Eighth Shade [R]

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Quella sera il ritorno a casa, per Agathe, non fu dei più felici.

Quando Richard si decise a svegliarla erano quasi le otto e gli occorsero dieci minuti abbondanti per convincerla che no, anche se lui non aveva obiezioni non poteva dormire lì e sì, doveva proprio tornare a casa o i suoi genitori si sarebbero insospettiti. Così la ragazza si fece coraggio e, dopo aver controllato che nessuno la vedesse, uscì da casa Prescott e attraversò di corsa il largo spiazzo erboso – ormai più simile a una palude – per tornare a casa propria.

Il breve tragitto nel fango e sotto la pioggia battente fu sufficiente a inzupparla di nuovo nonostante l'ombrello e quando varcò il portone in punta di piedi fu subito raggiunta da una Gisèle furiosa.

«Eccoti, finalmente! Si può sapere dove ti eri cacciata? È quasi ora di cena!»

«Aspetta, che?» esclamò Agathe, incredula. «Mi hai cacciata di casa durante un nubifragio e adesso ti preoccupi di sapere dove sono stata? Be', è tardi. Dove sono stata e cosa ho fatto sono affari miei, quindi puoi scordarti di ottenere una risposta!» insorse.

«Non osare parlarmi in questo modo!» strillò Gisèle. «Sono tua madre, ho il diritto di sapere dove vai e con chi!»

«Se tu puoi sbattermi fuori casa a seconda dei tuoi capricci, io posso risponderti come mi pare. E ribadisco: tu non hai nessun diritto di sapere come ho occupato il tempo questo pomeriggio. L'hai perso quando mi hai mandata via nonostante sapessi perfettamente che fuori imperversava un temporale!» gridò Agathe di rimando.

Evan, che le aveva sentite litigare fin dallo studio, arrivò di corsa per sincerarsi della situazione.

«Si può sapere che diavolo sta succedendo, qui? Silenzio!» urlò a pieni polmoni.

«Tua figlia è sparita per tutto il pomeriggio e si rifiuta di dirmi dov'è stata!» esclamò indignata Gisèle.

«Questa stronza di tua moglie pretende di sapere dove sia stata dopo avermi cacciata di casa durante il temporale perché lei stava lavorando e per nessun motivo poteva essere disturbata!» replicò Agathe rabbiosamente, puntando un dito accusatore contro sua madre.

«Agathe!» la riprese suo padre. «Ti sembra il modo di esprimerti? Parlando di tua madre, poi! Comportati da persona educata!». Dopodiché l'uomo rivolse a sua moglie uno sguardo fosco. «E tu, Gisèle. Avevi davvero bisogno di buttare nostra figlia fuori di casa durante un nubifragio?» chiese, secco.

«Stavo lavorando e lei è entrata facendo il suo solito chiasso!» sbottò la donna.

«Cosa potevo saperne, che stava lavorando? Scommetto che non lo sapevi nemmeno tu!» ribatté Agathe rivolta a suo padre.

«BASTA!» ruggì Evan. «Agathe, non voglio sentire un'altra parola. Va' di sopra a cambiarti, sei fradicia ed è quasi ora di cena» ordinò duramente.

«Sì signore» rispose inacidita la ragazza; lanciò un ultimo sguardo furibondo a Gisèle e corse su per le scale.

Sparita sua figlia, Evan si voltò verso sua moglie. «Gisèle, devi smetterla con questi tuoi capricci. Se vuoi il silenzio assoluto mentre lavori, fa' insonorizzare il tuo studio, te l'ho già detto: non puoi fare il bello e il cattivo tempo ogni volta che ti viene commissionata un'opera» disse con malcelata rabbia.

«Non vi è bastato rovinarmi la vita e rischiare di compromettere la mia carriera, no, devo anche essere trattata in questo modo?» sibilò Gisèle.

Gli occhi di Evan si strinsero pericolosamente. «È questo che pensi? Che io, Agathe e Benedict ti abbiamo rovinato la vita? Se è così, allora fa' le valigie e vattene!» scattò. «Eppure a me non sembra che la tua vita sia tanto miserabile: sei una miniaturista nota in tutta Europa, che è esattamente quello che desideravi già a diciannove anni, quando non lavori passi il tuo tempo oziando tra la parrucchiera e lo shopping e non ti faccio mancare nulla: denaro, viaggi, gioielli... Hai sempre avuto tutto quello che volevi» concluse gelido l'uomo.

99 Shades of...Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora