Capitolo 8

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Sheeva era esausta e profondamente soddisfatta. Si trovava in una delle sale di addestramento del Rifugio situate a migliaia di metri di profondità nel sottosuolo, avvolta completamente dall'oscurità benefattrice. Si era concessa un momento di riposo e ne aveva approfittato per ritoccare un dipinto a cui stava lavorando, aggiungendo un dettaglio all'Armatura Potenziata di un gigantesco Guerriero che impugnava con la mano destra una Spada d'Assalto e con la sinistra un Mietitore. Il quadro era ben lungi dall'essere finito; ogni giorno Sheeva aggiungeva un particolare che a poco a poco andava a riprodurre la scena raffigurante un episodio di una battaglia combattuta in un tempo lontano sul Confine. Era stato il Signore a parlargliene e riguardava il Sommo Arcidemone Nergal, che quel giorno si dimostrò più che mai un Campione della Tenebra.

"Quando entrò in scena si mise da solo alla testa di un Reggimento di Assaltatori e guidò l'attacco che decise le sorti di una battaglia fino ad allora incerta".

Il Nergal raffigurato nel quadro era all'interno di un'Armatura Nera e torreggiava su tutti i combattenti. Man mano che procedeva, lo scenario prendeva vita con tutto il carico di suoni e colori che veniva riportato alla realtà. E la discepola vi si immergeva attraverso il Quarto e il Quinto Livello. Procedeva con pazienza e determinazione, consapevole che da un'esperienza artistica simile ne sarebbe uscita con un Controllo ancor più saldo.

Non poteva non ridere di se stessa quando ripensava al modo in cui, in un tempo ormai lontanissimo, il Signore le aveva insegnato a dipingere in un ambiente completamente buio, spiegandole che a sua volta Nergal aveva fatto lo stesso con lui e che costituiva un modo eccellente per imparare a controllare gli istinti primitivi. All'inizio si era ribellata, poi, come sempre, aveva accettato di essere istruita. Dopo i primi scarabocchi si era appassionata alle molteplici sfaccettature di un arte che, se coltivata con cura e dedizione, rafforzava veramente quella disciplina interiore indispensabile per alimentare il Controllo.

Pensò che quando fosse stato completo, il dipinto avrebbe trovato posto in una delle molte stanze della Cittadella Nera, magari nella Sala Privata del Signore stesso. Sarebbe stato un piccolo dono per manifestargli gratitudine.

Esaurito il breve momento di pausa, si riportò al centro della sala per riprendere l'allenamento e chiamò Lama Vivente, che nel frattempo se ne stava acciambellato sul pavimento. L'Anonimo Simbionte scivolò sinuosamente lungo le gambe e il fianco della Demone, si agganciò al polso e si posizionò nella mano assumendo la forma di una lancia a doppia punta.

Richiamando alla mente una litania rituale, Sheeva iniziò a danzare attirando a sé l'oscurità per costruire uno Scudo e mimando un combattimento contro un avversario immaginario. Era l'inizio del Ballo della Morte, una complessa struttura di letali schemi difensivi e offensivi creati dal Signore e diventati un Modello adottato dall'Arcidemone Shandra e da altri Confratelli dell'Elite, che ne avevano fatto un fondamentale esercizio propedeutico. Una cosa del genere dava l'idea di quanto fossero tenute in considerazione le capacità di Guerriero del Campione della Tenebra; in passato era accaduto raramente che un Demone Superiore vedesse condivisi i suoi metodi di combattimento e di allenamento con chi aveva un rango evolutivo superiore, e comunque mai con chi apparteneva all'Elite Nera. Ma il Signore non era un Demone qualsiasi. E non lo era neppure Sheeva, che quel giorno sentiva un bisogno particolare di eseguire la danza per consolidare il Controllo. In maniera progressiva ed inesorabie i suoi movimenti assunsero il ritmo vertiginoso offerto dalla Supervelocità, aumentando d'intensità. Ben presto i movimenti divennero non più percepibili all'occhio umano e lei stessa diventò indistinguibile dall'ambiente circostante.

Sheeva aveva sempre fatto affidamento sulla Supervelocità e quando era uno Spirito Selvaggio se ne era servita per avere la meglio anche su combattenti molto più esperti e addestrati di lei. Era maestra nell'attendere, sfuggire agli attacchi e poi colpire fulmineamente. Il risultato era stato quasi sempre lo stesso: la vittima era rimasta paralizzata dal veleno dei suoi artigli o gravemente ferita da un'arma. Poi era stata divorata.

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