Thirteenth Shade [R]

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La festa era finita alle tre del mattino e a Lara e Agathe – che si era fermata a dormire dall'amica – occorse oltre un'ora e mezza per togliersi di dosso il cerone e tornare al loro consueto aspetto.

«Quanto ci vorrà ancora?» piagnucolò Lara, mentre Agathe lottava per toglierle dalla faccia un altro strato di trucco.

«Ci vorrà il tempo che ci vorrà» rispose l'altra, strofinando con vigore un batuffolo di cotone imbevuto di struccante sul viso dell'amica. «Dovevi immaginartelo, che sarebbe stato difficile togliere il cerone che ti serviva per mascherarti da zombie!»

«Ma non credevo ci sarebbe voluto così tanto!» disse Lara.

«Ah no? E il fatto che in due ci abbiamo messo più di mezz'ora per togliere il trucco dalla faccia di tuo padre non ti ha fatto sospettare che anche per te sarebbe stato lo stesso?» commentò Agathe.

«Ma il tuo è venuto via con una doccia!» piagnucolò l'altra.

«Perché io ne ho scelto apposta uno facile da rimuovere con acqua e sapone».

Lara sbuffò e tentò la fuga, ma Agathe la placcò e continuò a pulirle il volto con un batuffolo nuovo.

«Non sceglierò mai più costumi che prevedano un trucco del genere!» promise la prima.

«Lo dici ogni volta e poi ci ricaschi sempre» rispose distratta la seconda: osservò con aria critica Lara prima di spalmarle sul volto una dose generosa di crema idratante. «Finito!» annunciò. «Ora puoi smetterla di lamentarti, pescetto».

Lara sbuffò di nuovo. «Ti ho già detto di non chiamarmi così!»

Agathe sorrise perfida. «Com'è che non devo chiamarti, pesc...»

Prima che potesse finire la frase, Lara si scaraventò sul letto, afferrò un cuscino e lo sbatté con tutta la forza che aveva sul volto dell'amica, soffocando efficacemente le sue parole: Agathe, presa alla sprovvista, inciampò e cadde a terra agitando invano le braccia. Dopo qualche istante si rialzò, rossa come un pomodoro e con uno scintillio inquietante negli occhi.

«La metti in questo modo, pescetto?» sussurrò malevola. «Tanto peggio per te!» urlò: afferrò a sua volta un cuscino e prese a bersagliare di colpi la sua migliore amica. Lara ovviamente non si tirò indietro, e le due diedero vita a una delle più cruente battaglie a colpi di cuscini che casa Zimmermann avesse mai visto.

Le due ragazze erano così assorbite dalla lotta da non accorgersi di nulla; paonazze e senza fiato, mulinavano senza sosta i cuscini, usandoli per riversare l'una sull'altra una gragnuola di colpi vibrati con ogni briciola d'energia che avevano; e, simili a due tenniste impegnate in una partita, lanciavano urla e grugniti per lo sforzo.

«Si può sapere che sta succedendo, qui dentro?» tuonò all'improvviso una voce. Lara e Agathe si immobilizzarono, i cuscini ancora sollevati a mezz'aria, e si girarono in simultanea verso la porta: Damon era fermo sulla soglia e fissava le due ragazze con la fronte aggrottata e l'espressione severa. Avrebbe quasi potuto intimorirle... se in mano non avesse avuto un vassoio con tre tazze fumanti e un grosso piatto di biscotti.

«Cioccolata!» urlarono in coro le diciassettenni. Mollarono i cuscini e, di nuovo alleate, corsero verso l'uomo; Lara gli strappò di mano il vassoio e tornò a tutta velocità verso il letto, mentre Agathe richiudeva la porta per poi travolgerlo nell'inseguire Lara.

Damon barcollò e fu costretto ad appoggiarsi al muro per non cadere; ancora sconvolto dal tornado che si era appena abbattuto su di lui, si massaggiò il collo e guardò con tanto d'occhi sua figlia e sua nipote, sedute fianco a fianco sul letto con le gambe incrociate, già intente a riempirsi la bocca di biscotti.

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