Capitolo 34

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Mr. Occhi di Ferro apre la porta della nostra stanza e mi lascia entrare per primo. Ancora scosso, mi siedo sul nostro letto, intanto che lui chiude la porta. Si appoggia ad essa e mi fissa. -Parla pure quando te la senti.- tenta di mettermi al mio agio.
Stringo forte i pugni sulle gambe e prendo dei respiri profondi. Non ho mai raccontato a nessuno la mia esperienza più negativa, nemmeno a Rose... eppure, lei c'era. Era presente nella mia vita in quel periodo.
Sono davvero sicuro di volergli dire la verità? Di dirgli di come ho fatto ad essere chi sono oggi?
Alla fine, vince la parte della sincerità.
Chiudo gli occhi e deglutisco pesantemente, tentando di squarciare ogni bugia che mi sono detto da solo nel corso degli anni solo per sentirmi almeno un po' in pace con me stesso.
Non ero innamorato di Rose alle medie. Non ero io la persona invisibile agli occhi degli altri. Non ero un bravo ragazzo.
Bugie, menzogne, storie inventate. È sempre stato tutto una farsa per me. Poi è comparsa lei... e l'ho distrutta. Ho distrutto entrambi.
-Smith...- mormoro con tono rassegnato. Non posso continuare a tenermi tutto dentro e sento che posso fidarmi di lui. -Grace Edith Smith. Si chiamava così.- apro di nuovo gli occhi, ora leggermente lucidi, e Mr. Occhi di Ferro si avvicina con cautela a me, per poi sedersi al mio fianco.
Fisso il muro davanti a me e sospiro lentamente.
Posso farcela.
-In realtà, io e Rose stiamo insieme dalle medie. Be', non proprio "insieme", più che altro qualche volta uscivamo, ma nulla di più. Non era qualcosa di serio come fu poi al liceo. Così io potevo frequentare chi volevo e lei pure.- faccio spallucce e mi fisso le dita, che si stringono fra di loro in un gesto nervoso.
Mi si scioglie il cuore quando mi ferma e stringe la mia mano sinistra nella sua, in modo confortevole.
-Sai com'è alle medie, no? Si inizia ad esplorare per davvero il mondo, ma soprattutto se stessi. Si hanno le prime reazioni sessuali da parte del corpo e le femmine iniziano a non essere più così schifose come da bambini. Si è curiosi. Ed io lo ero... ero curioso di Grace Edith Smith. Una ragazza diversa da tutti noi: era cresciuta prima sia col corpo che con la mente. Durante le ricreazioni, noi stavamo al telefono mentre lei leggeva. Andava bene nelle materie, non perché voleva essere la migliore, ma semplicemente perché voleva la strada libera per quando se ne sarebbe andata. Voleva andarsene da Los Angeles. Io lo avevo capito.- mi interrompo per prendere fiato, sto incominciando a singhiozzare.
La sua mano, calda e comoda come una casa, stringe maggiormente la mia e mi accarezza la pelle col pollice. Non mi mette fretta, mi aspetta e basta.
-La guardavo, qualche volta. Per quattro anni, l'ho fissata. Se ne stava in disparte, sempre da sola, ed io in qualche modo l'ammiravo, perché sembrava che non avesse bisogno di nessuno. Sembrava forte. Già... sembrava.- mi scappa un singhiozzo, che trattengo appena in gola, e stringo forte gli occhi e la mano che tenta di salvarmi da me stesso.
Dio, quant'è diventato faticoso parlare.
-Sono qui.- mi sussurra dolcemente e mi bacia il lobo dell'orecchio. Tento di riempire i polmoni con l'ossigeno e lo accarezzo a mia volta con le dita.
Ok, ci sono.
-Ho iniziato a fingere durante quegli anni, una striatura alla volta: facevo il fico con i miei amici, il bravo ragazzo a casa, ma non avevo le palle di chiederle di uscire. Scrivevo più volte il suo nome sul diario che quello di Rose... non capivo che cosa mi stesse succedendo. Non capivo che stavo avendo il mio primo, vero, innamoramento. In confronto, Rose era nulla, perché non la sognavo come sognavo Grace. Non immaginavo di spogliarla nella mia camera come con lei. Non... non pensavo a lei mentre... sotto la doccia... ma Grace sì.- perdo una lacrima e volto il viso dall'altra parte. Oltre alla paura, si è aggiunta anche la vergogna.
