Capitolo 67

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Arrivai nell'ultima stanza. Rimasi impietrita davanti la soglia, mi mancò per un attimo il respiro. Quello con cui si stava baciando Barbara non poteva essere lui...vero?

Strizzai gli occhi e intravidi dei capelli biondi con delle ciocche di ricrescita. No... non c'erano dubbi, era lui.

Barbara seduta a cavalcioni sopra Niall con la testa china che lanciava ansimi di piacere per i baci umidi che Niall le lasciava dal collo fino al seno.

Le lacrime incominciarono a pungere, sentivo le gambe spezzarsi da un momento all'altro

"Ti amo Barbara" ansimò Niall intrufolando la testa tra i seni di lei.

No non poteva essere vero... Niall non l'avrebbe mai fatto. Serrai gli occhi per poi riaprirli, forse era soltanto una brutta allucinazione, alla fine avevo preso un po' troppo sole questa mattina.

Riaprii gli occhi e quella scena era ancora lì, davanti ai miei occhi, non stavo sognando. Quella era la realtà.

Avevo visto abbastanza, dovevo andarmene per non crollare là. Corsi verso l'ascensore con il viso solcato dalle lacrime. Infilai con mano tremante la chiave dentro la serratura e aprii la porta entrando dentro. Non riuscivo a fermare le lacrime e i singhiozzi. Avevo il cuore fatto a mille pezzi, tanti cocci appuntiti e affilati.

Entrai in bagno e mi appoggiai ai lati del lavandino continuando a singhiozzare. Ero orribile, avevo i capelli fatti di salsedine appiccicati al volto fradicio di lacrime, occhi rossi e le braccia che tremavano per la pressione che esercitavo nel lavandino.

Avanzai verso la doccia ed entrai dentro. Aprii l'acqua e mi misi sotto il getto. Le lacrime si confusero immediatamente con l'acqua. Tirai la testa all'indietro e chiusi gli occhi. Li riaprii poco dopo e vidi tra le varie bottiglie di bagnoschiuma e shampoo una lametta, l'afferrai e l'appoggiai nel polso. Feci un respiro e la calcai nella mia pelle.

Serrai gli occhi dal dolore e trattenni un grido dentro di me. Dopo il primo taglio riaprii gli occhi e respirai affannosamente.

Sentii la porta aprirsi e poi sbattersi "Carla?" mi chiamò Giulia, non risposi "Oh sei nella doccia, ok, fai veloce che mi devo lavare anche io" urlò.

'Cadrà ai miei piedi'

Mi riaffiorò quel messaggio anonimo che avevo ricevuto a cui non diedi alcun peso.

P. Palvin, era lei, mi aveva avvisata, ma ero troppo e cieca per capirlo. Troppo innamorata, troppo fiduciosa... troppo stupida.

Affondai una seconda volta quella lamenta diventata ormai mia amica di disgrazie. Affondai anche una terza volta. Man mano più affondo e con le ultime forze che mi rimanevano anche una quarta. Caddi a terra poggiando la schiena contro il muro, l'acqua rossa, rossa del mio sangue andò verso lo scarico creando piccoli vortici per poi scomparire.

Avevo il braccio intorpidito dal dolore e la vista mi si stava annebbiando

"Carla si può sapere che stai facendo?" sentii urlare Giulia per poi aprire la porta. I miei occhi pian piano si chiusero "Carla! No!" urlò Giulia chiudendo l'acqua abbassandosi verso il mio corpo "Cos'hai fatto! Perché!" le sentii dire piangendo, feci un sorriso debole

"No, no svegliati!" mi schiaffeggiò il volto. Aspettai che il nero mi portasse con se ma li riaprii involontariamente, perfetto, manco la morte mi voleva. Mi rifiutava pure lei.

Vidi il viso di Giulia pieno di lacrime. Si strappò un pezzo di maglietta e me la strinse forte al polso per fermare il sangue. Mi aiutò ad alzarmi e mi asciugò e mi porse dei vestiti asciutti.

Two girls in LondonDove le storie prendono vita. Scoprilo ora