Cap 55

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Non ci posso credere. Stiamo litigando da un'ora e ancora continuiamo a sfinirci sullo stesso argomento.

«Allora ne sei proprio sicura? Non sei innamorata di lui?», mi chiede Geo, per l'ennesima volta. Ringhio.

«Ti ho detto di no, è il mio migliore amico!»

«Allora perché non mi hai detto delle perle che ti ha regalato?»

«Ma non lo so», rispondo, confusa «non mi andava in quel momento»

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«Ma non lo so», rispondo, confusa «non mi andava in quel momento»

«Non è un regalo da migliore amico»

«Ah no? Tu non sai perché me le ha regalate»

«E' proprio questo il punto. Non lo so. In fin dei conti non so un cazzo di voi due»

Siamo seduti sul letto di Geo. Abbiamo fatto l'amore da poco, poi lui mi ha visto le perle e ha chiesto chi me le avesse regalate. E da lì è scoppiato il pandemonio. Urliamo così tanto che di sicuro ci stanno sentendo anche i vicini.

«Cosa vuoi sapere? Sentiamo»

«Vi siete mai baciati?»

«No, te l'ho già detto»

«Perché non posso entrare nella casa sull'albero?»

«Perché è solo nostra»

Geo molla un pugno al muro.

«Ti rendi conto che avete una casa in comune?»

«E' una cosa da bambini»

«E se non ci può entrare nessuno perché lui ci ha portato Ester?»

«E' stato l'errore di un momento. Mi ha promesso che non lo rifarà»

«Tu invece non puoi sbagliare con lui, giusto?»

«Geo, smettila. Che dovrei dire io di Viola?»

«Viola me la sono solo scopata. E non è stato un granché»

«Tu hai mille ragazze che ti girano intorno. Le cameriere. Quelle che arrivano al bancone e ti provocano»

«Fa parte del mio lavoro»

«Certo. Io devo accettare tutto questo e tu non accetti che io voglia bene a Paolo?»

«Finirà col distruggerci questa cosa»

«Questa cosa, cosa?»

«Questo vostro legame così... Morboso»

Mi arrabbio ancora di più.

«Io e Paolo non siamo morbosi!», grido e l'acuto della mia voce dà fastidio anche a me

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«Io e Paolo non siamo morbosi!», grido e l'acuto della mia voce dà fastidio anche a me.

Ci lasciamo un attimo di tregua, ma continuiamo a guardarci in cagnesco.

Geo mi prende un polso e mi tira verso di sé. Cerco di liberarmi dalla sua stretta.

«Lasciami!»

«No tu adesso ascoltami!»

«Non ci penso proprio! Vuoi averla vinta tu anche quando sei dalla parte del torto. Sei semplicemente insopportabile e geloso, anzi possessivo! Io quando fai così non...»

Mi chiude la bocca con un bacio e mi stringe anche l'altro polso.

«Mi fai male», sbotto, ma mi rendo conto che mi sto anche eccitando. Mi spinge sul letto e mi bacia tutta la faccia. La sua lingua scorre su tutto il mio corpo. Mi tiene incatenata a sé. Provo a liberarmi, ma mi tiene ancora più ferma.

«Di chi sei?», mi chiede, leccandomi lì.

L'abbiamo appena fatto, ma sento ancora voglia di lui.

«Tua», bisbiglio.

Lui si ferma e mi guarda.

«Come?», replica «non ho sentito. Di chi sei?»

«Tua», dico un po' più forte.

«Mia e di nessun'altro», mormora.

«Anche tu sei mio», gli dico e lui lascia andare i polsi. Prendo un pennarello nero dal portapenne e tolgo il cappuccio.

«Cosa fai?»

Mi abbasso verso il suo ombelico e gli appiattisco la pancia. Ci scrivo "mio" sopra. Lui si mette a ridere.

«Vuoi un altro colore?», mi sussurra.

«Vuoi un altro colore?», mi sussurra

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«Sì. Dopo questa litigata, ho ancora più voglia di te»

«Non hai che da chiedere...»

«Il rosso»

Geo sorride e mi prende i seni tra le mani. «Speravo lo dicessi», sussurra.

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