Capitolo 56

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Tutto il mio corpo si appesantisce nel camminare verso di lei con lentezza. Grace non si muove e non capisco se stia fissando il mondo sotto di lei, che rischia di inghiottirla, o la notte stellata, che potrebbe tranquillamente rinominarla come stella propria dopo un salto nel vuoto. Scendo gli scalini che mi separano da lei, assieme allo spazio scuro del terrazzo.
Per tutto il tempo... io ero con Grace. Ho parlato con lei, l'ho baciata! Mi sento morire. L'ho quasi stuprata di nuovo. Anche se l'ho sempre avuta davanti agli occhi, non l'ho mai riconosciuta.
Che cosa ti ho fatto? Chi sei diventata?
-A volte, io e mia sorella vediamo insieme "Moana". Lo trovo interessante: non puoi mai capire chi sei veramente finché non soffri.-
Mio Dio. In qualche modo... ha sempre tentato di farmelo capire.
Grace resta sempre ferma, come una statua, in equilibrio sul cornicione. Io continuo ad avvicinarmi. -"Ti ho cercata attraverso l'oceano...".- canto con sicurezza per calmarla, perché ora capisco che non si butterà.
Non ancora.
Lei volta di poco la testa lateralmente e le vedo la coda dell'occhio.
-"E so chi sei".- proseguo nella mia avanzata e Grace poggia titubante un piede a terra, l'altra gamba piegata verso il vuoto.
Così, piccola.
-"Quando il cuore ti è stato rubato...".- mi mancano pochi metri per raggiungerla e mette anche l'altro piede a terra, ora in salvo.
Ricordo il momento dello stupro, le sue lacrime, le sue urla...
Io le ho rubato il cuore. E gliel'ho ucciso.
-"... chi fossi lo hai scordato".- mi fermo che sono a due passi da lei.
Grace si volta di scatto e mi punta la pistola al petto, i suoi occhi sono lucidi e la mascella è serrata. Lei, però, non spara.
-"È un ricordo ormai... Ma chi sei, tu lo sai".- le mie pupille non mollano le sue e non ho paura neanche quando toglie la sicura. Ho anche smesso di tremare.
Non ti temo.
-Io mi ricordo di te.- sussurro le prime parole che lei stessa mi rivolse il giorno in cui parlammo per la prima volta e noto che le sta traballando la mano con l'arma.
Il labbro le tremola così tanto che se lo stringe tra i denti e deglutisce. Aveva pianificato tutto, sin dall'inizio. Eppure c'è una cosa che non capisco: cos'è successo a sua sorella?
-Ciao, Grace.- parlo con dolcezza e le sorrido, -Non sono arrabbiato con te e non ho più paura. Anzi, penso di non averne mai avuto veramente.- scandisco bene ogni parola così da tenerla tranquilla.
Non ha più importanza se muoio, per me conta il chiarirmi con lei. Farle capire quanto sono pentito di tutto quello che è successo.
-"Arrabbiato"? "Paura"?- sputa incredula e sorride con cattiveria, -Credi davvero che volessi farti arrabbiare o spaventarti? No, Tomlinson. Io miravo al tuo dolore! Voglio che tu soffra, che percepisci almeno un po' quanto disprezzo e odio io abbia provato in tutti questi anni!- grida fuori di sé, agitando la pistola contro di me. Se continua a muoversi a scatti in questo modo, è sicuro che le parte un colpo.
Sposto il peso da un piede all'altro, costantemente sotto tiro. -Allora dimmelo, Grace. Dimmi cos'hai dovuto sopportare a causa mia. Spiegami perché la tua gemella si trova qui.-
Fammi male, piccola. Me lo merito.
Grace stringe con forza la pistola e posso vedere la vena sul suo collo pulsare. È spaventata, ma furiosa, e questo le dà il coraggio di parlare: -Mi chiamo Grace Edith Smith e ho ventuno anni. Il sette Giugno Duemiladieci sono stata stuprata da te, Louis William Tomlinson; un ragazzino quattordicenne, cocco di mamma e popolare tra i suoi amichetti del cazzo. Mi parlavi sì e no due volte l'anno e mi guardavi come fossi un fottuto dessert. Quella sera, durante quella festa, tu mi... mi hai toccata contro il mio volere e, nel bel mezzo del tuo "divertimento" malsano, il mio telefono ha fatto partire una chiamata ad Amber.- la sua voce sembra pronta al pianto, piega la testa di lato e cozza col tallone il cornicione.
Un brivido freddo mi attraversa la schiena, sia per la sua frase che per il rischio che voli giù.
-Mia sorella ci ha sentiti. Ha sentito le mie urla! Ha rubato l'auto di nostro padre e ha guidato come una pazza per venire a salvarmi da te... se solo non fosse stato per quel camion che non l'ha vista.-
Dio... no...
-Emorragia interna, danni irreparabili e perdita della capacità di intendere e di volere. L'hai ridotta una bambola. Lei non sarà mai più la stessa, io non riesco a farmi toccare e non potrò mai, mai e poi mai, avere un figlio col mio stesso sangue! Per tutti gli anni di liceo mi hanno chiamata "Figa di Legno Grace", solo perché la sola idea di avere di nuovo un rapporto mi dava la nausea. L'ultimo anno è andata peggio: ero l'unica ancora vergine, perché sì, tu per me non conti affatto come prima volta, e questo i maschi lo hanno preso come una sfida. Prova solo a immaginare cos'hanno provato a farmi... Non ho mai neanche avuto un ragazzo, sai quanto può essere attraente una fidanzata sterile, una moglie sterile?! I miei genitori sono morti due anni fa in un incidente, se non fosse stato per te io adesso avrei ancora Amber, e invece no! Mi sono finta lei solo per portarti fin qui, per mostrarti cosa il tuo gesto mostruoso ha causato, sennò sapevo che non mi avresti seguita. E tutto questo solo perché tu hai rovinato la mia vita!- sbraita, gli occhi luminosi per il pianto, la faccia rossa e bagnata dalle lacrime, il naso gocciolante e la bocca arida.
Le vene del collo e della fronte si gonfiano ogni volta che parla, deglutisce o serra la mascella. Trema visibilmente e vederla in queste condizioni mi stringe il cuore in una morsa dolorosa, lacerandomi internamente.
Mi sento uno schifo, un rifiuto umano. Io ho umiliato sentimentalmente questa ragazza, questa donna... le ho rovinato il futuro e la dignità. Al sentire della morte dei suoi genitori, mi sono venute in mente le parole "fattore scatenante".
Vaffanculo, davvero, vaffanculo a me e alla mia merdosa pubertà.
Perché cazzo ho bevuto, quella sera?
Ne sono certo, questa colpa mi tormenterà finché vivo. Se vivo.
Eppure, dentro di me, sento che questo quadro fatto di tragedia e orrore, disgustoso, è incompleto. Manca qualcosa.
Ci deve essere un'altra ragione, oltre a tutto quello che mi ha detto e alla morte dei suoi genitori, un motivo essenziale.
Ha ucciso Keira, ha sparato a una donna e mi ha rapito. È già bella che spacciata con le autorità.
Analizzo attentamente tutte le mosse e i comportamenti che le ho visto assumere in mia presenza, pregando che il modo di fare di Harry e lo studio del Queens mi tornino utili.
Il rapimento è un gesto avventato, pericoloso, che può durare dai pochi giorni agli anni. Chi lo compie è allo stremo delle forze, affranto, non ha più nulla da perdere.
Non ha più nulla da perdere...
La voglia di buttarmi di sotto al suo posto cresce.
Oh, cazzo.
-Amber sta morendo.- capisco e noto dal suo viso che ci ho azzeccato.
Fa una smorfia. -Troppe operazioni, troppo complessi i suoi danni cerebrali, a detta del neurochirugo... massimo due o tre mesi prima che il suo cervello non regga più e diventi clinicamente morta. Poi sarò io a dover scegliere quando staccare la spina.- le si incrina la voce.
Oddio.
Ripenso alle sue minacce fatte con tono tremante, al fatto che ha sparato a quella donna... all'addome.
Non al petto, non alla testa.
All'addome.
L'ho vista, non ha sparato alla ceca, voleva colpirla lì.
-Tu non mi ucciderai. Proprio come non hai voluto uccidere quella donna di fronte al figlio o Keira.- dico con tranquillità, rilassando i pugni e senza perderla di vista. -Le hai sparato in un punto salvabile e lo hai fatto perché non sei un'assassina. Keira, invece, è stata un imprevisto; l'hai detto tu stessa che aveva scoperto tutto e che per questo hai dovuto sbarazzarti di lei. Tu non hai mai pensato di uccidermi, vero? Volevi soltanto mostrarmi cosa ho fatto a te, a tua sorella, volevi vendetta! Volevi farmi sentire in colpa, farmi capire quale mostro io sia, ma non premerai quel grilletto anche perché hai capito che io non sono più l'uomo che credi, non mi ucciderai perché...!- parlo in fretta e mi interrompo non appena noto i suoi occhi, spaventati e timidi.
