Cap 58

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«Ecco... Pensavo di fare del bene a Paolo, nel raccontargli questa piccola bugia...»

Piccola bugia? Pensavo che la mamma di Paolo avesse qualche problema, ma adesso mi rendo conto che forse è completamente impazzita.

«E se non è morto, dov'è?»

«E' andato a vivere in Giappone, dalla sua adorata Yu Kari. La sua musa ispiratrice. La donna che ha sempre amato»

«Come?»

«Si conoscevano già da prima che lui incontrasse me. Si erano ritrovati a una fiera del fumetto. Lei faceva la modella e lui se ne invaghì subito. Poi Yu Kary dovette tornare in Giappone e lui finì col disegnarla in tutti i fumetti. Li hai visti, no? Paolo li tiene come reliquie»

Annuisco.

«Quando rimasi incinta di Paolo, Lorenzo mi disse che dovevamo tenerlo. Che lui mi avrebbe aiutato con tutto. Però disse anche che non poteva amarmi. Non mi avrebbe mai amato come amava lei, il suo amore impossibile. Intanto Yu Kari continuava a scrivergli delle lettere e io sopportavo, perché non avevo nient'altro, solo lui e il mio bambino. Ma un giorno, quando Paolo compì sette anni, Lorenzo scoppiò a piangere e mi disse che non ce la faceva più a stare lontano da lei. Non riusciva più a fingere di stare bene»

Lina fa una pausa e si asciuga una lacrima

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Lina fa una pausa e si asciuga una lacrima.

«Decise di partire e mi disse di spiegare a Paolo che nella vita c'è un solo amore e che lui, una volta cresciuto, sarebbe potuto partire per il Giappone, se lo voleva. Ma cosa potevo fare? Non potevo dire al mio fragile bambino: il papà ci ha abbandonati»

«Allora gli ha detto che era morto?»

Lina scoppia a piangere.

«Mi sembrava la cosa giusta da fare in quel momento», si giustifica fra le lacrime «solo che poi Lorenzo ha cominciato a scriverci. Mandava delle lettere a Paolo. Gli raccontava quello che faceva in Giappone e gli parlava anche di lei. Io non potevo sopportarlo. Iniziai a nascondere quelle lettere. Ero gelosa, irritata, ferita...»

«E perché le ha tirate fuori proprio adesso?», chiedo, confusa.

«Non sono stata io», dice Lina «le ha trovate Paolo. Stavamo litigando perché...» Si blocca, imbarazzata.

«Lui voleva che io facessi spazio negli armadi e buttassi via un po' di roba. Io mi rifiutavo. Non volevo buttare i vestiti di Lorenzo e nemmeno la vecchia collezione di tazzine della nonna Adele. Lui ha preso una scala e si è arrampicato in cima all'armadio di Lorenzo e ha scaraventato per terra il vecchio baule... Le lettere erano lì. Non le ha lette tutte. Se n'è andato prima. Non mi ha detto niente. E' scoppiato a piangere e poi ha iniziato a urlare. Non l'avevo mai visto tanto sconvolto. Quando se n'è andato, mi sembrava furioso»

«ma dove è andato?»

«A trovare suo padre, credo...Ha scoperto che teneva una lezione alla scuola del fumetto, a Milano. Credo che l'abbia incontrato»

«E dove sono queste lettere?»

«Ci sei seduta sopra», mi risponde Lina, come se fosse la cosa più naturale del mondo. Mi sposto leggermente e afferro una lettera. Ha la data di due mesi fa, quindi è relativamente recente.

 Ha la data di due mesi fa, quindi è relativamente recente

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Caro Paolo,

tra poco festeggerete il Natale e io non sarò lì con te. Non sai quanto mi dispiace non poter vedere come sei cresciuto. Mi ricordo ancora quando mi regalavi i tuoi disegni, quelli che facevi a scuola, di nascosto dalla maestra. La mamma se la prendeva così tanto! So perché non mi rispondi. Sei arrabbiato. E ti capisco. Però, come ti ho già spiegato nelle altre lettere, io non ti ho abbandonato. Sono sempre qui. Anche se il vostro telefono è sempre staccato. Anche se tua madre non vuole darmi il tuo numero di cellulare. Io sono qui e ti racconto tutto della mia vita. Ma soprattutto, ti aspetto. Hai una casa, a Tokyo. Un'altra famiglia che non vede l'ora di conoscerti. Quando sarai pronto, noi saremo felici di accoglierti. Abbiamo così tante cose da dirci!

Distolgo lo sguardo dalla lettera. La signora Lina ha iniziato a riordinare vecchi album di foto. Paolo non me li ha mai mostrati. Mi porge un'immagine di loro tre insieme.

«Dove siete, qui?», chiedo.

Mi guarda perplessa. «A casa nostra. Dove se no?»

Mi guardo intorno. Riguardo la foto. Sembrano due abitazioni completamente diverse. Nella foto c'è una casa in ordine, pulita e senza fronzoli. Dove mi trovo adesso sembra di essere entrati in un'abitazione scossa da uno tsunami. Accumulare ricordi e oggetti è il modo di Lina per fingere che qualcosa di Lorenzo sia rimasto, lì dentro. Io la capisco. Ma non posso accettare che Paolo provi tutto questo dolore senza essere insieme a lui.

«Le ha detto quando torna?»

Lina scuote la testa.

«Speravo me lo dicessi tu, cara», risponde e inizia a piangere. «Io come faccio senza il mio bambino?»

Vado verso la camera di Paolo. L'ha chiusa a chiave, come immaginavo. Mi sento soffocare. Devo uscire da lì. Mi sta mancando l'aria.

«Paolo tornerà presto, vedrà», dico a Lina. Lei non smette di singhiozzare.

«Passerò anche domani, e dopodomani, tutti i giorni, fino a che lui non sarà di nuovo qui», le dico e le accarezzo una mano. Lei mi guarda con aria persa, poi mi sussurra: «Lui ti vuole tanto bene, sai?»

Penso a Paolo e a tutto quello che ha fatto per me. Penso a quanto si portava dentro senza che io potessi neanche immaginarlo.

«Sì, lo so», rispondo.

Esco da quella casa e mi sforzo di non piangere. Inizia a piovere. Tiro fuori il cellulare e guardo se uno dei due si è fatto sentire. Niente. Neanche uno squillo. Non mi sono mai sentita così fragile. Non mi sono mai sentita così sola.

  A te che ti senti sola, perché ti manca quel gesto che faccia la differenza

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  A te che ti senti sola, perché ti manca quel gesto che faccia la differenza. A te che ti senti fragile, come un vetro levigato dal mare trovato sulla sabbia.

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