Cap 50

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Geo sta già chiudendo. Il lunedì sera non c'è mai nessuno, dopo le dieci. Mi vede arrivare e molla tutto. Corre ad abbracciarmi.

«La mia piccola campionessa», dice, scostandomi un ciuffo di capelli dall'orecchio.

«Devi raccontarmi come è andata», aggiunge.

Scrollo le spalle.

«Non male ma neanche così bene. Sono atterrata di culo una sola volta, per fortuna»

Geo ride.

«Per fortuna sì, non voglio che il tuo bel sederino si rovini...»

Mi prende in braccio, poi mi fa sedere sul bancone e inizia a baciarmi. Sento la sua lingua che scava prepotente nella mia bocca. Mi fa impazzire quando percepisco questa sua passione. Scende con la mano a toccarmi i seni. Li stringe sotto il reggiseno.

«Quanto mi sei mancata», sussurra al mio orecchio.

«Anche tu», gli dico e gli mordo il collo mentre mi slaccia i pantaloni e mi accarezza lì.

«Sei bagnatissima», esclama, sorpreso. Mi è bastato vederlo. Arrossisco.

Mi guida una mano sui suoi pantaloni

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Mi guida una mano sui suoi pantaloni. Anche lui è eccitato. Non abbiamo neanche avuto il tempo di vederci, che già siamo a questi livelli. Sento caldo e vorrei che mi spogliasse tutta.

«Cosa c'è?», mi dice, mentre sospiro.

«Spogliami», gli chiedo in un sussurro.

Lui ridacchia.

«Qui?»

«Sì»

«Sicura che non vuoi andare a casa mia?»

Tolgo la maglietta e rimango in reggiseno.

«Aspetta», dice lui e va a chiudere il bar. Tira le tende.

«Adesso va meglio», esclama, tornando da me. Ricomincia a baciarmi e intanto le sue dita cercano il gancetto del reggiseno. Me lo sfila quasi subito.

«Come sei bella», mi dice, prendendo i seni tra le mani.

Mi aiuta a sfilarmi i pantaloni, e rimango solo in mutandine sul bancone del suo bar.

«Se fossi un cocktail, saresti qualcosa di molto forte», dice «qualcosa che dà subito alla testa. Alcool puro. Una droga»

Allargo le braccia e lascio che affondi la sua testa tra i mie seni. Si abbassa a leccarmi la pancia e l'ombelico, poi torna verso l'alto e mi mordicchia un seno. Lo tiene in bocca e mentre succhia il capezzolo mi tocca sopra le mutandine. Inizio a gemere.

«Se fai così non capisco più niente, però», dice e si abbassa a togliermele. Sento il freddo del bancone sulle natiche.

«Aspetta, devo guardarti ancora un attimo», dice «sicura che non sei un'allucinazione?»

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