Cap 59

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Va bene. Sto facendo una scemenza. Ma se uno a diciassette anni deve ritrovarsi così, insonne e senza appetito, stanca e depressa, allora meglio fare una scemenza che morire dentro. Anche Prisca è d'accordo con me. Questa mattina, a scuola, durante l'ora di fisica, ci siamo scambiate la seguente conversazione passandoci dei bigliettini.

Allora? Ti ha risposto? , mi ha scritto lei.

No. E Paolo non è ancora tornato.

Cosa aspetti ad andare da lui?

Da chi?

Da Geo. Andare a Milano a cercare Paolo, con gli allenamenti che devi fare, non mi sembra il caso.

A questo punto Tommaso, il secchione della classe, ha iniziato a brontolare che lui voleva seguire e che se volevamo dirci qualcosa era meglio aspettare il cambio dell'ora. Noi gli abbiamo detto di non rompere e di passare il foglietto, se non voleva ritrovarsi la cartella piena di merda all'intervallo. Lui si è calcato gli occhiali sul naso e non ha più cipito.

Ma che dovrei fare? Appostarmi sotto casa sua?

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Ma che dovrei fare? Appostarmi sotto casa sua?

Perché no? Ti deve una spiegazione. Non può sparire così e aspettare che ti vada bene.

Non ho fatto in tempo a ricevere quest'ultimo biglietto, che Prisca è stata chiamata alla lavagna dal professor Giorgi.

«Vediamo, signorina, se ha capito di cosa stavamo parlando»

Prisca ha sfoderato uno dei suoi sorrisi-stendi-uomini, ma col professor Giorgi non attacca. Pare abbia una moglie,un'amante, e tre figlie, a casa. Le donne, lui, le capisce fin troppo bene. Prisca ha zoppicato fino alla lavagna, e secondo me faceva anche un po' apposta, perché so che non può ancora pattinare, ma ormai è guarita, e ha scarabocchiato qualcosa di assolutamente incomprensibile. Il professor Giorgi ha allungato il collo, strizzato gli occhi e poi si è lasciato scappare una risata.

«Signorina Rasulli, lei pensa che io sia un'idiota?»

«No... Assolutamente no», ha balbettato Prisca.

«Allora vuole spiegarmi cosa ha scritto e perché continuava a passarsi bigliettini con la compagna?»

Sono diventata rossa. Ci ha beccate in pieno. Prisca mi ha lanciato un'occhiata complice. Ci siamo prese un tre entrambe. In effetti, è quasi un regalo. Non so se avrei saputo fare di meglio. Io la fisica proprio non la capisco. Faccio i compiti in classe con le formule incollate nell'astuccio. Loro sono la mia salvezza.

Comunque, ho fatto la scemenza e sono qui davanti a casa di Geo da almeno due ore. Ho saltato l'allenamento. Ho le mani ghiacciate e il naso congelato. Fa freddissimo. Ma almeno non nevica. Siamo solo io e un gatto, qui fuori, sugli scalini del pianerottolo. Prima è passata una vicina, ha dato un'occhiata a me e al gatto, poi è rientrata a casa sua. Il gatto continua a strusciarsi sulla mia schiena. Sembra quello di Audrey Hepburn in Colazione da Tiffany. Mi sta già simpatico. Non credo sia di Geo, anche se ogni tanto fissa la porta come se stesse aspettando che si apra. Ho provato a suonare due volte, ma sembra che in casa non ci sia nessuno. Mi avvolgo il naso nella sciarpa e aspiro un po' di aria calda. Ho i brividi. Il gatto miagola e si accovaccia sulle mie gambe. 

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