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Arrivarono al cancello e si era già fatto buio, la cosa non preoccupò nessuno dei due, quel posto non era spaventoso alla fin fine. Molto spontaneamente Frank spinse una barra metallica per aprirlo, ma questo fece resistenza, ma lui pensò che forse era dovuto al fatto che non ci avesse messo abbastanza forza, così riprovò, ma di nuovo il cancello restò chiuso.
«Gee…?».
«Mmh…».
«Che cazzo di ore sono?».
«Le sei e mezza» rispose estraendo il cellulare dalla tasca senza capire il senso di quella domanda.
«Porca puttana! Porca troia! Vaffanculo!» imprecò tirando un calcio al cancello. 
«Che succede?» chiese in preda al panico.
«Siamo fottutamente chiusi dentro, qui chiude alle sei e siamo in ritardo di mezz’ora cazzo! Ho il telefono scarico e non ho visto l’ora! Non c’è un pulsante di emergenza di merda, ho chiuso anche te qui dentro! Mi dispiace cazzo, cazzo, cazzo! Scusami davvero Gee! Sono una grande testa di cazzo! Che odio!» sbraitò particolarmente incazzato.
«Hey, hey, calmo Frankie, non è successo niente, non ho paura, troveremo il modo di uscire, possiamo sempre scavalcare, i muri non sono altissimi o potremmo chiamare Ray, stai tranquillo, davvero, non devi scusarti».
Il maggiore non seppe da dove fosse uscita quella calma, di solito lui era il primo ad agitarsi in certe situazione, eppure vedere il suo amato stare in quel modo gli fece prendere in mano la situazione, non poteva immaginare che Frank provasse quei sentimenti di odio verso se stesso, certo erano stati detti nella foga del momento, ma Gerard non avrebbe mai immaginato di sentirli pronunciare proprio da quella bocca. Era tutto strano, forse il nano era molto più umano di ciò che pensasse, non che lo avesse dipinto come una specie di alieno o di animaletto coccoloso, anche se ad essere onesti, ogni tanto quello sì, ma adesso non era il momento, lo aveva sempre visto come la perfezione fatta persona, in un certo senso in quell’istante si era manifestata a lui una parte debole del suo carattere, eppure spesso erano le debolezze, per quanto odiate, a rendere le persone ciò che erano…
Ad ogni modo il fatto che addossasse la colpa a se stesso lo faceva soffrire, era certamente colpa di entrambi che non si erano dati una mossa o forse di nessuno dei due dato che non potevano immaginare di restare chiusi là dentro. La cosa fondamentale in quel momento era trovare una soluzione.    
«Va bene… Ma scusa ancora… Diciamo che non ragiono e mi sento soffocare se sto tipo "in trappola”» fece le virgolette con dita.
«Tipo claustrofobia?».
«Una specie di qualcosafobia».
Gerard avrebbe voluto accarezzargli dolcemente i capelli o magari abbracciarlo, voleva semplicemente farlo stare meglio.
Nessun cimitero, per quanto bellissimo, poteva far stare male il suo nanetto, nessuno poteva farlo.
Preso dal coraggio, si avvicinò al muro accanto al cancello, infilò un piede tra le sbarre e fece forza con la gamba per sollevarsi. Si sorprese di se stesso, sarà che da quando aveva conosciuto il suo amico afro scavalcava in continuazione che manco un topo d’appartamento, che forse, prima o poi, qualcuno li avrebbe scambiati davvero per dei ladri, anche se al cimitero non c’era un cazzo da rubare, se non forse i fiori che magari qualche povero sventurato prendeva per venderli alle coppiette nei ristoranti. Anche se, ogni volta veniva aiutato da qualcuno a cui si teneva, ma questa volta voleva essere lui quello forte e in grado di farcela da solo e possibilmente senza rompersi nulla.
Frank sembrò avvicinarsi per aiutarlo, ma Gerard fu più veloce e con un slancio di gamba si mise a cavalcioni sul muro attaccato al cancello, avrebbe voluto cantare a squarcia gola “we are the champions” alzando le mani manco avesse vinto la coppa del mondo, ma vista l’impresa titanica che aveva appena compiuto forse se la meritava.
«Guarda come sono atletico!» si limitò a dire sorridendo.
«I miei complimenti» rispose Frank sorridendo.
Gerard girò la testa verso la parte fuori ed ebbe paura, effettivamente non aveva pensato a come cazzo sarebbe sceso da quel lato visto che non c’era nulla a cui tenersi… Si diede del coglione mentalmente.
«Fammi indovinare…»  cominciò Frank mettendo il piede tra le sbarre come aveva fatto Gerard poco prima.
Il rosso come risposta, si spostò strisciando lungo il muro gelido.
«Non sai scendere, vero?»  continuò ridendo dopo essersi messo a cavalcione di fronte a lui.
«Ehm… diciamo che ho fatto male i miei calcoli...» disse abbassando la testa.
«Sei adorabile quando fai così».
Gerard alzò la testa un pochino spesato.
Cosa aveva detto?
Nel frattempo il minore aveva teso il busto in avanti fino a far toccare il suo naso con quello dell’altro.
«Hai il naso freddo, adorabile anche questo Gee» soffiò sulle sue labbra.
Si baciarono dolcemente, senza fretta, quel momento era solo loro, non c’era malizia, non c’era smania, era tutto fine a se stesso.
Frank poggiò una mano sulla guancia di Gerard accarezzandolo con movimenti del pollice, ci fu un contrasto tra il viso congelato e le dita calde, era come loro due, caldo e freddo, che però quando venivano a contatto erano in perfetto equilibrio.
Gerard mise una mano dietro la nuca del nano, i suoi capelli erano morbidi  e un piccolo desiderio del ragazzo fu esaudito. 
Si staccarono con calma.
«Grazie Gee…».
«Per cosa?».
Ci fu un attimo di silenzio, come se Frank avesse voluto trovare le parole giuste e pensarci bene prima di dirle, sembrava che ci fossero tutta una serie di motivi che avrebbe potuto elencare, ma il piccolo decise che si poteva racchiudere tutto in un’unica cosa.

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