Verso la fine della quarta ora decise di andare in bagno a fumarsi una bella sigaretta, non che amasse fumare al bagno, soprattutto perché faceva venire l'epatite solo ad entrarci per la sporcizia, ma c'era religione, per cui aveva due buoni motivi per uscire, aveva bisogno di svagarsi per dieci minuti e riposare il cervello, non aveva fatto altro che pensare, pensare a tutto quello che era successo e pensare che avrebbe voluto cancellare ogni cosa, a partire dalla dannata voglia di erba all'inizio della scuola, così non avrebbe chiesto a Ray in cortile dove trovarla e di conseguenza non si sarebbe innamorato di quel pusherino.
Ormai era ufficialmente come una fangirl incazzata con il mondo e sé stessa perché non poteva andare al concerto della sua band preferita perché non facevano concerti nel suo paese/regione/stato o forse non facevano proprio concerti... Forse perché quella band era un'id... Okay, lasciamo stare che è meglio.In corridoio pensò solo che doveva rilassarsi e levarsi dalla testa sia Frank, che l'erba, che Christa, che le puttanate su Gesù, il bue, l'asinello e compagnia che aveva detto la sua professoressa negli ultimi quarantacinque minuti.
Arrivato in bagno finalmente si chiuse la porta alle spalle e respirò, adesso era solo, paradossalmente si sentiva solo, ma voleva esserlo, si sentiva libero quando era da solo, libero di essere sé stesso senza conseguenze. Almeno poteva fumare e fare uscire via i problemi come il fumo dalla sua bocca.
Chiuse gli occhi perché ne aveva bisogno.
Non si sentì subito meglio, ma già dopo qualche minuto avvertì come se tutto fosse scivolato via, finalmente un momento di leggerezza. Quando finì la sigaretta fu quasi deluso, non aveva voglia di uscire e affrontare il mondo, aprì gli occhi per fissare la porta piena di scritte stupide, disegni e frasi pseudo-poetiche che di poetico non aveva proprio niente, si mise a fissarle, pensò a quante storie potesse raccontare quel pezzo di legno, storie che non poteva cancellare, quelle scritte sarebbero state lá per sempre, perché anche se l'avessero sostituito la porta con una nuova, tutto quello che c'era sulla vecchia, sarebbe rimasto. Lo colpì particolarmente una frase, che era fin troppo profonda per stare tutti i giorni di fronte ad un fottuto cesso: "Scappare? Sì, ma dove? È solo cambiare cella, non cambia che stai in prigione."
Il messaggio che gli aveva dato era semplicemente di andare avanti; scappare e cancellare, era come tornare indietro a rimuaginare sul passato, cosa che faceva fin troppo spesso, ormai non aveva senso, lui sarebbe andato avanti, sul serio.
Era strano come in così poco tempo passato in un cesso puzzolente pieno di piscio, aveva capito che doveva lasciarsi tutto alle spalle e ricominciare.
Fiducioso aprì la porta continuando a fissare le parole che lo avevano aiutato, ma sentì un grugnito, aveva urtato qualcuno aprendola perché si era distratto e quindi si era buttato fuori senza guardare, subito cominciò il mal di pancia, non aveva neanche capito chi fosse il tizio per il primo istante, ma l'atto stesso che qualcuno concentrasse la sua attenzione su di lui lo metteva a disagio, ogni volta che era chiamato in causa da "estranei" cominciava a sentirsi male proprio fisicamente, ma si calmò, in fondo non era successo niente di che, aveva solo urtato un tizio a caso, sarebbe bastato un "scusami" e sarebbe finita lì, non lo avrebbe certamente preso a pugni, no?
Per tutto il tempo di quella pippa mentale si era guardato le scarpe come sempre, alzò la testa e sbiancò sentendo il cuore battere più forte direttamente sulla sua pelle.
Frank.
Sarebbe stato difficile andare avanti e superare quella sensazione delle farfalle nello stomaco.
Il piccolo lo guardò con la bocca schiusa, come se neanche lui lo avesse riconosciuto subito e come se le parole che si era preparato da dire al tizio a caso non andassero bene.
«Oh sei tu...» ruppe il silenzio un pò imbarazzato.
Gerard non sapeva cosa rispondere così disse la prima parola che viene in mente a tutti.
«Ciao».
E ovviamente si diede dell'idiota, ma almeno non aveva balbettato come al solito.
«Come stai? Mikey diceva che avevi l'influenza» provò il nano a sciogliere quella tensione fastidiosa che si era creata.
Gerard apprezzò lo sforzo, ma rimase imbambolato qualche secondo, come se tutto quello che stesse succedendo non fosse reale e come se gli ci volesse tempo per elaborare delle risposte che non dessero troppa confidenza.
«Sì... Ora sto bene...».
Divenne subito rosso, ma cercò di mantenere la calma, era più difficile del previsto.
«Menomale... E poi...».
Frank lasciò la frase a metà come se volesse pensarci un attimo anche lui, lì il panico invase il rosso che pensò di dover rimediare pur di far sembrare che fossero due conoscenti e basta.
«Che fai di bello qui?» chiese deglutendo e pensando di fare le stesse domande che sua madre faceva alle amiche che incontrava al mercato.
Che domanda del cazzo era? È ovvio che dovesse pisciare, idiota!
Si rimproverò.
«Una passeggiata, ho matematica e mi rompo le palle a stare e sentire» rise il nano.
Quella risata fece sorridere di riflesso anche lui, gli era mancato il modo unico in cui Frank lo invogliasse a sorridere, non lo faceva spesso, o almeno non così spontaneamente, con il nano veniva naturale e basta. Ma presto smise, perché, cazzo, non poteva cedere così facilmente, quanto erano passati, tipo dodici secondi? E lui stava già sbavando dietro quel cucciolo di bassotto, complimenti Gerard, molto senso del controllo, molto maturo, recita da Oscar proprio, come no, undici, dodici, credici.
«Tu?» continuò il piccolo.
«Stessa cosa, solo che ho religione» e stavolta provò ad essere serio.
«So che non ti piace molto».
Gerard annuì.
Ecco così andava meglio.
Ci fu un momento di silenzio, come se una nuvola di fumo scuro fosse spuntata di nuovo in mezzo a loro.
«Comunque... Come mai quella sera sei andato via? Cosa era successo? Mi ero preoccupato un sacco porca troia! Ti sono anche corso dietro con Jam, anche lei si era preoccupata parecchio... Fuori eri sparito nel nulla...» disse con la solita veemenza.
Questa frase lasciò il maggiore senza parole, non credeva alle sue orecchie.
"Jam".
Sentiva nella sua testa quel "Jam" a ripetizione, come se qualcuno lo stesse mettendo con delle casse nelle sue orecchie.
Se per un attimo si era detto di fare la persona matura, adesso la rabbia era appena tornata di prepotenza.
«Saranno anche cazzi miei e non tuoi!» rispose secco cambiando espressione del viso.
«Ah, okay, spero che comunque tu stia bene...» rispose l'altro leggermente sorpreso per quella espressione tanto brusca.
«Starei meglio se non ci fossi tu qua a rompere i coglioni, ciao».
Semplicemente andò via e il suono della campanella coprì un singhiozzo proveniente dalle sue labbra, avrebbe voluto piangere, si stava odiando per quell'atteggiamento ma era troppo necessario, per entrambi, per ricominciare senza guardarsi alle spalle, per andare avanti, questo si doveva ripetere e sarebbe andato tutto bene. Eppure, perché faceva così male?
Le cose erano cambiate fin troppo.
Ormai niente aveva più importanza.
Era troppo tardi.
Era finito tutto.
Davvero.Salve!
Non odiatemi pls 🌈
Anche se Gee stronzo è sempre figo u.u
Per Sharon, spero tu abbia riconosciuto la frase nel bagno, mi ricordo che è stata una delle prime cose che mi hai raccontato quando ci siamo conosciute e tra poco è un anno e piango ❤❤❤❤
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FanfictionCosa succede se un esemplare diciassettenne di Gerard Way, meglio noto come CiccioGee, si trasferisce in un nuovo paese e incontra un nano spacciatore di erba ed un afro spettinato con la passione per la matematica? Attenzione, altamente demenziale...