Seventy Fourth Shade [R]

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La luce tenue dell'alba, rosa e oro, bagnava le cime degli alberi e i tetti degli edifici, ricacciando indietro l'oscurità. La città era ancora immersa nel sonno: soltanto una casa ferveva di vita.

Casa Zimmermann era invasa. Agathe e Lara, sul tappeto al centro del salotto, erano inginocchiate ai lati di Thomas e rimuovevano il trucco dal suo volto mentre lui, placido, le lasciava fare. Leah si era liberata degli abiti settecenteschi e così Damon: insieme avevano fatto della cucina il loro regno e si affaccendavano intorno a padelle, teiere e caffettiere per preparare la colazione per tutti. David, più esperto degli altri, si era sbarazzato in fretta del cerone con cui aveva alterato le proprie fattezze e aiutava Benedict, Alan e Moses a fare lo stesso.

Damon e Leah stavano riempiendo il tavolino di cibo quando si sentì la porta d'ingresso aprirsi e richiudersi: pochi secondi e Richard apparve.

«Tu» disse serio, l'indice puntato contro Agathe, «sei un genio del male, una diavolessa, una Satana in gonnella!».

La diretta interessata gli rivolse un sorriso a trentadue denti, compiaciuta. «Dunque s'è spaventato?»

«Come un pazzo» rispose lui; lanciò la giacca sullo schienale di una poltrona e sedé a terra con le gambe incrociate vicino al tavolino, lasciando tutti di stucco. «L'avete visto, era isterico: l'ho dovuto portare al pronto soccorso più vicino perché gli somministrassero un calmante. Continuava a blaterare che dovevano metterlo in una vasca piena d'acqua perché lì i fantasmi non potevano ucciderlo, per poco non lo ricoveravano nel reparto psichiatrico...»

Tutti gli altri scoppiarono a ridere.

«Penso che partirà entro la fine della giornata» concluse Richard. «È sinceramente convinto che gli spiriti lo seguiranno per reclamare il suo sangue».

«Devi spiegarmi come sapevi che ha paura dell'horror» intervenne Alan, rivolto ad Agathe. «Questo è esattamente il tipo di cose per cui si viene presi in giro fino alla morte e che quindi diventano di dominio pubblico, eppure non se n'è mai avuto neanche il sentore...»

Agathe sorrise maligna. «Durante il periodo in cui siamo usciti insieme, avevamo preso l'abitudine di guardare un film insieme, una volta a settimana, e ci alternavamo nello scegliere: una volta ho preso un film dell'orrore senza sospettare nulla. Abbiamo iniziato a vederlo: tempo dieci minuti e Colin era già terrorizzato, fissava lo schermo con gli occhi sgranati e quasi non respirava. Non c'è voluto molto a fare due più due».

«E adesso gli hai rivoltato contro l'informazione» commentò suo fratello, colpito. «Brava!»

Lei chinò la testa verso Benedict in un gesto di muto riconoscimento. «Ho imparato dal migliore: due anni fa sei stato tu ad avere l'idea principale per lo scherzo, perché avevi sentito dire che era omofobo. Ho solo seguito le orme del maestro».

«Io direi che l'hai superato» commentò Richard, sincero. Anche gli altri, Benedict compreso, annuirono.

«Be', ho avuto parecchio aiuto». Agathe rivolse un sorriso smagliante a tutti. «Senza di voi non avrei potuto mettere in piedi questo scherzo epico!»

«Oh, è stato divertente» disse Thomas. «Vederlo strillare e scappare in quel modo... non so come sono riuscito a non scoppiare a ridere!» sghignazzò. «E poi non ci ha riconosciuti, soprattutto quando ci ha guardati in faccia...»

«Eravamo truccati» gli fece notare David. «Da una mano molto abile, oltretutto».

Agathe lo guardò curiosa. «A proposito, un giorno o l'altro dovrai spiegarmi come hai convinto Eugene Barton a perdere un'intera giornata per truccarci... e soprattutto come mai l'ha fatto gratis!»

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