21. Ottima attrice

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Ignoro gli sguardi curiosi della gente seduta ai tavoli vicino a noi, non mi importa di niente e di nessuno in questo momento. L'unica cosa che voglio è raggiungere Mike prima che sia troppo tardi.

Fortunatamente lo trovo a pochi passi dal ristorante, in uno spiazzale adiacente. Mi da le spalle e ha entrambe le mani tra i capelli.

«Mike!» gracchio quasi avvicinandomi.

Lui scuote la testa e non si gira nella mia direzione.

Allora sono io a girare e a posizionarmi di fronte a lui. Mike continua a non guardarmi, fugge al mio sguardo, alza il capo preferendo fissare il cielo stellato sopra di noi.

«Mike, guardami» continuo io provando a toccargli un braccio, lui si scansa dal mio tocco come se fossi un'appestata.

«Mike , perché fai così?» lascia cadere la mano con cui volevo accarezzarlo.

«Perché faccio così?» I suoi occhi scattano in direzione dei miei, il disprezzo che leggo nelle sue iridi lucide mi fa sentire un mostro.

«Sei qui a cena, nel nostro ristorante, insieme a quel farabutto di un De Rossi? Pensavo ti tenesse reclusa, pensavamo tutti che stessi soffrendo. Tu non immagini neppure quello che stiamo facendo per tirarti fuori da questo guaio! Il dolore che avvolge ogni tuo singolo familiare. E tu... tu... » Non riesce a concludere, la voce gli trema. Serra forte i pugni e le labbra scuotendo il capo.

Le sue parole piene di rabbia e dolore mi colpiscono come un macigno. Mi fanno ritornare in modo brutale alla realtà, che in questi giorni avevo egoisticamente accantonato.

«Credi che sia qui perché abbia seriamente voglia di stare con lui?»

Non appena pronuncio queste parole un dolore sordo si fa strada nel mio petto.

«Non mi sembra ti dispiaccia più di tanto!» sbotta lui aprendo le braccia.

Non ha torto e lo so bene che non mi dispiace, ma sentirmelo spiattellare in faccia mi fa male, mi fa sentire una stronza, una persona indegna. Una puttana.

Scuoto la testa con decisione e mi passo una mano sulla fronte.

«Davvero non capisci, Michael? Quell'uomo mi ha rapita, cazzo! Sono sotto al suo gioco, sono in trappola. E ho capito che non serve a nulla litigarci o ribellarmi. Devo sforzarmi di andarci d'accordo, invece. Devo fargli credere che mi ha impugno. Solo giocando d'astuzia posso ottenere qualcosa» dico tutto d'un fiato, senza pensarci oltre. Parole dettate dal momento e dalla paura di perdere qualcuno a me caro.

Anche se non stiamo più insieme ci tengo molto a lui.

Sembra titubante, ma poi fa un lungo sospiro e annuisce.

«Scusa è che mi fa così rabbia avere le mani legate. Vorrei tornare dentro e spaccargli la faccia, vorrei poterti portare via con me. Saperti con lui, vederti insieme a lui mi fa mancare l'aria.»

Si avvicina a me e mi abbraccia forte, ricambio con la stessa intensità. Stringo forte gli occhi e affondo la testa nell'incavo del suo collo. Avrei voglia di piangere, ma mi sforzo di essere forte.

Annuso il suo profumo, accarezzo i suoi capelli, mi stacco leggermente dal suo abbraccio, quel tanto che basta per guardarlo negli occhi. Ci fissiamo per un attimo senza dir nulla, finché lui si china sulle mie labbra e mi bacia.

Un bacio dolce, ma disperato.

Dall'unico uomo che, in teoria, avrebbe il diritto di farlo.

Sono io la prima a mettere fine al bacio. Un senso di malessere, quasi di fastidio, mi pervade le membra.

Mia per vendettaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora