei genitori non sono ricchi, ma non mi hanno mai fatto mancare nulla. Quando abitavo ancora lì, avevano persino tentato di iscrivermi a una scuola privata... Ma alla fine ho preferito la pubblica, per rimanere accanto a Brandon.» Mi spiegò.

Le sue parole però non fecero altro che confondermi. «Ma... se tecnicamente non hai bisogno di soldi, perché fai rapine?» Chiesi ingenuamente, con un cipiglio in volto, tentando di non essere invadente.

Lui alzò una spalla. «È una lunga storia...»

Avrei tanto voluto conoscere tutto ciò che riguardava lui e i suoi amici, per scoprire cosa li avesse spinti a fare ciò che facevano, tuttavia intuii che probabilmente lui non avesse voglia di parlarne, e allora preferii rimanere in silenzio.

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