Ti prego, non guardarmi.
Mi faccio schifo da solo al sol pensiero che io... che io abbia fatto...
Mr. Occhi di Ferro mi prende delicatamente il mento e mi fa tornare faccia a faccia con lui. Mi sorride con tristezza: -Non avere paura, Louis. Eri solo un ragazzino. Non ti giudicherò per questo. Se vuoi, se riesci, puoi andare avanti.- mi asciuga una lacrima e mi bacia la guancia bagnata.
Annuisco, respiro pesantemente e punto lo sguardo sul pavimento. -Mi ero reso conto, però, che la desideravo come non avevo mai desiderato nessun' altro. Mi sentivo così in pace con il mondo quando posava il suo sguardo su di me. Aveva dei grandi occhi verdi pazzeschi, simili ai tuoi, che contrastavano con la capigliatura rosso fuoco. Non mi salutava mai, non salutava mai nessuno. Però, con me... arrossiva. E mi guardava come nessun' altro aveva mai fatto: come se valessi.- un colpo al cuore e alla memoria mi fa venire un leggero capogiro.
Forse, se non mi avesse mai guardato, non sarebbe mai accaduto ciò che è successo.
-Finito anche l'ultimo anno di medie, ci fu una festa a casa di un mio amico per il passaggio al liceo. C'erano, appunto, dei liceali. Fratelli, amici, cugini... in qualche modo, la situazione è degenerata. Be', almeno per me.- tento di sorridere in modo scherzoso, ma non funziona. Sento la cena di stasera risalirmi dallo stomaco.
Devo resistere.
-Quella sera bevvi e non era la prima volta. Bevei come mai avevo fatto. Mi divertii, risi, ballai, mi lasciai andare.- ridacchio e mi dò del coglione. -Non lo avessi mai fatto...-
Che idiota di merda che ero all' epoca.
-Grace era lì, a quella festa. Era la prima volta che la vedevo fuori da scuola, ma ero completamente andato. Nei miei occhi, girava la stanza e vedevo Grace dappertutto. Mi ricordo che portava la gonna... non l'aveva mai messa... e una maglietta hard rock stile anni novanta, ma su di lei pareva così alla moda.- mi perdo un po' nei miei pensieri ed entro finalmente in quell'angolo buio della mia mente dove pensavo di aver bruciato le immagini da me causate.
Buio.
Respiri.
Un corpo... un corpo caldo.
Qualcuno, con me. No... non con me.
Sotto di me.
-La seguii. La seguii fino in cantina, dov'era andata a prendersi da bere. Chiusi la porta a chiave...-
Delle gambe, cosce morbide.
Labbra carnose, bagnate dalle lacrime.
Una morsa mortale mi stringe il petto e lo stomaco come punizione.
-Mi avvicinai a lei... la costrinsi in un angolo...-
Ero ubriaco. Che scusa da stronzo.
Ero ubriaco.
-Ero totalmente andato, lo giuro!- grido con risentimento, tra le lacrime e il corpo ferito dalla tristezza. -E lei era così bella... non volevo farle del male.-
"Ti prego... no... non farlo!".
-La volevo, Harry, la volevo così tanto...- tossisco forte, strozzandomi con la saliva. Le mie mani tremano fortemente e mi abbraccio da solo, allontanandomi da quell'unico contatto con lui. -Ma non avrei mai... io non avrei mai voluto... lo giuro...-
"Louis, ti prego! No! Louis, sono io... guardami! Non toccarmi! Louis, ti scongiuro, no...".
-L'ho stuprata, Harry.- sputo quella parola velenosa che mi tormenta da quella sera, che mi fa impazzire ogni volta che la sento e che non ho mai avuto il coraggio di dire per anni. -Le ho fatto uscire il sangue... le ho fatto del male... oh, ti giuro che sono così pentito!- cado in ginocchio, in preda alla delusione di me stesso e grido.
Grido forte, affranto, a pezzi.
Perduto.
-Mi dispiace...- faccio fatica a parlare, vengo scosso dai singhiozzi e stringo nei pugni il tappeto.
Non riesco ad alzarmi. Non ho il coraggio di guardarlo in faccia e di vedere quanto schifo gli faccio.
Cazzo!
Un senso di nausea m'invade e corro più veloce che posso verso il water, rimettendo anima e corpo. Poi, finalmente, ricordo ogni dettaglio... ma non lo accetto.
Sono una persona così disgustosa.
Torno da lui con aria colpevole, le gambe tremanti e il sudore ad attaccarmi la maglietta alla pelle. È rimasto fermo, immobile, a guardare il muro. Non si muove.
Con rassegnazione, termino il racconto: -Qualcuno mi beccò. Entrò in cantina e ci vide, ma era troppo tardi. Grace era svenuta... e io ero sporco del suo sangue. Mi cacciarono via a calci in culo dalla porta di servizio per non far spaventare nessuno e mi stupii quando non chiamarono la polizia. Entrai in casa mia di nascosto, mi lavai più in fretta che potei e gettai nella spazzatura ciò che era impossibile pulire dal sangue. Il giorno seguente mi vennero a picchiare due o tre ragazzi che consideravo miei amici, ma io li lasciai fare: mi meritavo ogni botta. Quella fu l'ultima volta che vidi Grace. Da lì in poi seppi di lei solo tramite pettegolezzi. Si era trasferita... ed era stata operata.- mi mordo una guancia e mi siedo con difficoltà sui talloni, le ginocchia piegate a far piegare a loro volta il materasso.
Sono un mostro. Nient'altro che un mostro.
-Per colpa mia, lei... lei...- un groppo in gola non mi permette di continuare e lui si muove, finalmente. Volta la testa verso di me e sento solo più male al cuore alla vista del suo sguardo. Sembra stia aspettando il colpo di grazia. E fa bene a prepararsi.
-Per colpa mia, lei è diventata sterile.-
Sgrana gli occhi, sorpreso, e trattiene il respiro.
Mi aspetto da lui qualunque cosa: un rimprovero, uno schiaffo, un insulto... non il bacio che si fionda a darmi.
Cosa? No... perché?
Si allontana senza fretta e mi fissa in viso. I suoi lineamenti si sono addolciti, proprio come i suoi occhi.
-Harry, cosa...?- cerco di capire, scuotendo la testa e squadrandolo. Che significa?
-Non ha importanza chi tu fossi, quali sono i tuoi peccati o cosa hai fatto: tu sei pentito e questo mi basta.-
No... no, no, no!
-No, Harry, tu non capisci! Io amavo Grace, l'amavo per davvero, e l'ho uccisa, le ho rovinato la vita...-
-Eri un ragazzino curioso, con la voglia di sperimentare, stupido, giovane e ingenuo; lo siamo stati tutti. Sono passati anni, devi imparare a perdonarti.-
-No...- scuoto la testa con decisione e mi allontano di poco da lui. -Io non posso. Se mi perdono, tornerò come prima. Non posso lasciarmi andare mai più, capito? Non posso farlo!- agito la testa compulsivamente e mi tiro i capelli.
Sono in trappola, non posso andare avanti così.
-Io sono pericoloso quando amo.- sussurro, strizzando gli occhi e bagnando la coperta con le mie lacrime.
Commetto un errore dopo l'altro, da solo.
Regole, regole, regole... ne ho bisogno.
Sono una persona pericolosa.
-Louis, guardami.-
Sobbalzo al suono della sua voce, così gentile e sicura, e devo fare uno sforzo sovrumano per incatenare i nostri occhi insieme.
Verde nel blu, blu nel verde.
Avvicina una mano con cautela e mi accarezza, il pollice passa con tenerezza sul labbro screpolato e martoriato dai denti. -Sei meraviglioso quando ti lasci andare. Quando sorridi a una mia pessima battuta, quando ti lasci corteggiare da me senza fare storie, quando vieni mentre facciamo l'amore...-
"Facciamo l'amore...".
Arrossisco. Oh...
-Quando sei tu. Sei bellissimo, sia dentro che fuori. Mi piace da morire il vero te. Sei cresciuto da quel giorno, sei maturato. Ti sai controllare. E, comunque vadano le cose, io ti proteggerò sempre.- sorride in un modo così bello che mi fa tremare tutto dall'eccitazione che ho di stringerlo a me e mi bacia di nuovo.
Un bacio nuovo, con una sfumatura diversa. Dolce, rilassante, appassionato, caldo... pieno di noi e di ciò che siamo.
Mi lascia andare solo per permettermi di respirare, mi passa dei fazzoletti per il naso e per gli occhi, e mi accorgo di una cosa: non è scappato. Non se n'è andato, lasciandomi solo. In qualche modo, dentro di me, sapevo che non lo avrebbe fatto.
-Dunque... non c'è stato neanche un ragazzo nella tua infanzia, eh? Quindi è per questo che pensi di essere etero, dico bene?- cambia argomento ad un certo punto, mentre si mette il pigiama che sta prendendo dall'armadio e mi fissa. Sono seduto sotto le lenzuola, la schiena poggiata sul cuscino e la testa poggiata con le mani sulle ginocchia piegate.
Il cuore mi si ferma per qualche secondo quando mi accorgo di non sapere che cosa dirgli. Poi, la risposta, viene da sé: -Una volta, una persona a me molto cara, mi ha detto che non si è ciò che si è. Si è chi si è.- sorrido nel ricordarmi le parole di Lacy, perché sono vere.
Noi non siamo una cosa, siamo un chi.
Mr. Occhi di Ferro mi fissa sorpreso e fa un cenno d'assenso. -Mmh. Molto profondo come ragionamento, Mr. Tomlinson.- finge un tono aristocratico e mi fa un lieve inchino.
Rido divertito. -La ringrazio, Mr. Occhi di Ferro.-
-Come mi hai chiamato?-
Purtroppo, mi accorgo troppo tardi di quello che ho appena detto.
Oh, porca santissima... porca di quella!
Merda!
-Ehm... ho detto... Styles! Mr. Styles, ovviamente. Perché?-
-No, no, no, ti ho sentito: tu mi hai chiamato Mr. Occhi di Ferro.- ride leggermente al suo stesso soprannome, puntandomi contro l'indice.
Maledetta la mia boccaccia larga!
Alzo gli occhi al cielo, sperando di sembrare innocente. -Te lo sarai immaginato...-
-Che significa?-
Torno a fissarlo, stupito. Non mi aspettavo che s'incuriosisse di ciò. Alza un sopracciglio e mette le braccia conserte, impaziente.
E va bene...
-La prima volta che ci siamo incontrati, il tuo sguardo mi bruciava sulla pelle come ferro rovente. E da lì, Mr. Occhi di Ferro.- spiego brevemente, godendomi la sua espressione scioccata. Scuote la testa, fingendosi rassegnato, e mi guarda di sbieco con un sorriso malandrino. -Ricordati, però, che sono sempre Harry.- lo dice seriamente, nonostante l'espressione scherzosa in volto, ed io gli credo.
-D'accordo.- mormoro, godendomi la vista di lui che si decide nel dormire con solo i boxer.
Non riesco a credere che mi abbia accettato, che abbia capito chi sono anche con il mio segreto rivelato. Ora sono molto più felice.
Ed è adesso che lo noto. Che lo vedo per davvero.
Il suo sguardo: uno sguardo infinito, potente, pieno di mille colori e forme, colmo di sentimenti inespressi, di sorrisi nascosti, di baci desiderati e di passione controllata con forza.
Me ne rendo conto, l'ho capito solo adesso. Ed è chiaro, più chiaro della luce. Ora lo sento su di me, lo provo sulla pelle... lo vivo con lui.
-Non guardarmi in quel modo.- lo rimprovero, ma sto mentendo. Una parte di me che cerca di ribellarsi in ogni modo vorrebbe che non smettesse mai, per nessuna ragione al mondo.
-Come ti starei guardando?- domanda confuso.
-Come se t'importasse di me.- dico ovvio.
Lui resta senza parole. -Perché?-
Sento un tonfo al cuore e so che non posso più negarlo a me stesso.
Non posso più negarmi Harry.
-Perché, purtroppo, so che è vero.-
So che mi ami.

One Hundred's TrilogyDove le storie prendono vita. Scoprilo ora