Fifth Shade [R]

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A quella cena di gala seguì un mattino dal tempo incerto: Damon Zimmermann, come ogni sabato in cui non era di turno in ospedale, si alzò di buonora per andare a comperare il giornale e qualcosa di speciale per la colazione. Superata l'edicola, con il giornale arrotolato stretto in una mano, si fermò sul marciapiede e chiuse gli occhi per godersi un inaspettato raggio di sole che era riuscito a bucare le nuvole; proprio in quel momento, però, qualcuno lo afferrò per un braccio e iniziò a trascinarlo senza troppi complimenti.

«Richard, che diavolo fai?» sbottò Damon una volta riaperti gli occhi e appurato che l'aggressore era nientemeno che il suo migliore amico.

«Ti devo parlare» rispose risoluto l'altro.

«Ma... la colazione... Lara...» tentò Damon.

«Aspetteranno» tagliò corto Richard. «Sono solo le otto e mezzo, scommetto che tua figlia sta ancora dormendo!»

Damon, scoraggiato, tacque; senza opporre resistenza, lasciò che Richard lo trascinasse fino a casa sua e lo spingesse oltre la porta d'ingresso e in salotto.

«Allora, Rick, che cosa vuoi?» chiese, gettandosi di peso in una poltrona.

Il padrone di casa non si perse in inutili giri di parole. «Agathe Williams, la migliore amica di tua figlia. Perché la chiamano Will? È un soprannome maschile, e lei è una ragazza!»

L'altro batté le palpebre più volte e si chiese se avesse sentito bene: di tutte le cose che aveva immaginato Richard volesse sapere, questa non gli aveva neppure sfiorato la mente. «Scusa?»

Richard raddrizzò le spalle, spazientito. «Tu sai come mai il soprannome di quella ragazza è "Will"?» ripeté.

Damon alzò una mano per intimargli il silenzio.

«Partiamo dall'inizio» esordì. «Che ne sai tu di Agathe, e che è la migliore amica di Lara?»

«Lo so e basta» replicò l'altro. «Che importanza ha?»

«Un'importanza enorme» rispose Damon, un sopracciglio inarcato, «dal momento che tu non chiedi mai nulla tanto per dare fiato alla bocca. Se lo chiedi deve esserci un motivo, e io voglio sapere qual è».

«È una ragazza bizzarra» si arrese Richard.

«Ha diciassette anni» gli ricordò Damon.

Il suo amico lo gratificò di uno sguardo enormemente offeso. «Non ho certo detto che mi piace!» ribatté stizzito.

«No, ma se mi trascini in casa tua alle otto e mezzo di sabato mattina solo per farmi una domanda su di lei, deve, e ripeto deve, esserci qualcosa sotto. Ti conosco abbastanza da sapere che è così» rispose Damon. Gli scoccò uno sguardo sospettoso. «Sputa il rospo!»

«È una ragazza bizzarra» ripeté Richard. «Sono curioso di capire come funziona la sua mente».

«E come hai fatto a scoprire che esiste e che è la migliore amica di mia figlia?» insisté l'altro.

Richard scrollò le spalle. «Me l'ha detto Alan quando le abbiamo viste al Luxury, la settimana scorsa...»

Negli occhi di Damon si accese una luce pericolosa. «Al Luxury? Non dovrebbero neanche poter entrare lì» disse in tono feroce.

«Tu hai fatto di peggio, alla loro età» gli rammentò l'amico, agitando una mano con fare noncurante.

«Insieme a te» puntualizzò Damon.

«Non hanno neanche bevuto alcolici, quindi smettila di fare il moralista: tanto non ti si addice» disse Richard, sbrigativo. «Vuoi rispondermi sì o no?»

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