Oh... Dio... no...
Il vento smuove i capelli a entrambi e io rabbrividisco. Se le parlavo, arrossiva. Mi sorrideva sempre, era imbarazzata, mi salutava quando mi beccava a fissarla...
Cristo Santo.
-Perché mi ami.- realizzo e butto fuori tutto un respiro con queste parole, -Tu mi ami.- mi si appanna la vista e comincia a tremarmi il labbro.
Questo spiega tutto. Grace mi amava alle medie e mi ama anche adesso. Come ho potuto essere così stupido?
-Sì...- conferma, chiude gli occhi e si morde il labbro inferiore. -Sì, è vero, io ti amo. Ti ho amato a scuola e ti amo persino adesso. Ma... ma dopo quella notte, io ti ho odiato. Ti ho odiato come non ho mai odiato nessuno. Ho passato anni a pianificare la mia vendetta e ho perso le staffe quando ho scoperto che te ne eri andato da Los Angeles. Ti ho cercato ovunque.- ride con amarezza e scuote il capo, -Poi ho sentito il tuo nome alla televisione e l'ho letto sui giornali. La tua puttana coi ricci è ben vista, eh? Non sei riuscito a nasconderti neanche andando su un'isola.-
Harry.
Sento la cena salirmi in gola. Ci ha trovati con le foto fatte dai paparazzi a Fuerteventura. E con quel cazzo di articolo sul giornale, dove hanno beccato me e Harry all'aeroporto...
-Ho dovuto lasciare mia sorella da sola, ma ne è valsa la pena. Ho scambiato le nostre carte d'identità per uscire dalla città e ho modificato la sua per iscrivermi al Queens. Dopo di che trucco e parrucco, un'informazione falsa o due e tutti se la sono bevuta. Inizialmente volevo ucciderti, lo ammetto, a sangue freddo proprio come un animale. Poi ti ho visto... ed è andato tutto a puttane.- il suo sorriso è combattuto, in guerra con il suo pianto. -Ho conosciuto un Louis diverso, buono. Più simile a me di quanto potessi immaginare. Ero certa che fossi cambiato, che fossi migliorato.- ride sguaiatamente, in modo malato, -Dio, quanto mi sbagliavo! Proprio come la prima volta: una festa, dell'alcol, le tue luride mani su di me... solo che stavolta hai avuto la decenza di fermarti.- deglutisce e traballa di poco.
È emozionata e fa fatica a esternare le sue emozioni. Mi sembra così... fragile e... a pezzi.
-Perché, Louis? Dimmelo, perché?!- si accende come una tempesta rabbiosa e sembra quasi che questo vento, gelido e potente, provenga da lei.
-Non mi volevi come ti volevo io? Volevi punirmi? Ci sei riuscito, cazzo! Mi hai spezzato il cuore. Me lo hai rubato, lo hai ridotto in mille pezzi e gli hai dato fuoco. Eri il mio primo amore, il mio pensiero fisso, quello sulla quale facevo tutti i miei sogni a occhi aperti. Ero solo una ragazzina, eravamo solo dei ragazzini! Non ho più amato dopo di te, non ho più provato niente. Quando ti ho ritrovato, ho ripreso come a vivere. Hai fatto battere il mio cuore un'ultima volta... prima di spegnerlo per sempre.- lacrime silenziose le tracciano gli zigomi e gocciolano giù dalla mascella.
-Tu mi hai resa la persona che sono oggi, è tutta colpa tua! Non stavi pensando quando l'hai fatto, no, non hai temuto delle ripercussioni che avrebbe avuto su di me! Adesso rispondimi! Ho il diritto di sapere il perché, dimmi perché!- si agita e il terrore predomina ancora la mia mente.
Ogni ricordo di noi insieme e il suo monologo costruiscono come un monumento esemplare fra i miei pensieri, che emerge e splende, facendomi tornare lucido. Ecco spiegato tutto... ecco la verità.
Una ventata d'aria calda furente ci investe e il terrazzo comincia a tremare.
Cosa cavolo...?
Grace si volta e alziamo entrambi la testa: un elicottero nero sta scendendo dall' alto e i suoi fari puntano dritti verso di noi. Le eliche fanno fanno un rumore insopportabile e scorgo attraverso il vetro la figura di Harry con dei poliziotti.
