Cap 63

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Fa davvero freddo, per stare qui nella casa sull'albero. Ma è l'unico posto dove vorrei essere adesso. La mamma ha capito, e non verrà a cercarmi. Accendo la stufetta elettrica e mi siedo sul divano. Paolo ha fatto un po' di ordine, l'ultima volta che è stato qui. Ci sono fumetti nuovi, forse li ha presi in Giappone. C'è un album da disegno che non avevo mai visto. So che non dovrei, ma lo apro per darci una sbirciata.

La materia che odiavo di più a scuola, era educazione all'immagine. Alle elementari, voleva dire una cosa sola: colorare. Le maestre erano informate del mio problema, ma io non volevo fare brutta figura davanti ai miei compagni. La maestra mi diceva: «Laura, fai pure il disegno e non colorare». Partiva un coro di proteste. «Anche io non ho voglia di colorare», «Perché lei può e noi no?»

Insomma, era un disastro. Paolo mi guardava, comprensivo, e io iniziavo a disegnare. Calcavo forte con la matita, e spesso non tracciavo le righe giuste. Però, quando cancellavo, i miei occhi non scorgevano bene la linea sottile che rimaneva sulla pagina bianca e così veniva un disastro. Un vero pasticcio. Poi, passavo al colore. Prendevo un pennarello, uno a caso, e cercavo di riempire gli spazi che vedevo.

«Perché hai fatto la luna viola?», mi chiedevano gli altri bambini

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«Perché hai fatto la luna viola?», mi chiedevano gli altri bambini. Spesso non sapevo cosa rispondere.

Ogni tanto Paolo mi passava i colori giusti, ma poi rimaneva indietro col suo disegno e doveva sempre finirlo a casa. Qualche volta, cercava di giustificare i miei errori.

«Come mai hai colorato di blu queste persone?», ridacchiava Prisca.

«Non lo vedi, sono Puffi», ribatteva Paolo, come se lei fosse stupida e io super intelligente. Lui non mi abbandonava mai.

L'album contiene un sacco di appunti per un fumetto. Non ho idea se i disegni siano colorati o no, ovviamente, ma appena lo apro ho un sussulto. Cadono i fogli e si sparpagliano per terra. Ne guardo uno e ci trovo dentro me stessa. Ho una matita in bocca, lo sguardo perso fuori dalla finestra. E' l'espressione che faccio sempre a scuola, durante la lezione di matematica. Il fumetto dice: Se solo sapessero chi sono veramente...

Osservo un altro disegno. Ci sono sempre io, di schiena, con i pattini legati l'uno con l'altro in mano, e un vestitino sexy. Mi piaccio moltissimo in questo disegno. Il fumetto con i miei pensieri dice: Di giorno sono una semplice studentessa... Di notte il ghiaccio è la mia forza.

Continuo a sfogliare i disegni. Un altro mi colpisce: sto ballando sul ghiaccio e ho un costume bellissimo, sono sicura che sia in bianco e nero, il mio corpo vi si adatta meravigliosamente. Sulla schiena sono ricamate due ali di farfalla e posso quasi giurare che siano argentate. Anche i guanti sono argentati, sembra luccichino. Sopra questo disegno c'è scritto: Eccomi qui. Sono Laura, l'eroina del ghiaccio. Sono la ragazza che vede in bianco e nero.

Continuo a sfogliare i fumetti e rivedo alcuni episodi successi anni prima, e altri più recenti. Sono in moto con Geo, in uno di questi disegni, e Paolo si è ritratto poco più indietro, ci guarda con aria sognante e malinconica. L'eroina del ghiaccio ha bisogno di un cavaliere su una moto argentata, dice la scritta. Mi salgono le lacrime agli occhi. C'è un disegno di me e Paolo insieme ad Annibale e alcuni schizzi che mi ritraggono su un podio. Al primo posto, ovviamente. Poi ci sono alcuni appunti: Laura ha un segreto. Non vede i colori come li vedono tutte le persone normali. Lei vede i colori che nascondiamo. La luce che emaniamo. E' grazie a questa luce che lei capisce se le persone sono buone o no. Lei decide chi salvare quando siamo in difficoltà. Sorrido. Paolo mi ha trasformata in un'eroina. Chissà da quanto tempo sta scrivendo questa storia. Giro l'ultimo foglio e leggo il possibile titolo della sua graphic novel: La ragazza che vedeva in bianco e nero.

Sento che qualcuno si sta arrampicando fin quassù

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Sento che qualcuno si sta arrampicando fin quassù. Deve essere Paolo. Raduno i fogli e lo attendo con un gran sorriso. Devo assolutamente ringraziarlo per questi disegni. Mi ha dato anche l'ispirazione per il costume di gara.

Ma quando entra, ho un sussulto. E' Geo. Chiude la porta dietro di sé. Mi guardo in giro per scagliargli qualcosa addosso. Non trovo niente.

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