Quando arriviamo a Lecco, Geo accosta sul lungolago. Mi sfilo il casco prima di scendere.
«Come sta andando? Ti piace?»
«Da morire», ammetto.
«Mi fa piacere. Io amo andare in moto»
«Geo, senti, posso farti una domanda? Quanti anni hai?»
«Ventuno. Perché?»
Alzo le spalle. «Così, sembravi più grande»
«E tu?», mi chiede.
«Sedici. Devo compierne diciassette a dicembre»
«Wow. Anche io pensavo fossi più grande»
Nessuno mi ha mai detto che dimostro più anni di quelli che ho. Forse perché sono tanto magra. Non ho molto seno. E mi vesto sempre con queste magliette larghe e un po' ridicole.
«Così, sei una pattinatrice», commenta, mentre ci avviamo verso un bar. Prima di rispondergli, guardo l'orologio. Ho ancora una mezz'ora di margine, poi mia madre inizierà a sguinzagliare i carabinieri, il soccorso alpino e la stradale, se non mi vede arrivare.
«Aspirante pattinatrice. E tu...?»
«Aspirante barman. Non di quelli sfigati, eh? Un barman vero. Uno che conosce tutti i segreti dei cocktail. Uno che potrebbe dirti qual è il tuo cocktail preferito, anche solo guardandoti»
«Esistono barman così?», esclamo, incredula. Non avrei mai pensato che dietro al mondo degli alcoolici, a me sconosciuto, ci fosse tutto questo.
Geo alza le spalle e inizia ad accendersi una sigaretta.
«Io credo di sì. Se devi fare una cosa, che sia al meglio di come puoi farla, no?»
Annuisco, mentre ci sediamo ai tavolini e ordino una Coca. Lui chiede una birra rossa.
Il fatto di non vedere i colori mi ha portato ad acuire la mia sensibilità. Forse per questo mi accorgo subito che Geo vuole sembrare più felice di quello che è. Dove è presente una sfumatura di sofferenza, io riesco a coglierla, anche se le altre persone cercano di non darlo a vedere. E Geo, di parti grigie, ne ha un bel po'. Non so se essere attratta o impaurita da questo, ma per il momento non mi interessa.
«Perché sei venuto a prendermi?», gli domando «mi hai fatto un grande piacere ma... Mi hai anche sorpresa. In fondo, non ci conosciamo nemmeno»
Lui fa un sorrisetto.
«Amo sorprendere le persone. E mi incuriosisci. Mi piacerebbe conoscerti meglio»
«Anche a me», sussurro.
«E non sono uno che porta tanta pazienza. Se una cosa va fatta, va fatta subito»
«E che dovevi fare?»
«Vederti»
Ci sorridiamo. Nessuno mi aveva mai parlato così. Geo beve un sorso della sua birra, si passa la lingua sulle labbra e volta la testa verso il lago.
«Guarda», sussurra.
Mi giro nella direzione del suo sguardo. Vedo il lago calmo, le persone che passeggiano, c'è una coppia mano nella mano.
«No, intendevo... Il cielo»
Già. Il cielo. Non è ancora notte e per me il cielo è tutto una macchia grigia, anche se dire grigio è riduttivo e non significa niente. Io non so cosa lui stia vedendo.
«Ti piace?», chiedo, per non fargli capire che sono diversa.
«A te no? E' quasi rosa. Dio, com'è bello. Tra un po' assumerà un colore violetto e poi pian piano si tufferà nel nero»
E allora, finalmente, avrò un po' di pace, penso, ma non lo dico.
Si volta verso di me.
«Questo cielo sul lago è bello quasi quanto i tuoi occhi», mi sussurra, sfiorandomi una mano. Mi sembra di impazzire, sento la gola secca e il cuore che non vuole saperne di stare calmo.
Non voglio svelargli della mia malattia. Almeno, non in questo momento magico. Non voglio che lui provi pena per me, e magari mi tratti in una maniera diversa da come sta facendo ora. Anche io ho i miei segreti e prima di aprirmi devo essere certa che lui sia interessato a me.
«E... di che colore sarebbero i miei occhi?», chiedo, cercando di assumere un tono di sfida.
Lui mi toglie gli occhiali e scruta le mie pupille.
«Hanno un colore ambrato. Un po' come il French Connection, l'hai mai assaggiato?»
Faccio segno di no, con la testa, ma mi fa ridere che paragoni i miei occhi a un cocktail.
«Dovresti provarlo, così avresti un'idea di com'è immergersi nei tuoi occhi»
Sbum. Dopo questa non capisco già più niente.
«Hai delle striature più scure... come di cioccolato»
«Il cioccolato ha un buon sapore», ammetto.
«E i miei occhi, ti piacciono?»
«Sì», rispondo «luccicano»
Lui sembra stupito.
«Luccicano?»
«Li vedo come non riesco a vedere nient'altro, adesso», ribatto, stupita che quelle parole mi siano uscite tanto alla svelta.
«E' strano, sono nerissimi. Non hanno colore»
«Ecco perché», sussurro, ma così piano che lui probabilmente non mi sente.
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Shake my colors
ChickLitATTENZIONE: TROVATE QUESTA STORIA AMPLIATA E CORRETTA IN TUTTE LE LIBRERIE E SUGLI STORE ONLINE, PUBBLICATA DA Sperling & Kupfer! Laura ha diciassette anni e ama il pattinaggio più di ogni altra cosa. È solo lì, sul ghiaccio, che si sente davvero se...