Oh, Dio... mi ha trovato!
Come hanno fat... il cellulare.
Guardo la rossa davanti a me e comincio a comprendere, provando un senso di pena. Non le interessava se ci avrebbero trovati o no, lei quello che vuole fare riuscirà a farlo comunque.
Grace... no...
-Grace Edith Smith! Metti giù la pistola e mani dietro la testa.- una voce autoritaria prodotta da un megafono si innalza al cielo e vedo distintamente un cecchino sporgersi dall'elicottero e puntare la propria arma verso di lei.
No!
Prendo a sudare freddo. Grace non deve sparare, se spara siamo entrambi fritti.
-Abbiamo circondato l' edificio. Arrenditi e nessuno si farà male.- continua questa voce e con la coda dell'occhio spio la porta, da dove spuntano di poco le forze armate, pronte a intervenire.
Tremo per il timore che possano ferirla. Devo fare qualcosa, far capire loro che quella in pericolo è lei, non io. Ammiro il mio amore adolescenziale con paura e un nodo mi stringe alla gola.
Lei non merita di morire.
-Vogliamo aiutarti, Grace.-
-Bugiardi... bugiardi!- urla al vento, -Solo lui mi può aiutare.-
Stringo i pugni e cerco il controllo di tutto me stesso, lo stesso che ho perso quando ho scoperto la verità sulle gemelle. Penso in fretta, ragiono su tutto ciò che è successo fin'ora.
Devo trovare le parole giuste, fare un discorso elaborato, perché so che una mia parola sbagliata o un mio gesto brusco possono farla scattare per compiere un atto estremo.
Allungo una mano verso di lei e cammino di poco contro la pistola. -Ti prego, no, non farlo.- mormoro.
-Fa' un altro passo e ti sparo!- scuote la testa, -Stammi lontano!-
-Grace... tutto questo è a causa mia, sia io che te lo sappiamo bene. Ho pensato a te ogni giorno, per sei anni, rimpiangendo quella notte. Non sapevo cosa stavo facendo, ero ubriaco marcio, non ci stavo con la testa... però nessuna di queste è una scusa plausibile. Non mi giustifica nulla.- le arrivo così vicino che la canna della pistola mi preme contro il petto; è ancora calda dall'ultimo sparo.
In questo momento, non so chi dei due abbia più paura: se io della sua arma o lei di quello che le sto dicendo.
-Non era vendetta. Non era una punizione. Era amore. Amore dimostrato nel modo più sbagliato possibile. Perché sì, ti amavo anch'io.- le lacrime tornano a farmi vedere male e mi brucia il naso.
Lei, i capelli sciolti di fuoco e gli occhi di foresta, è stupenda pure ora.
-Ti ricordi la nostra compagna di corsi, quella biondina dagli occhi scuri, Rose O'Donnell? Ecco, io... dovevo sposarla, ero costretto. Per quattro anni ho voluto te, non Rose. Né lei né nessun'altra, solo te. Non ho mai saputo, dopo, che fine avessi fatto e che cosa fosse successo ad Amber. Diamine, non sapevo nemmeno che avessi una sorella! Ti giuro che, se potessi, tornerei indietro: cambierei tutto quanto e sarei stato promesso sposo a te, Grace. Volevo te, avrei scelto te... ma non potevo. Io e Rose eravamo già condannati a un matrimonio forzato e mi uccideva il pensiero che non saresti mai stata mia.- mi fermo per prendere un po' d'aria e singhiozzo, senza forze.
-Non... non hai idea di come mi senta, di quanto mi faccia schifo, se vuoi mi prospero ai tuoi piedi per supplicare il tuo perdono. Credimi, tengo più al tuo che a quello di Dio.- la voce mi esce strozzata, non sembra neppure la mia.
Mi fa male il cuore e la testa, singhiozzo nuovamente e respiro con difficoltà. Con una calma che pensavo di non avere, prendo lentamente la pistola e la spingo a puntare verso il basso, anche se lei non molla la presa.
-Non merito niente da te, non merito niente dalla vita. Ti giuro che sono migliorato e l'ho fatto per te. Ho imparato a controllare le mie emozioni, a non lasciarmi andare più di tanto, a mettere gli altri prima di me, non sono più come prima! Sei stata tu, Grace, quello che ti ho fatto... mi ha fatto capire cosa l'uomo è in grado di fare se non ha freni. Poi c'è stata la festa del Queens e ho bevuto di nuovo. Cristo, sono un coglione!- urlo l'ultima frase perché sono arrabbiato, incazzato con me stesso perché non imparo mai la lezione.
