Cap 56

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Mi fa sdraiare e inizia a toccarmi lì con due dita. Non entra dentro di me, ma mi sfiora, e lascia che io mi muova insieme al suo tocco.

«Sei così bravo...», dico, mentre sospiro.

«E tu sei così morbida»

«Toccami ancora»

Geo si muove più velocemente dentro di me. Mi bacia il collo mentre mi tocca. Mi infila un dito della mano libera e io lo lecco.

«Mi fai impazzire», sussurra «sei sempre più bagnata»

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«Mi fai impazzire», sussurra «sei sempre più bagnata»

«Ti prego non fermarti», dico, «sto per ...»

Non riesco a terminare la frase. Sento una sensazione strana, come se dovessi andare in bagno a fare la pipì, ma non riesco a trattenerla. Mi ci abbandono. Sento caldo, e il mio corpo è scosso da brividi. Il mondo non mi sembra più in bianco e nero in questo piccolo istante.

Rosso. Come il sangue. Rosso come una ciliegia appena raccolta. Rosso come i capelli di una ragazza illuminati dal sole. Rosso come il piacere che sto provando in questo momento. Intenso. Dolce. Infinito. Rosso come una caramella al gusto fragola. Rosso come una ferita che non si è ancora chiuso. Rosso come il sapore della tua bocca sulla mia pelle. Rosso come l'estasi totale.

Dopo un attimo, Geo toglie la mano e io urlo

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Dopo un attimo, Geo toglie la mano e io urlo. L'ho bagnato completamente. Lo spruzzo mi è partito da lì sotto, senza che potessi far niente per evitarlo.

«Scusa», dico «scusa, scusa, scusa...»

Non so dire altro, fino a che lui scoppia a ridere.

«Laura, tranquilla, è normale...»

«normale? Ho fatto la pipì sul tuo letto! Non è normale!»

«Non è pipì, sei solo venuta...»

«Come?»

Mi guarda con l'aria da uomo vissuto.

«Ti ho toccata in un certo modo e tu ti sei abbandonata al piacere...»

«Un piacere fortissimo», ammetto.

«Ecco. Sei semplicemente venuta. Non è pipì... Devi stare tranquilla»

Lo abbraccio, mentre lui mi accarezza la schiena.

«Allora, hai sentito com'è il colore rosso?», chiede con un sorrisetto furbo.

«Sei incredibile», dico, dandogli una leggera spinta . Non so come uscirne. Sono estremamente imbarazzata per quello che è successo.

«E se andassimo a prendere un gelato?» chiedo

«In pieno inverno?», protesta lui.

«Okay, allora magari una cioccolata...»

«Posso fartela io se vuoi...»

«Ho voglia di fare due passi»

Geo annuisce e si riveste. Nonostante sia una giornata gelida, usciamo in moto. 

Sento il freddo sulle guance e guardo il sole che sta tramontando. Amo queste giornate d'inverno che durano così poco. Domani si torna a scuola. Mi sto godendo l'ultimo giorno di libertà. Guardo Geo. Anche lui ha l'aria rilassata, mi tiene una mano e ogni tanto sorride. Forse sta ripensando a quello che è appena successo tra noi. Camminiamo per le viuzze di Varenna, indecisi su dove fermarci a prendere la cioccolata. A un tratto Geo si blocca e guarda un punto dritto davanti a sé. Mi giro nella direzione del suo sguardo, ma non capisco subito. Mi accorgo solo che è sconvolto. Mi prende per un braccio. Allora lo vedo.

C'è un ragazzo appoggiato al muro, accanto al negozio di alimentari. Ha una giacca in pelle nera, la sigaretta in bocca e gli occhiali scuri calati sugli occhi. Guarda Geo con aria di sfida. Non so chi sia, ma ho il presentimento che non sia una persona buona. Geo indietreggia di un passo.

«Andiamo via, Laura», dice.

Sento un brivido percorrermi la schiena e inizio ad avere paura. Metto la mano in quella di Geo e inizio a correre con lui. Mi volto e mi accorgo che anche l'altro ragazzo sta correndo nella nostra direzione. Nella mia testa si profilano immagini sconcertanti: lui che tira fuori una pistola e spara a Geo. Oppure a me. Facciamo gli scalini a due a due, in una corsa folle. Mentre Geo mi porge il casco, sono terrorizzata e ho il fiato corto.

«Sali», esclama e mette in moto. 

Sfrecciamo via

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Sfrecciamo via. Dallo specchietto retrovisore, vedo il ragazzo che ci corre dietro ancora un po', fino a che non riusciamo a seminarlo. Geo continua a guidare, e non si ferma fino a che siamo a Colico. Parcheggia in riva al lago e si toglie il casco. Ha il fiatone come se non avesse fatto altro che correre. Il cuore gli batte a mille, mi sembra quasi di sentirlo. Va a tempo col mio.

«Tutto bene?», mi chiede.

Annuisco. Non so cosa fare, né se sia opportuno dire qualcosa. Vorrei solo tornare a casa. Sono terrorizzata.

«Era lui», bisbiglia Geo «era il ragazzo che... »

Non riesce a finire la frase, perché viene scosso da un brivido. Vorrei stringerlo, ma quando fa così ho quasi paura a toccarlo. Non so come potrebbe reagire.

«E' uscito di prigione», mormora ancora «come cazzo ha fatto. Doveva star dentro fino a marcire. Non capisco»

Ha ucciso sua sorella. E adesso, per una qualche strana ragione, è già libero.

Geo non mi guarda più. Ha gli occhi fissi sul lago. Sicuramente la sua testa è piena di ricordi. Rimaniamo fermi, così, senza dirci niente, per un tempo infinito, fino a che Geo mi annuncia: «Ti riporto a casa».

Salgo sulla moto e mi stringo a lui. Improvvisamente sento un gran freddo. Qualcosa mi dice che dopo oggi, niente sarà più come prima.

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