La cosa peggiore del piangere non avviene nel "durante". Quando le lacrime scendono, bagnandoti in un modo fresco e malato le gote, ti cola il naso e singhiozzi, le bocca impastata dalla saliva e il petto dolorante, con quella morsa stretta e pungente che ti affligge.
No... il peggio è nel "dopo". Quando smetti. Perché? Perché non senti niente. Il cuore? Sembra sparito. Gli occhi, lievemente inumiditi, li senti come scavati, vuoti. Ti pare di essere nel nulla assoluto e completamente solo, al freddo.
Certo, questo dipende anche dal motivo. Tipo, un lutto. La perdita improvvisa della propria casa, della propria famiglia, spesso anche della propria vita. Sì, esatto, intendo dopo la morte. La maggior parte di noi, una volta passato a miglior vita, comincia a piangere. Per non aver fatto qualcosa in tempo, per non aver parlato in tempo... per non aver salutato nessuno. O almeno, così la penso io.
Certe volte, quando si piange, fa più male il nulla che il dolore. Può essere più doloroso il "dopo" del "durante".
Ma questo, meglio di me, lo sa Evelyn Tomlinson.
Parcheggio vicino al dormitorio e raggiungo in fretta le scale. Le salto due a due per fare più velocemente e tiro fuori le chiavi di fronte alla porta.
Se è veramente lei, non so come reagirò. Potrei abbracciarla, come potrei tranquillamente strangolarla.
Entro dentro casa e mi chiudo il battente alle spalle. Cammino insicuro e mi sale quasi un colpo al cuore quando vedo i miei amici in salotto con una quarta persona, la quale mi guarda subito.
Bionda scura, pelle di porcellana, naso piccolo e gli occhi azzurri della famiglia. Già, proprio come me la ricordavo.
Si alza in piedi dal divano e mi sorride cordialmente, -Ciao, Lou.- mi fissa con occhi dolci e fa giocare le dita delle mani fra di loro per il nervosismo.
Io serro la mascella e la fisso con uno sguardo pesante. È cambiata tantissimo... certo, anche io sono cresciuto, ma lei sembra più donna di prima, più grande in tutto e per tutto.
I miei amici, capendo che non è aria per una conversazione tranquilla, decidono di lasciarci soli ed escono per andare non so dove.
Rimaniamo solo io ed Evelyn. Si avvicina di poco, ma capisce di non doversi avvicinare più di tanto.
No, per l' amor di Dio, quei tuoi occhi così simili a quelli di papà non mi faranno inginocchiare ai tuoi piedi.
-Sono venuta per vedere se stai bene.- la sua voce è dolce, più matura di quanto mi ricordassi.
Mi mordo il labbro inferiore e sgrano gli occhi, fissandola in modo sorpreso. -Davvero? Dopo dodici anni, Eve?-
-Ho saputo dalla TV quello che ti è successo, non mi avete detto niente...-
-Certo che no, perché tu sei sparita!- esplodo alla fine, sentendo in corpo tutta la rabbia provata verso di lei nel corso degli anni. -Non hai mai risposto al telefono, Evelyn, perché cazzo avremmo dovuto dirti qualcosa?!-
Non c'eri, non c'eri mai.
Sbatte le palpebre, nervosa. -Mi dispiace. Hai tutto il diritto di essere arrabbiato, però adesso sono qui. E voglio aiutarti.-
Le mie sopracciglia si alzano fino a quasi toccare i capelli e metto le mani sui fianchi, sicuro di aver sentito male. -Scusami?-
Lei vuole aiutare me? È uno scherzo, vero?
-Ti prometto che ti starò accanto in ogni momento, voglio solo...-
-Oh, ma sta' zitta!- sbotto furioso e capisco che sì, voglio decisamente strangolarla. -Non ti voglio qui, vattene subito da casa mia!- le ordino, dirigendomi verso la cucina. Prendo fuori dal frigo della verdura e della carne, cominciando a preparare il pranzo per me e i ragazzi. Forse, se la ignoro, se ne andrà. E invece no, lei è sempre lì, sulla soglia a guardarmi, cercando le parole giusto da dire.
Ce ne metterà di tempo. Come osa farsi viva dopo tutti questi anni? Mamma lo sa che è qui? E le nostre sorelle?
Eve si poggia con le mani alla penisola dove sto tagliando la lattuga e diventa più seria di prima: -Louis, guardami.-
Fermo il coltello e alzo gli occhi, ma non la testa. -Se provi solamente a dire che sbaglio nel trattarti in questo modo...-
-No, non sbagli.-
-E allora capirai anche perché cazzo non ti voglio qui!- urlo a squarciagola, sbattendo il coltello nel lavandino con forza. -Sei sparita per dodici anni, Eve! Dodici! Non rispondevi alle chiamate, pensavamo che fossi morta! L' unica cosa che facevi era mandare un semplice messaggio a Lottie al mese con su scritto "sto bene". A Lottie, poi, non a me che sono il più grande tra i fratelli dopo di te!-
-Non sono sparita, sono scappata!- alza la voce a sua volta, i capelli le cadono sulle spalle e la riga laterale le inquadra bene il viso stressato. -Nostra madre mi stava soffocando, non voleva per me la vita che desideravo io e adesso lo sta facendo con te!-
-Non hai pensato a noi? Ci hai lasciati, Eve, eri nostra sorella.-
-Sono vostra sorella, Louis.-
-No, ti sbagli. Non lo sei più.- scuoto la testa, schifato per come si sia comportata con tutta la famiglia. -Non sei neanche venuta al funerale di papà.- sussurro e il cuore mi fa male, perché è stata la cosa più dolorosa che abbia fatto.
Evelyn mi guarda ferita. -Non sapevo nemmeno che fosse morto.- confessa, -Me l' ha detto in risposta Lottie al mio solito messaggio. Mamma non mi ha neanche invitata al funerale.-
-Non eri rintracciabile.-
-Vuoi smetterla di difenderla, cavolo?!- si arrabbia di colpo, trucidandomi con quegli occhi maledetti. -Per lei siamo come dei burattini, non lo capisci? Dopo che avrà finito con te, passerà alle nostre sorelle. Per questo me ne sono andata.-
-E ti sei sposata.- noto, vedendo la fede nuziale al suo dito.
Wow... cos' è successo?
Diventa rossa per l' imbarazzo, ma mi mostra comunque meglio l' anello. -Si chiama Isaiah. Sono sua moglie da quattro anni. È un brav' uomo e lavora nel campo del giornalismo.-
Resto sgomento. Abbiamo un nuovo componente della famiglia e nessuno di noi ne sapeva nulla. Anzi, lei stessa si è rifatta una famiglia. Ma perché è qui? Perché adesso? Perché non la sto cacciando via a calci in culo?
La guardo per intero e tento di fare come Harry, di vedere tutti i movimenti e le espressioni di mia sorella per capire cosa mi sta nascondendo. È stressata, si morde il labbro... e ha dormito poco, ha le occhiaie. Le mani si stringono fra di loro come se le dita tentassero di strapparsi a vicenda e ha un' aria buia. Capisco tutto non appena vedo il suo ventre leggermente gonfio.
Punto i miei occhi su di lei, sorpreso. -Hai litigato con Isaiah e sei incinta.-
Eve sgrana gli occhi, muove le labbra per cercare le parole giuste e diventa rossa sulle guance. -Abbiamo avuto un litigio forte e me ne sono andata temporaneamente per riflettere. Mamma dovrebbe costringerti a diventare un indovino, non uno psicologo.-
-Punto primo: mi sono iscritto io al Queens e questo perché voglio diventare uno scrittore. Secondo: leggere il comportamento umano fa parte delle scienze umane.- spiego categoricamente, infastidito riguardo al commento su nostra madre.
Perché ce l' ha tanto con lei? Ok, in qualsiasi mio ricordo di loro due insieme non facevano altro che litigare, ma non ho mai capito il perché.
-Non scambiarmi per una scema, Lou. È stata mamma ad influenzarti per la scelta del college, vuole che diventi uno psicologo, un profiler o che cazzo ne so io per ricavarne qualcosa lei! Se ne frega delle tue passioni e del fatto che ti piace scrivere, proprio come con me. Io volevo andare all' accademia di belle arti di questa città, ma nostra madre ha preferito mandarmi allo scientifico per farmi diventare una scenziata, facendomi così perdere due anni di liceo con le bocciature. Adesso sono libera e insegno teatro agli adolescenti e agli universitari, in qualsiasi studio artistico sono disposti a prendermi.- i suoi occhi brillano luminosi, pieni di gioia nel raccontarmi il suo lavoro. -Ho passato gli ultimi dodici anni in giro per gli Stati Uniti, insegnando la recitazione in parecchie scuole d' arte. Ho conosciuto tantissimi ragazzi fantastici e mi sono innamorata dell' uomo giusto. Ma l' ho fatto solo perché mi sono ribellata. Ho deciso il mio destino e la mia strada. Non vuoi farlo anche tu?- mi fissa, speranzosa di avermi convinto. E ci è quasi riuscita, cazzo.
Evelyn... perché ti ci metti anche tu a confondermi le idee?
Non solo Harry, adesso c'è anche mia sorella a farmi sentire vulnerabile nelle mie scelte. A farmi pensare che tutto quello che ho fatto fino ad oggi, sia stato solo un grosso errore.
Libertà.
Suona così bella questa parola. Lei si è aperta da sola la porta per il mondo. E non aveva nessuno. Faccio un sospiro mentalmente. Già, non aveva nessuno... ma aveva scelto di non avere nessuno.
-Se hai badato a così tanti ragazzini, potevi anche occuparti insieme a me delle nostre sorelle.- glielo dico senza sentimento, perché stavolta neanche la rabbia è in grado di soddisfare a pieno l' odio che sento nei suoi confronti.
Evelyn corruga la fronte e delle rughe perplesse si formano sulla sua fronte.
-Potevi esserci quando Fizzy ha avuto la febbre a quaranta il giorno del suo esame per passare al liceo, stava così male che ho dovuto portarla in ospedale, dato che mamma era a lavoro. Potevi senza alcun problema assistere all'operazione di Lottie mentre le toglievano l' appendice. Potevi essere presente ai compleanni delle gemelle, potevi rimanere con noi, potevi fottutamente informarti di che cazzo stesse accadendo alla tua merdosa famiglia, della quale non te ne frega più un cazzo di niente!- grido incazzato nero, calcando su alcune parole e sperando di averla fatta soffrire almeno un terzo di quanto lei abbia fatto soffrire me.
Ha le lacrime agli occhi e stanno venendo pure a me. -Se ti sei ribellata al punto da scappare... cosa ti proibiva di ribellarti anche in casa?- sussurro queste parole con amarezza e la vedo singhiozzare. Sembra voglia dirmi qualcosa, ma poi ci ripensa. Scuote la testa e sbatte le palpebre. -Io ho avuto un buon motivo per andarmene. Anche tu hai la tua buona ragione per disobbedirle. E sappiamo entrambi qual' è.-
Traballo sul posto e mi reggo a fatica in piedi. Lei... vuole davvero tirare fuori quel discorso?
-Non voglio parlarne.-
-Perché? Da bambino non facevi altro che ribadirlo.-
-Appunto, Eve, da bambino. Ora sono un uomo.- l' ammonisco, però sento il mio stomaco attorcigliarsi su se stesso. Quell' argomento non è mai stato il mio preferito.
Lei mi osserva come se mi vedesse per la prima volta. -Sei diventato un codardo, fratellino. Ecco che effetto ha avuto su di te la mia lontananza. Non sei più quel bimbo teppistello che conoscevo.- la sua frase mi sembra delusa, quasi offesa.
Sbuffo e rimetto la verdura e la carne al loro posto, mi è passata la fame. -Fuori di qui.- dico solamente, dirigendomi verso il bagno. È la sua voce a fermarmi: -Voglio che tu sia presente quando nascerà il piccolo.-
Mi congelo e sento un freddo glaciale espandersi nelle mie ossa. Deglutisco pur di non vomitare. -Perché dovrei... se tu non lo sei stata mai?- sibilo, senza nemmeno guardarla. Riprendo a camminare e vado a sciacquarmi la faccia.
Prendo dei respiri profondi, appoggiandomi al lavandino, e sento un dolore orribile alla testa. L' affanno aumenta e mi sento fiacco. Mi siedo sulla tavolozza del water e poggio la nuca al muro.
Cristo Santo, ma quando finiranno la mia famiglia e il mio passato di tormentarmi?
Mi passo le mani sul volto e mi piego di scatto in avanti sentendo del liquido caldo sulle dita.
Dio, no, ancora?!
Prendo la carta igienica e strappo qualche strato, pulendomi poi il sangue dal naso. Quest' estate ho continuato a perdere sangue, eppure non faceva così caldo.
Una volta sistemato, tiro lo sciacquone e ritorno in salone, ma stavolta Evelyn non c'è. Sulla penisola, però, c'è qualcosa: il suo biglietto da visita, col numero di telefono e la via dove insegna teatro... qui?!
Divento praticamente una statua di cera.
Si è trasferita qui?!
Fantastico! Di bene in meglio...
Ringhio tra i denti. Che rimanga pure! Non me ne frega un cazzo!
Mi prendo la testa tra le mani e mi godo il silenzio pur di tranquillizzarmi, ma sono sfigato di natura a quanto pare, perché la suoneria del mio telefono ha preso a rompermi. Prego non sia Rose, mia madre o, peggio, Mr. Bastardo, ma non è nessuno di loro e mi stupisco non poco quando leggo il nome di Nate.
Quel bugiardo...
Cazzo! Il mio cervello ha appena acceso la sua lampadina della memoria. Dovevo dire alle sorelle Hanson di Nate e Jordan!
Ma adesso, lui che cosa vuole da me?
Rispondo titubante e avvicino il cellulare all'orecchio. -Nate?-
-Sì, ciao, Louis. Senti... posso parlarti?-
Un enorme sospiro di sollievo scaturisce dalla mia mente. Di sicuro vorrà chiedermi aiuto per come dire a Lacy la verità sul rapporto tra lui ed Harry. Nulla di grave.
Sorrido, fiero del suo coraggio. -Ma certo, dimmi.-
-Posso venire da te un secondo? Lacy non c'è, giusto? È importante e vorrei discuterne con te.-
-Certo che puoi, raggiungimi pure al dormitorio. Di che si tratta?- faccio il finto tonto, perché alla fine è un bravo ragazzo e non me la sento di farlo sentire alle strette.
-Ecco, io, ehm... vorrei che mi aiutassi a preparare il discorso da farle.-
Faccio una smorfia confusa. Un discorso? Ehm... ok, se non vuole arrivare dritto al punto va bene anche così.
-Va bene, non è un problema per me.-
-Grandioso! E... cioè... sì, insomma... per te dirà di sì?-
Mi va di traverso la saliva e tossisco più volte, piegandomi in due e tenendomi alla penisola.
Che cazzo?! No... no, no, no!
Non ho capito male, vero? Vi prego, ditemi che non ho capito male.
-Nate, non capisco, di cosa stai parlando precisamente?- glielo chiedo con cautela e spero vivamente di sbagliarmi.
-Be', io... vorrei...- ridacchia leggermente, emozionato. -Vorrei chiedere a Lacy di sposarmi.-
Ora ti uccido.
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One Hundred's Trilogy
Fanfiction🔴🔞 Raccolta della One Hundred's Trilogy: • One Hundred Kinds of Styles. • One Thousand Tears of Styles. • One Million Kisses of Styles. @uncoverdlouis: "È una morte lenta, bellissima e dolorosa questa fanfiction". @_ilary-: "La sto rileggendo. Non...