Che idiota...
-Non ho parole né scusanti, mi prenderei a schiaffi da solo. Però... ti prego... perdonami. Uccidimi, se vuoi, ma perdonami.- piango, instabile corporalmente e mentalmente, alla fine di questo tunnel di sopportazione. -Ti prego.-
Per favore, Grace... ti scongiuro.
Non posso vivere con questo tormento immortale nel petto, con questa vocina che mi dà dell'assassino all' angolo di ogni mio pensiero, ragionamento...
Inghiotte pesantemente l'ossigeno, trema, molla quasi la pistola e sospira. Ha gli occhi luminosi, l'ho commossa.
Può finire solo in tre modi: la mia morte, la sua o si arrende alla polizia. Col cuore in mano, confesso a me stesso che mi fa ribrezzo solo l'idea della sua morte.
Le arrivo a un soffio e sento il profumo del suo lucidalabbra alla ciliegia, aumentato dal vento. -Ti prego...- sussurro, fissandola.
È bellissima, lo è sempre stata e lo è anche oggi. La ragazza più incantevole che abbia mai conosciuto. Mi ha fatto suo, sia come Grace che come Amber. L'unica donna che io abbia mai amato.
Il suo verde, più vivo e colmo di luce della sorella, passa dai miei occhi alle mie labbra ed esaudisce la mia preghiera: -Ti perdono.-
Dopo di che, non so bene chi dei due faccia la prima mossa, ci baciamo. Un bacio che riporta alla memoria ricordi passati, un'unione di labbra disperata che porta con sé un ultimo tentativo di salvataggio.
Grace... la mia Grace.
Le stringo la vita con le braccia e la sollevo, volendola più vicina a me. Una sua mano mi prende il viso, incastrando le dita sotto il mio orecchio e col pollice ad accarezzarmi la guancia. L'altro braccio, quello con la pistola, mi circonda il collo.
Ho dei flashback, uno dietro l'altro: la prima volta che l'ho vista, la nostra prima chiacchierata, quando l' ho salvata da un pallone di pallavolo, il nostro primo e unico San Valentino insieme...
Louis e Grace. Un amore morto già prima di nascere.
So bene che Harry ci sta guardando, tuttavia non mi interessa. Questo va oltre me e lui, è il mio passato. Il rimedio al mio errore più grande.
Grace si allontana, mi respira sulla bocca e mi tiene fermo il volto. Tiene gli occhi serrati e reprime un singhiozzo. -Ti amo...- respira sottovoce, facendo fare un balzo al mio battito.
I suoi smeraldi, talmente simili a quelli di Mr. Occhi di Ferro, tornano su di me decisi. Fa un passo indietro, -... e mi dispiace.- detto questo si punta la pistola alla tempia.
Oh, Dio!
-Grace, no!- urlo e faccio per andarle incontro, ma è troppo tardi: lei spara, il sangue mi schizza sulla faccia e il suo corpo cade su Los Angeles.
Mi allungo per prenderla, senza riuscirci. I suoi occhi aperti mi fissano, morti, e una delle sue mani pare quasi che si allunghi verso di me. Però... però non è così.
E va giù, nella terra, facendo un frastuono e provocando delle urla.
No... Dio, no.
Cado a quattro zampe, le dita tremanti mi tolgono il liquido rosso dalla bocca e dagli occhi.
È... è morta.
Lei è morta.
È morta veramente.
-Grace... Grace...- sputo sangue nel dire il suo nome e respiro a malapena per via dell' attacco di panico imminente. Neanche tre secondi fa era qui, in piedi, viva... e adesso è laggiù, morta.
Non posso crederci...
-Louis!-
Un rumore potente rimbomba sopra la mia testa, accompagnato da delle luci abbaglianti. Alzo gli occhi e lo vedo, che si sporge dall' elicottero che si sta avvicinando a me con una scala. -Harry!- grido il suo nome e mi arrampico, l'adrenalina in corpo mi fa andare veloce e subito mi getto tra le sue braccia, sedendomi.
Dio, Cristo...
L' esperienza più orribile di tutta la mia vita.
Uno dei poliziotti mi copre con una coperta e Mr. Occhi di Ferro mi bacia tra i capelli, stringendomi a lui. -Non sono ancora pronto per perderti, Mr. Tomlinson. E non credo che lo sarò mai.-

One Hundred's TrilogyDove le storie prendono vita. Scoprilo ora