Sixty First Shade [R]

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Finalmente tutto era tornato alla normalità, pensava sollevato Evan.

Dopo quel viaggio a Roma – uno dei tanti che lui aveva biasimato – Agathe aveva appeso la borsa al chiodo, per così dire, e interrotto bruscamente quella serie di viaggi-lampo che la trascinavano ovunque con la collaborazione di Jacques e Penelope; in più, il ritorno di Richard Prescott l'aveva di nuovo inchiodata alla scrivania per ricominciare le lezioni preparatorie al college. Inoltre il dottor Covington, dopo alcuni giorni di offeso mutismo, aveva accettato di continuare ad avere in cura la ragazza.

Insomma, secondo Evan le cose non sarebbero potute andare meglio: certo, se avesse saputo che Richard e Agathe trascorrevano seminudi e avvinghiati l'uno all'altra la metà di quel tempo che lui credeva dedicato allo studio, con ogni probabilità avrebbe cambiato idea. Ma non lo sapeva, e tanto bastava a farlo vivere tranquillo e sereno: proprio uno di quei casi in cui l'ignoranza è d'oro.

Quel martedì pomeriggio sarebbe dovuto essere uno di quelli dedicati allo studio e Agathe avrebbe pagato qualunque somma per spendere il proprio tempo a sudare sui libri, piuttosto che dove si trovava.

Le sedie e le panche intorno a lei erano piene di persone. C'era una vecchietta accompagnata da quella che doveva essere sua figlia; un ragazzino imbronciato che sbatteva ritmicamente la schiena sullo schienale duro della panca, sordo ai rimproveri di sua madre; una coppia palesemente sposata da poco; due o tre persone di mezza età a loro volta accompagnate da amici e parenti e poi lei.

Agathe trattenne la voglia di sbuffare: era seduta su quella seggiola dura come il cemento ormai da un'ora, ed era stanca di aspettare. Proprio in quel momento la porta intorno a cui erano tutti in attesa si aprì: un signore sulla settantina ne uscì, accompagnato dalla moglie, e una voce decisa chiamò dall'interno: «Williams!».

Con un gesto frustrato la ragazza si alzò ed entrò nella stanza, chiudendosi la porta alle spalle con un gesto secco.

******

Alan era seduto nella propria poltrona preferita con aria fosca.

Richard, mollemente abbandonato nell'altra poltrona, sorrise placido. «Avanti, Alan, non ce l'avrai ancora con me e Agathe per quello scherzetto innocente!»

«Innocente un accidenti» ringhiò il giornalista. «Se ripenso a tutte le ore perse seguendo quelle false piste, a scrivere gli articoli...»

«Per non parlare della paura di avere la reputazione in brandelli...» sghignazzò l'altro.

Alan lo guardò malissimo. «Sì, certo, sfotti pure» scattò.

Richard alzò le mani in segno di pace. «Ehi, sei stato tu a decantare tanto la mente diabolica di Agathe, quando mi ha giocato quello scherzo che coinvolgeva la King». Gli lanciò un'occhiata scaltra. «Non è più così divertente quando si è l'oggetto delle macchinazioni di quella piccola diavolessa, vero?»

«No» ammise il giornalista, brontolando. «Allora, sei venuto solo per scroccarmi il pranzo e prendermi in giro, o c'è dell'altro?»

Richard divenne serio e si lasciò scivolare le mani in grembo. «Ho bisogno di sapere delle cose».

«Oho. Certo». Alan gli puntò contro un dito con fare saccente. «Prima ti prendi gioco di me, giri il dito nella piaga... e poi vuoi il mio aiuto?». Incrociò le braccia al petto. «Be', la mia risposta è no!»

L'altro non si scompose. «Si tratta di Agathe» disse.

«La mia risposta non cambia. Vuoi sapere qualcosa che la riguarda? Chiedi a lei!» replicò astioso l'amico. Con un pizzico di sconcerto vide il suo ospite sospirare.

99 Shades of...Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora