Cap 13

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Mi arrampico sulla scala a pioli e immagino la sua faccia quando gli dirò che ho incontrato un ragazzo più grande e mi piace da morire. Forse non dovrei dirglielo.

Sta guardando la tele. E' talmente concentrato, che non si accorge della mia presenza fino a che inciampo contro allo scaffale pieno di libri.

«Cazz... che male», esclamo.

Lui si volta.

«Piccola Hobbit combina guai...», scherza, facendomi posto sul divano.

«Ho i piedi così grandi?»

«Sai stare in silenzio»

«Che guardi?»

«Nulla, facevo zapping», mi risponde. Ha l'aria annoiata.

«Tutto okay?», gli chiedo.

«Sì, a parte che domani c'è il compito di matematica e non so nulla»

«Siamo in due», mormoro.

«Sei sparita, in questi giorni», dice lui dopo un po'.

«Ti sono mancata?», scherzo, e tutti i miei propositi di raccontargli di Geo vanno a farsi benedire

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«Ti sono mancata?», scherzo, e tutti i miei propositi di raccontargli di Geo vanno a farsi benedire.

«No, a me no», si affretta a rispondere «ma Thor ha brandito il suo martello e voleva andare a cercarti»

Guardo Thor, appoggiato sulla mensola, l'aria fiera da guerriero indistruttibile.

«Thor, non c'è bisogno di allarmarsi per così poco», ribatto, e lo tiro giù dalla mensola per dargli un bacio.

«Ti prego, non davanti agli altri», ride Paolo «non sai che tragedia, poi, quando te ne vai. Iniziano a dire: perché ha baciato solo lui e non me?»

Tossisco.

«Forse sarebbe ora di fare la polvere, qui dentro», dico.

«Ho saputo di Prisca», sussurra lui.

«Le cattive notizie volano», ribatto.

«Potrebbe essere la tua occasione, Laura», mi fa notare e nella foga mi stringe la mano. Sento un brivido lungo la schiena, ma non capisco se è per quel contatto o per paura di quello che sta per dirmi. Lui la ritrae, come se avesse avvertito la stessa scossa.

«Intendo dire che adesso puoi davvero sperare di passare quella gara...»

Scuoto la testa.

«Non credo che Monia la pensi allo stesso modo

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«Non credo che Monia la pensi allo stesso modo...»

Lui si inalbera. «Non conta quello che pensano gli altri, conta quello che senti tu! Tu pensi di potercela fare?»

Sospiro. Non me lo sono mai chiesta. Non fino a questo momento. Ho sempre lasciato che fossero gli altri a giudicare per me.

«Non ho i poteri di Superman», ribatto.

«Cosa c'entra Superman?»

«I tuoi supereroi... Si sono ritrovati tutti ad avere dei poteri speciali. Io non ho nulla di speciale. Anzi. Mi manca qualcosa»

«Cosa ti manca, Laura? Cosa ti manca per essere la pattinatrice più brava della regione, me lo spieghi? Cosa ti manca per avere fiducia in te stessa?»

Mi vengono le lacrime agli occhi. Lui ha ragione, ma io mi sento troppo stanca per affrontare questo argomento adesso.

«Possiamo cambiare argomento?», gli chiedo

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«Possiamo cambiare argomento?», gli chiedo. Fisso lo schermo del televisore. Paolo si è fermato su Focus. Stanno trasmettendo un documentario sui leoni. I colori della savana devono essere bellissimi. Per un attimo sento la stessa rabbia di Prisca: perché proprio a me? Perché io non posso vedere il mondo come lo vedono tutti gli altri?

«Ho dimenticato di riportarti la maglietta», sussurro a Paolo. Lui non mi risponde. Si è appisolato. Credo abbia intenzione di rimanere qui anche questa notte. Prendo la coperta e gliela metto addosso.

Lui mormora qualcosa, ma io non capisco

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Lui mormora qualcosa, ma io non capisco. Gli sfioro un ciuffo di capelli. Stiamo crescendo. Questo non è più il posto dove si gioca ai supereroi e alle bambole. Qui si fanno discorsi pesanti.

Sto per entrare in casa, quando il raglio di Annibale richiama la mia attenzione.

«Allora sei un nottambulo anche tu», gli sussurro, e gli do un bacio sul muso. Lui appoggia la sua fronte alla mia.

Alzo lo sguardo verso il cielo. Ogni tanto, quando la notte è limpida, mi sembra davvero di scorgere le stelle. E' come vedere un vestito a pois. Il vestito della notte che si fa bella. Non c'è la luna. Guardo quei piccoli pallini un po' più luminosi del grigio. Mi ci appiglio.

Annibale raglia un'altra volta

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Annibale raglia un'altra volta.

«Vuoi svegliare tutti?», bisbiglio, accarezzandolo.

«Sai cosa mi manca, Annibale?», dico ancora, e lo guardo negli occhi. Lui ricambia lo sguardo, tranquillo, come se fosse in grado di capirmi.

«Mi manca qualcuno che creda in me».

Spazio autrice

Certe storie ti nascono dentro e non ti mollano più.  Passano magari anche anni, poi senti l'urgenza di scriverle.  Per me è andata così, con la mia ragazza che vede in bianco e nero.  Grazie a tutti coloro che stanno apprezzando il lavoro di anni e mi stanno facendo sentire il loro sostegno. 

Shake my colorsDove le storie prendono vita. Scoprilo ora